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4 Agosto 2017

Alpinismo e Spedizioni · Vertical · Alpi Occidentali · Aree Montane · Italia · Piemonte

Ricordando Giorgio Bertone, fortissimo alpinista e rocciatore, a 40 anni dalla sua morte

Giorgio Bertone. Fonte: Guido Andruetto

Guido Andruetto, giornalista e scrittore,  ricorda Giorgio Bertone e la sua storia – purtroppo dimenticata – di grande alpinista, guida alpina ed intrepido soccorritore in alta montagna. Con foto e documenti inediti

Non c’era alternativa, o saliva lui o veniva giù la montagna», mi ha raccontato la guida alpina di Courmayeur Ruggero Pellin, ricordando Giorgio Bertone. Fortissimo alpinista e rocciatore negli anni Sessanta e Settanta, Bertone sarebbe arrivato probabilmente a livelli altissimi se non fosse rimasto vittima quarant’anni fa di un incidente aereo sotto la cima del Mont-Blanc du Tacul, mentre effettuava un volo di addestramento insieme ad un allievo pilota. Di lui aveva grande considerazione Gian Piero Motti, che in un suo scritto sulla Rivista della Montagna provò anche a cercare le ragioni che spinsero Bertone ad avvicinarsi al volo dopo aver percorso e in molti casi aperto tutti gli itinerari più difficili nelle Alpi in particolare nel massiccio del Monte Bianco, che era il regno di Bertone.

La tessera del Cai di Bertone con tutti i bollini, anno per anno. Fonte: Guido Andruetto

Originario di Borgosesia in Piemonte, classe 1942, il giovane Giorgio si era lasciato sedurre dapprima dal Monte Rosa per poi seguire il richiamo dell’alta montagna che giungeva dalle vallate ai piedi del Bianco. Si era trasferito giovanissimo, ancora ventenne, a Courmayeur, dove con molta testardaggine e uno sano spirito di avventura, per non parlare dell’intraprendenza che gli permise di superare tante difficoltà economiche, divenne maestro di sci e poi guida alpina a Courmayeur. Nei primi anni Sessanta con l’alpinista toscano Cosimo Zappelli, anche lui trasferitosi a Courmayeur, aprì degli itinerari alla Brenva, alla Aiguille Croux, particolarmente complessi, si trattava di direttissime, di sesto grado, indiscutibilmente perfette sotto il profilo estetico. Senza contare la loro salita dello Sperone nord-est della Pointe de l’Androsace, nel 1964, che ancora oggi è poco ripetuta proprio per le elevate difficoltà tecniche che presenta.

Giorgio Bertone con Piero Nava, suo cliente, che già negli anni Cinquanta fece diverse ascensioni con la grande guida di Courmayeur Arturo Ottoz, fra cui la seconda ascensione della Punta Cretier salendo per lo Spigolo Nordest. Fonte: Guido Andruetto


«Aveva una visione da grande scalatore, era un alpinista assolutamente all’avanguardia, innovativo, controcorrente»
, mi ha detto di recente lo scrittore di Erto Mauro Corona, «me lo ricordo benissimo con quei suoi basettoni lunghi. Era uno molto avanti per quei tempi». Anche Arnaud Clavel, guida alpina di Courmayeur, è convinto che Bertone fosse non solo molto dotato da un punto di vista fisico e tecnico, ma anche che fosse avanti culturalmente, nel senso che aveva una concezione moderna dell’alpinismo ed anche del mestiere di guida alpina, nel quale metteva tutta la sua passione per l’alta montagna e privilegiava il rapporto con il cliente in un’ottica di crescita graduale per portarlo a livelli alti e a una situazione di autonomia.


Oltre ad essere un temerario soccorritore e un tecnico tra i più esperti del soccorso alpino, Bertone fu ingaggiato per primo nel mondo alpinistico da un’azienda di abbigliamento sportivo come la Fila per diventare il testimonial di campagne pubblicitarie e di una linea che portava addirittura il suo nome. Con questi capi e materiali tecnici la Fila lo spedì nell’autunno del ‘74 a compiere la prima italiana assoluta a El Capitan, lungo il Nose, nel parco della Yosemite Valley in California, paradiso degli arrampicatori. Con lui in cordata c’era Lorenzino Cosson, guida alpina di Courmayeur: per raggiungere la vetta e scalare i mille metri di parete liscia come una tavola i due impiegarono sette giorni e sei bivacchi. Secondo Reinhold Messner «quella fu un’impresa certamente di prim’ordine che lasciò tutti noi alpinisti europei a bocca aperta». Come anche la prima direttissima invernale nel ’73 alla Punta Walker, 4208 metri di altitudine, sulle Grandes Jorasses, portata a termine con René Desmaison e Michel Claret. E infine, facendo un balzo indietro nel tempo, merita ancora qui ricordare che nel 1962 insieme a Guido Machetto aveva fatto la quarta ripetizione italiana della parete nord per lo Sperone Walker delle Grandes Jorasses, lungo la via Cassin-Esposito-Tizzoni. Attacco alle 5,30 del mattino e l’uscita in vetta alle 7 di sera. Non proprio una passeggiata. (Guido Andruetto, autore del libro “Bertone. La montagna come rifugio)

Alcune dediche di Gianni Ribaldone dopo le salite effettuate con Bertone. Fonte: Guido Andruetto

 

i libretti delle ascensioni di Giorgio Bertone risalenti agli anni Sessanta

La storia e le imprese di Bertone, per la prima volta in un libro

Il 6 agosto ricorre il quarantennale della morte di Bertone, avvenuta nel 1977, a soli 34 anni. Guido Andruetto in un libro ne rievoca la storia e le avventure.

Il volume  “Bertone. La montagna come rifugio”, sarà presentato dall’Autore, venerdì 11 agosto, a Courmayeur presso il Jardin de l’Ange. Interverranno Marco Zappelli, Arnaud Clavel e Lorenzino Cosson.