DARIO SORGATO E’ IPOVEDENTE. IL 12 MARZO PARTIRÀ PER LA SUA NUOVA AVVENTURA: UN TREKKING PER RAGGIUNGERE IL CAMPO BASE DELL’EVEREST.
Dario Sorgato vive da 4 anni a Berlino.
Cì è capitato un po’ per caso. Al rientro da un viaggio, anzi, dal viaggio, si ritrovava spaesato nell’Italia che aveva ritrovato al suo ritorno.
Era il 2010.
Piena crisi. Un bagno di sangue.
Non aveva la minima intenzione di tornare a fare il suo vecchio lavoro. Il designer a Milano, sebbene fosse stato un lavoro stimolante per anni, ora sapeva di immobile, di fermo, incapace di dare nuovi brividi alla sua vita professionale.
E allora, dopo essersi guardato intorno e aver fatto qualche altro giretto, come il Camino de Santiago, fatto così, giusto per chiarirsi le idee, decise di fare una visita a un amico, che vive a Berlino. Il 2010 sta finendo, e la Germania lo rimette in moto, con una bella infusione di entusiasmo. Torna in Italia, recupera le sue cose e, dopo tre mesi, eccolo nella capitale tedesca a cercare impiego.
Salta anche fuori un lavoro in ufficio.
Un po’ di ritmi regolari, sana stabilità e prevedibile routine ora li desiderava quasi, Dario. Dopo anni spesi ad esplorare e vivere l’immenso che circonda il nostro periferico stivale, beh, un po’ di vita a ritmi scanditi aiuta a riposizionare il proprio baricentro.
Permette di avere quella quiete necessaria per rielaborare quello che hai vissuto intensamente e fa maturare i frutti delle esperienze fatte proprie, scoprendo e vivendo il mondo.
Perchè Dario, questo è certo, il mondo non lo ha solo assaporato: lo ha preso davvero a morsi!
I VIAGGI DI DARIO
Dal 2004 è stata tutta una scoperta e una sfida, tra se stesso, il mondo e una scomoda compagna di viaggio. Partito per l’Australia, ha lavorato lì qualche mese, in modo da potersi ambientare. Con un amico poi, un pomeriggio caldo e sudato, ha deciso di partire per 16000 km di esplorazione del continente rosso, durante i quali gli incontri non sono mancati. Ha fatto poi Woofing, sempre in Australia e poi in Nuova Zelanda, dove ha potuto stringere amicizie preziose, uniche, di quelle che durano nonostante ci si veda ogni 10 anni e si viva a 27 ore di volo di distanza.
Quindi è stata la volta del Sud Africa.
Tre mesi in cantiere navale. Si doveva sventrare e ricostruire un imponente vascello di venticinque metri in ferro-cemento, la RV Heraclitus, con tre maestosi alberi e altrettante vele. Questa insolita barca solca le acque di tutto il mondo dal 1975: solo il mare artico non ha ancora visto il suo scafo, abitato da studiosi, ricercatori ed appassionati al lavoro per salvaguardare la nostra biosfera e per studiarne i mille caratteri nascosti della gente di mare. Periodicamente, vascelli di questo materiale vanno letteralmente smantellati e riportati a nuova vita. E Dario era li, con mazzetta e sudore, a ridare corpo a questa fenice oceanica.
Ma la politica, quella dei burocrati, deve sempre mettersi di mezzo, come la nuvola solitaria che vela il sole nella prima giornata di tepore all’uscita da un rigido inverno. Della serie: calma, non ti lanciare, che in un attimo ti faccio tornare freddo.
Scaduto il visto di 90 giorni, Dario decide di levare le tende, per esplorare il continente africano.
Direzione Mozambico, dove un amico missionario gli può dare ospitalità in cambio di aiuto. Dario vuole andare a dare una mano e ad insegnare italiano in quel villaggio. Parte e attraversa il Malawi, terra non proprio semplice. Deve fare attenzione, e pianificare ogni viaggio e spostamento in modo accurato.
“Per esplorare il mondo non servono troppi denari. Hai bisogno di tempo, tempo per organizzare gli spostamenti e tempo per spostarti. Il resto è stupore per quello che scopri”. Ogni tappa deve concludersi con arrivo a meta prima che il sole abbia mosso oltre orizzonte. Serve luce, per orientarsi e trovare un riparo per la notte.
Arriva al confine tra Malawi e Mozambico. Scende dal bus di fortuna che, insieme ad altre 25 persone, stipate come sarde in scatola, li ha portati sino alla dogana. E’ un brulicare di persone che per vivere trasportano turisti con le bici oltre i limiti dello Stato. Nemmeno se ne accorge, che si ritrova lo zaino imbragato su un portapacchi e le chiappe di traverso su una bici che lo sta scarrozzando su polverose strade arrossate, in direzione Mozambico. Arriva oltre confine che è notte, però, e questo vuole solo dire una cosa: Dario ora è disorientato. E’ smarrito, e il suo disagio viene colto da un poliziotto, che gli chiede se necessità di aiuto. I due si parlano, e in men che non si dica Dario si ritrova di nuovo ad essere scarrozzato per vie sterrate. Questa volta però è su un furgoncino, l’uomo in divisa lo sta portando diretto verso una Guest house, che provvederà direttamente lui a pagare per Dario, che si ritrova in Mozambico con in tasca denaro Malawese, che vale meno della polvere che gli sta colorando gli scarponcini da camminatore.
