Insieme alle 26 opere del Concorso Internazionale tradizionalmente dedicato ai documentari d’autore e ai cortometraggi, che sarà aperto da ¡Vivan las Antipodas! del russo Victor Kossakovsky, e a una inaugurazione con il restauro dal British Film Institute di The Great White Silence del 1924 diretto da Herbert Ponting, con le musiche dal vivo di Simon Fisher Turner, è il grande cinema a festeggiare i 60 anni del TrentoFilmfestival, in un’annata che offre un’inusuale abbondanza di lungometraggi perfettamente a loro agio in un evento unico dedicato alla montagna e alle sue storie.
Tra periferie urbane e località sciistiche svizzere si svolge il film di apertura L’enfant d’en haut (Sister) di Ursula Meier, Orso d’Argento al festival di Berlino 2012 e in uscita nelle sale con Teodora, mentre evento speciale di chiusura, in collaborazione con Far East Film Festival di Udine, sarà l’ultimo lavoro di Johnnie To, uno dei padri e maestri del cinema asiatico, che ha ambientato l’inconsueta commedia romantica Romancing in Thin Air tra le nevi dello Yunnan cinese.
Si resta in Cina per One Mile Above di Du Jiayi, spettacolare storia vera di un viaggio in bicicletta tra le maestose vette himalayane, e sugella la presenza asiatica Gaku (Peak: The Rescuers), blockbuster giapponese diretto da Osamu Katayama, tratto dal manga alpinistico di Shin’ichi Ishizuka, pubblicato da De Agostini. Ancor più spettacolarità e adrenalina si troveranno in A Lonely Place to Die dell’inglese Julian Gilbey, thriller d’azione girato nelle highlands scozzesi in cui il regista stesso ha fatto da controfigura per le scene d’azione in parete, e interpretato dall’australiana Melissa George, già nelle serie TV Friends e Grey’s Anatomy.
Da un genere all’altro con l’esilarante King Curling del norvegese Endresen Ole, prima commedia sulla millimetrica specialità olimpica invernale del curling, all’animazione digitale per ragazzi con il danese The Great Bear di Toft Jacobsen Esben, a un esempio del miglior cinema d’autore con The Loneliest Planet di Julia Loktev con la star messicana di casa a Hollywood Gael García Bernal, racconto di un trekking dal finale imprevedibile negli splendidi scenari del Caucaso. Tra gli Eventi fuori concorso, anche il documentario We Need Happiness del maestro russo Aleksandr Sokurov, Leone d’Oro all’ultima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia con Faust, che con Alexei Jankowski narra l’incontro fra un misterioso viaggiatore e una donna russa tra le montagne del Kurdistan iracheno.
Ad inaugurare il festival sarà come abitudine un film muto con accompagnamento musicale dal vivo: venerdì 27 aprile l’Auditorium S. Chiara ospiterà il recente restauro del British Film Instiute di The Great White Silence (1924), documento della sfortunata spedizione del capitano Robert Scott al Polo Sud dell’ottobre 1911, di cui si è appena celebrato il centenario. Realizzato da Herbert Ponting, il film torna finalmente a restituire lo splendore delle immagini d’epoca, tuttora tra le più potenti mai realizzate dell’Antartide, nelle colorazioni originali. La nuova partitura è stata commissionata a Simon Fisher Turner, compositore per Derek Jarman con un curioso passato da pop-star negli anni ’70, che la eseguirà insieme all’Elysian Quartet, uno dei migliori quartetti d’archi della scena musicale classica attuale.
Cuore del programma resta il Concorso Internazionale, ennesimo invito a un viaggio tra le terre alte che in questa 60esima edizione non può che partire da un film-manifesto come ¡Vivan las Antipodas!, in cui il russo Victor Kossakovsky ci porta in otto punti del nostro pianeta, uno antipodo dell’altro, che scopriamo essere spesso luoghi remoti e di montagna, appena contaminati dalla presenza umana.
Dagli antipodi reali a quelli immaginari, con altri film del Concorso: la provincia montuosa cinese dello Heilongjiang di Bachelor Mountain di Guangyi Yu; la regione portoghese del Tras-Os-Montes scenario di La vie au loin del francese Marc Weymuller; l’Argentina mai vista di Solar System di Thomas Heise; il Nepal della regista e antropologa Marianne Chaud, che con La Nuit Nomade torna a Trento dopo la Genziana d’Oro nel 2010 con Himalaya, le chemin du ciel; la stazione scientifica polare russa di The Wintering di Olga Stefanova; le miniere di Potosi in Bolivia di Juku di Kiro Russo (direttamente dal Sundance 2012); le montagne albanesi da cui vorrebbe tornare in Italia l’irresistibile protagonista di Saluti da Sar Planina dell’olandese Erik Fusco.
Altri film in Concorso si occupano di paesaggi e questioni più prossime, offrendo l’occasione per una riflessione sul futuro dei territori alpini: la coproduzione italiana Peak di Hannes Lang, ricognizione delle trasformazioni recenti del paesaggio montano tra sfruttamento e conservazione, dialoga con Schnee di August Pflugfelder, inchiesta d’autore sulla ruolo della neve nell’economia del turismo; Espui e Piccola terra confrontano due modalità opposte di gestione del territorio: lo sviluppo turistico, che nel film-diario di Anna Soldevila Lafon inciampa con risultati surreali e insieme drammatici nella crisi economica spagnola, e il rispetto e recupero del paesaggio nel documentario di Michele Trentini, unico lungometraggio italiano in Concorso.
