L’ungherese rimarrà sulla montagna
“La squadra di soccorso non ha trovato Szilárd Suhajda, le ricerche sono terminate”. E’ l’annuncio dello staff dell’alpinista ungherese disperso sull’Everest dal 24 maggio scorso.
In un lungo post, il team di Suhajda, riepiloga – passo dopo passo – gli sforzi effettuati dalla squadra di sherpa impegnata nella ricerca e da chi ha lavorato per localizzare il corpo dello scalatore:
“Nonostante gli sforzi sovrumani di una squadra di ricerca composta dalle migliori guide alpine nepalesi, Szilárd Suhajda, disperso sull’Everest, non è stato trovato. Hanno cercato per ore nell’estesa area dell’Hillary Step, dove l’alpinista era stato avvistato per l’ultima volta. Gli sherpa sono saliti e scesi più volte tra gli 8750 metri e la vetta di 8848 metri, alla ricerca di Szilárd, ma senza successo. Considerando il tempo, le condizioni meteorologiche e il terreno, non c’erano più possibilità di trovare l’alpinista vivo, quindi la ricerca da terra è stata interrotta. Il ritorno in sicurezza degli sherpa coinvolti nella ricerca è ora la priorità.
Nella prima serata del 25 maggio, la squadra di supporto era stata informata che uno sherpa della spedizione aveva avvistaro Szilárd in fondo all’Hillary Step a circa 8780 metri, al mattino. Lo sherpa conosceva personalmente Szilárd, quindi non c’erano dubbi che fosse lui. Quando lo hanno localizzato, era ancora in vita, ma presentava congelamenti e mostrava segni di edema cerebrale di alta montagna. La guida sherpa stava assistendo il suo cliente cinese, estremamente indebolito durante la discesa dalla vetta e non poteva quindi aiutare in alcun modo Szilárd, che si trovava anche a una certa distanza dalla via di salita e quindi non era collegato alla corda fissa di assicurazione. Senza una corda di sicurezza, il suo avvicinamento sarebbe stato molto rischioso per la sua stessa vita.
Alla luce di queste informazioni, una squadra si è immediatamente attivata per organizzare il soccorso dopo aver valutato la situazione, e nelle ore serali ha concordato con l’agenzia nepalese che forniva il supporto a Szilárd al campo base, di tentare un sorvolo in elicottero la mattina del 26 a un’altitudine da cui avrebbero potuto vedere Szilárd. Allo stesso tempo, tre sherpa sarebbero partiti verso Szilárd, per poterlo raggiungere nelle tarde ore del 26 maggio.
Come previsto, una squadra di tre sherpa organizzata per il salvataggio, tra cui Gelje Sherpa, il primo a scalare il K2 in inverno, è partita la mattina del 26 maggio per raggiungere Szilárd Suhajda. Il noto alpinista e pilota di elicotteri italiano Simone Moro li ha portati da Kathmandu direttamente al Campo 2 e poi ha effettuato un volo di ricognizione per scandagliare la parete sud della montagna, escludendo la possibilità che Szilárd fosse, nel frattempo, caduto.
I tre sherpa sono partiti dal Campo 2 a 6400 metri alle 10:00 (ora in Nepal) del 26. Hanno raggiunto il Campo 4 a 7950 metri in sette ore, in tempi estremamente rapidi […] Qui un quarto Sherpa e un assistente li aspettavano in una tenda. Uno di loro doveva unirsi agli sherpa per la ricerca, l’altro doveva fornire agli altri cibo e bevande.
Dopo un breve riposo, appena due ore dopo la cessazione del vento, alle 19:15 ora nepalese, la squadra di tre uomini è partita verso l’Hillary Step, con il quarto che l’ha seguita più tardi. Hanno scalato tutta la notte, raggiungendo l’Hillary Step alle prime luci dell’alba. Tuttavia, non trovando Szilard Suhajda, hanno iniziato una ricerca sistematica della zona. Prima sono saliti in cima e poi sono tornati all’Hillary Step. L’area intorno all’Hillary Step è stata perlustrata a fondo, è così tutte le possibili linee di caduta a destra e a sinistra della via, sia sul versante nepalese che su quello tibetano, fino a dove potevano scendere attraverso le corde fisse.
È stato quindi perlustrato il tratto sotto lo Step che porta alla Vetta Sud (8750 m) e i suoi dintorni visibili, senza successo. Dopo aver consultato la squadra di supporto, si è deciso di comune accordo di abbandonare le ricerche. Il 28 maggio è stato effettuato un ultimo volo in elicottero per perlustrare il versante della montagna al di sopra del Campo 2.
Dopo 16 precedenti spedizioni ungheresi fallite in 27 anni, Szilárd Suhajda ha avuto la possibilità di raggiungere il punto più alto della Terra senza l’ausilio di ossigeno supplementare e senza il supporto di portatori di alta montagna. Scalare l’Everest senza bombole è un risultato eccezionale a livello mondiale. Negli ultimi 45 anni, da quando Reinhold Messner e Peter Habeler hanno dimostrato che l’impresa era possibile, alpinisti ungheresi di spicco come László Várkonyi, Dávid Klein e il leggendario Zsolt Erőss hanno tentato di raggiungere la vetta senza bombole di ossigeno. Secondo le statistiche, meno del 2% delle ascensioni riuscite sono state effettuate senza ossigeno supplementare: un numero ancora più esiguo è rappresentato dal piccolo gruppo di scalatori che non ha utilizzato nemmeno uno sherpa.
Szilárd Suhajda è stato uno degli scalatori ungheresi di maggior successo. Nel 2014 ha scalato il Broad Peak (8051 m), nel 2019 è stato il primo e tuttora unico ungherese a scalare il K2 (8611 m) me nel 2022 ha scalato il Lhotse (8516 m) senza l’ausilio di ossigeno supplementare e l’assistenza di portatori di alta quota. Sull’Everest (8848 m), Szilárd Suhajda è stato l’alpinista ungherese ad aver raggiunto il punto più alto, 8795 metri, senza l’uso di bombole o sherpa.”
Organizzato per questa sera, a Budapest, un momento di commemorazione in onore di Szilárd Suhajda, presso il monumento all’alpinismo (Cave Explorers Memorial) situato nel parco sopra la grotta Szeml Máhegy.