“Una volta, in Marocco”, mi racconta lui, “giravo per Marrakech ed evidentemente davo l’idea di essere piuttosto spaesato, perchè un omone, grande e grosso, con la pretesa di farmi da guida aveva preso a starmi addosso. Poi abbiamo parlato e gli ho spiegato come funzionano le cose, e lui mi ha preso per mano e non mi ha lasciato più. In Marocco, come in molti paesi africani, anche gli uomini possono andare in giro tenendosi per mano senza temere un linciaggio omofobo”
Dal Mozambico si è poi mosso verso Maputo, per poi tornare in Sud Africa. Giusto in tempo per salpare.
La nave che aveva contribuito a riportare a nuova vita prendeva a breve il largo. Direzione Brasile.
Due mesi per l’oceano Atlantico, lavorando alla pari con un equipaggio multiculturale, la cui missione era quella di documentare la vita in mare, alla ricerca di sfumature del mondo che potrebbero sfuggire ai più ma che, per loro, non sono un segreto.
Un’esperienza che non si racconta. Tutto quel tempo in mare ti cambia. Il rollio ti entra dentro, il sole che sorge e tramonta ogni giorno sull’acqua, acqua che insieme alle nuvole e al blu del cielo sono gli unici arredi del tuo intorno quotidiano.
“Da quell’esperienza, ogni volta che vedo il mare la commozione affiora repentina”.
Dal Brasile è poi la volta dell’Argentina. Un amico dell ‘equipaggio della barca lo attende per dargli qualche bella dritta.
Si vive con poco in Argentina. Tre a quattro euro al giorno e stai bene.
Dopo tre mesi si muove verso Trinidad De Tobago, dove si gode finalmente i Caraibi. Portorico lo attende, e qui ritrova l’equipaggio della nave a con cui ha tagliato la rotta epica. Giamaica e Cuba sono le ultime tappe, prima di esaurire i suoi risparmi e il tempo che aveva stanziato per l’impresa.
Si rientra in patria….
“THE VISIONARY EUROPE”: UN PROGETTO PER TUTTI I GIOVANI IPOVEDENTI D’EUROPA
Dario ha fatto tesoro di come ha visto il mondo, e di quello che ha visto.
Quando si viaggia, ogni posto che conosci, ogni persona, ogni scoperta finisce per cambiarti nel profondo, aprendo nuovi possibili scenari per il futuro.
Così, insieme a Olga Gerstenberger, e con il supporto di Pro Retina Germany e Noisyvision, Dario mette in atto a Berlino un grande progetto: “The Visionary Europe”. Un laboratorio per giovani ipovedenti di tutta Europa, mediante cui condividere esperienze, emozioni e durante il quale esplorare la città e la sua accessibilità.
Un progetto finanziato dalla Comunità Europea, che ha già avuto un seguito ad Helsinki l’anno scorso.
12 MARZO 2015: AL VIA LA NUOVA AVVENTURA DI DARIO
Ma, come detto all’inizio, Dario è un viaggiatore, ed eccolo pronto per la sua nuova avventura.
L’Everest, il prossimo 12 marzo 2015, per un trekking che lo porterà a sgambettare fino a quota 5.500 m. Tre settimane col naso all’insù, in cerca del tetto del mondo.
Sì, perchè Dario non può dargliela su, come si dice in gergo. Nessuno dovrebbe mai dargliela su. Perchè non ci si guadagna nulla nel rinunciare a vivere.
Troppo spesso siamo vittime della normalità. Non si può non vivere, semplicemente perchè ci si sente in colpa, ci si sente in condizione di svantaggio. Cosa è normale, chi è normale, e cosa non lo è al punto da non meritare una vita con la V maiuscola?
La condizione di non normalità ha senso solo se la si rapporta a una ipotetica situazione di normalità che, di fatto, non esiste. E’ solo un concetto relativo, l’essere normale.
Niente è normale in questo universo.
Tutto è unico.
Con i suoi pregi e difetti.
Giusto, dimenticavo quasi…
Dario ha 36 anni e ha la Usher.
Ad oggi, ha perso il 95% del suo campo visivo.
Dario, per la Germania, è un cieco civile.
Dario, è contento.
E io, personalmente,conosco tante persone che si definirebbero normali e che, contente, non lo sono proprio.
Potete seguire il viaggio di Sorgato sul suo blog.
Se lo desiderate, potete contribuire alla campagna di sensibilizzazione #yellowtheworld e ai progetti di Noisyvision con una donayzione sul sito di crwodfunding
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