L’austriaco Othmar Schmiderer con Stoff der Heimat sceglie un tema specifico come quello dell’abbigliamento tradizionale tirolese per un saggio su storia, costume e futuro della regione, e insieme ai cortometraggi apre il programma a ulteriori ipotesi di racconto della montagna: Blanche ed Encima del Volcan fanno dell’esperienza alpinistica un viaggio interiore, L’oro bianco e altri racconti e 7 Peaks affrontano la complessità storica e culturale del paesaggio alpino, Wilderness Part I e Zmitzt drin diventano pure visioni.
Nel Concorso del Trento Filmfestival non possono mancare le migliori proposte di cinema alpinistico della stagione e i loro protagonisti, come Simone Moro, Denis Urubko e Cory Richards in Cold di Anson Fogel, i fratelli Thomas e Alexander Huber nel film in 3D Die Huberbuam di Jens Monath, e Manolo alle prese con l’ennesima impossibile via in Verticalmente demodè di Davide Carrari. Torna e Trento lo slovacco Pavol Barabáš con Trou de Fer, avventuroso resoconto di una discesa in canyon nell’Isola di Reunion, mentre András Kollmann racconta in Strong – A Recovery Story l’incidente, la degenza e il coraggioso ritorno dell’alpinista ungherese Zsolt Eross. Due film ancora, uno breve come Magic Bean di Bertrand Delapierre e un mediometraggio come La voie Bonatti di Bruno Peyronnet, sono l’occasione per dei giovani alpinisti per calcare le orme dei loro eroi: Bruno Clément nel primo e il grande Walter Bonatti nel secondo, di cui Christophe Dumarest e Yann Borgnet ripetono in concatenazione la celebre trilogia di vie sul Monte Bianco.
L’alpinismo e l’avventura continuano ad essere protagonisti nella sezione specifica “Alp&ism”, con decine di filmati dedicati soprattutto agli appassionati degli sport di montagna, alle ultime novità sulle imprese in parete e alla storia dell’alpinismo. La sezione “Terre Alte” conferma la sua attenzione sociale e culturale per storie, luoghi e persone, con aperture inedite su opere che fanno dei paesaggi montani ed estremi gli ingredienti di lavori particolarmente originali come, per citare solo due progetti italiani, L’orogenesi di Caldwell Lever e Lasciando la Baia del Re di Claudia Cipriani. “Eurorama”, curata dal Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina di San Michele all’Adige, resta il riferimento per il cinema etnografico, con la proposta dei film premiati nei festival specializzati di tutta Europa, e si confermano le due nuove sezioni introdotte in occasione della edizione 2011: “Orizzonti vicini” dedicata ad autori, produzioni e storie del Trentino-Alto Adige, e “Natura Doc”, selezione di film a tema naturalistico e scientifico presentata presso il Museo delle Scienze di Trento.
Tra le proiezioni speciali da segnalare almeno The Movement: One Man Joins an Uprising di Kurt Miller con la voce di Robert Redford, sul tema disabilità e sport invernali a partire dall’esperienza del produttore hollywoodiano Rick Finkelstein, rimasto paralizzato in seguito a un incidente sugli sci ad Aspen, e un programma in collaborazione con Tampere Film Festival dedicato al Nepal visto dai registi nepalesi, che sfidano la povertà di mezzi con l’urgenza di raccontare la loro società dall’interno.
Infine, nel ventesimo anniversario della dissoluzione dell’Unione Sovietica, caduto alla fine dello scorso dicembre, l’edizione 2012 del Trento Filmfestival dedica una particolare attenzione alla Russia, con il nuovo appuntamento della sezione Destinazione…, che si propone di approfondire la realtà contemporanea di paesi e regioni affini per territorio, temperature e latitudini a quelli tradizionalmente frequentati dal festival. Il viaggio eviterà le grandi città diventate ormai metropoli globali, per puntare su quei territori, come la Siberia, le aree polari e le immense regioni selvagge e rurali, sui quali i recenti cambiamenti del paese si ripercuotono solo in minima parte, e la vita quotidiana resta dominata dalla durezza delle stagioni e dal rapporto con le forze della natura. Eppure, anche a migliaia di chilometri da Mosca e dalle sedi del nuovo potere politico e finanziario, è possibile notare gli effetti, non sempre edificanti, della rapida trasformazione del paese.
Il programma, composto da recenti film documentari selezionati dai migliori festival internazionali (e una fiction come How I Ended This Summer di Aleksey Popogrebskiy, Orso d’Argento al miglior attore e per la miglior fotografia a Berlino nel 2010) spazierà dalla drammatica storia del ‘900, quando la Siberia era terra di prigionia e sterminio, fino ai nostri giorni, in cui in quelle stesse regioni vengono scoperte le fotomodelle bambine che finiranno sulle copertine dei magazine internazionali, per gettare uno sguardo originale sui territori e popoli di un paese che, pur non più protetto da una cortina di ferro, continua a restarci in gran parte sconosciuto.
Le Genziane d’Oro e d’Argento del Concorso Internazionale del 60° Trento Filmfestival saranno assegnate da una giuria composta dal russo Victor Boyarsky (esploratore, membro della Russian Geographical Society e della National Geographic Society americana), lo svizzero Mario Casella (giornalista, documentarista e guida alpina), la nepalese Ramyata Limbu (direttrice del Kathmandu International Mountain Film Festival), la polacca Eliza Kubarska (alpinista e regista, premiata a Trento nel 2011 con What Happened on Pam Island) e l’inglese Hugh Purcell (produttore televisivo, insegnante di cinema, scrittore).
E da oggi, mercoledì 11 aprile, è possibile acquistare i biglietti per le serate del 60° TrentoFilmfestival in programma all’Auditorium S.Chiara. Elenco serate in prevendita
Info: www.trentofestival.it
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