“Chi non è capace di sognare, cerca di impedirlo anche agli altri”
Ho letto questa frase in facebook qualche giorno fa, ma la conoscevo; è sulla bocca e nei cuori di ogni popolo da millenni. Mi passano colori di tante epoche in mente, ed essa si sofferma su un ricordo, un tramonto in particolare.
Sono passati due giorni da quando mi sono lesionato un ginocchio; ho prestato cure e attenzione, anche se non ho smesso di lavorare per un secondo; devo guarire in fretta, mi aspettano molte avventure imminenti.
Il corpo ha reagito, lo spirito lo ha condotto, e la mia guarigione si è accelerata, come se fossero trascorse settimane e non solo 48 ore. Nel frattempo mi sono comunque allenato, addestrato, usando una gamba sola e il mio cervello. Ho anche continuato a progettare e mi sono informato su nuovi obbiettivi, dalle pareti europee ai cenotes messicani.
Penso a quando mi allenavo per i trail estremi, nel poco tempo ritagliato, e all’anno che decisi di dare una mano alla riqualificazione del levante ligure mediante un progetto editoriale relativo alla mountain bike. Il meccanismo era semplice… se i turisti dell’outdoor andassero nelle vallate depresse porterebbero economia ai bar del paese che contribuirebbero a creare quei punti di riferimento necessari per i ragazzi delle combe. Giovani significa famiglia e la cultura ancora orale che rimane, tramandata, con nuove prospettive e magari il fiorire del terziario; modernità al servizio dell’antico.
Un’associazione avrebbe risistemato la sentieristica che io avrei recensito e edito con grande apporto culturale a sostenerla dopo impegnativa ricerca. Per fare questo però era necessario che evolvessi la mia tecnica basica in una buona capacità ciclistica, per ripercorrere più volte ogni centimetro utile.
Il gruppo mi mise alla prova un pomeriggio: andai in treno a Levante, non avendo altri mezzi, riuscii a farmi prestare una bici e ci recammo in cima a un monte piuttosto noto. Per quanti dubbi avessi affrontai la sfida. Le gambe ressero lo sforzo fortunatamente, sulla resilienza della mia volontà non avevo dubbi. La discesa ebbe inizio: non portavo protezioni, non avevo conoscenze, dovevo solo farcela e così fu… Non potevo cedere e quello stesso pomeriggio invernale scattai la foto di copertina. Non ricordo alla perfezione come fossero vestiti i miei amici o tutti i profumi che fruì, a parte quello del corbezzolo, ma non dimenticherò quel tramonto finché esisto.
Ho avuto la fortuna di vivere moltissime avventure… in tanti di quei campi che quasi non so elencarli. Sono il risultato delle mie scelte, nel bene e nel male. Proprio per questo penso che la frase sia incompleta.
Forse molte persone sanno sognare, ma veramente poche hanno il coraggio di vivere i loro sogni, perché costa fatica, perché necessita sacrifici coatti e ferite profonde. Si usa sempre il condizionle o altre forme difensive: “sarebbe bello ma…” Si accettano fortune e sfortune in personaggi lontani, ma difficilmente si digerisce il fatto che uno o una di noi, possano farcela, possano davvero sfondare quel muro di realtà arrivando alla matrice, al punto in cui i sogni si fabbricano.
Il mio corpo sta guarendo con estrema celerità, per quanti traumi gli procuri, lui è con me, lui è me.
Forse accade questo perché do a lui l’unico vero carburante, la vita o forse chissà.
Forse e semplicemente ci credo senza possibilità di resa.
Se dovessi morire oggi stesso, in questo momento, sarebbe comunque stato un giusto scegliere: ho vissuto talmente tante cose che non sono contenute nemmeno in tre esistenze canoniche.
“Sono il diritto di una scintilla” …e può esserlo chiunque.
Christian Roccati
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