“L’unica cosa che vedo… sono i giorni che passano”
Guido, dalle montagne verso il mare, un oretta, poi parcheggio. Il viaggio è aria che corre in flauto traverso, producendo vita al gusto di mille frutti scartati da dita golose di esistenza. Cammino, un passo dopo l’altro, dalla vettura verso quell’accumulo seriale di leggi ordinate di mercato che chiamo azienda.
Incontro un vecchio, dentro di certo, non fuori… Rassegnato parla con parole che annaspano nel fango bagnato della palude di una speranza torbida. “L’unica cosa che vedo… sono i giorni che passano”
Asserisce, quieto. Talmente in agonia che anche il richiamo all’ingiustizia del suo sentiero è divenuto silente e sereno. Persino la sua morte è morta.
Non cedo e pongo altri rimbalzi in un asfalto pieno di passi. La mente corre, come sempre.
Vedo persone che portano come un manto cappellini e magliette che presentano brand di sorta; fanno pubblicità a marchi noti, pagando oro quel servizio, invece d’esser pagati. Uomini al bar decretano il giusto in sfide calcistiche, lamentandosi di politica e tasse, loro i primi alfieri di quel sistema per la semplice importanza data alle tre cose, strumenti di una non idea.
Gruppi di ragazze che insieme vivono 50 sfumature di numeri divisi per zero, banalità che annullano la propria ignavia, invece che viver l’esistenza con il proprio lui, deceduto egli al tempo in cui ancora era normale il sogno vissuto di una tormenta di fuoco nella coppia. Elementi soft standard venduti al prezzo di anime semplici. Se non stessi parlando con il mio eco direi “mio Dio, ma quando avete perso il senno?”
Nell’era del condizionale, dove tutto sdarebbe bello, ma non lo è mai, vorrei prendere due gigantesche spalle e scuoterle, svegliando chiunque senta ronfare; ma non si può. Sogni segreti di normalità che in civiltà non si nominano scambiati per sommessi sussurri dalla dubbia morale.
Guardo, senza patatine e pop corn… un aspide a migliaia di teste umane che annaspante sogna 50 sfumature di ovvio e normale, 100 partite, 200 macchine e 800 partite. Ma si… pimp my follia…
Questo è uno di quei momenti in cui vorrei davvero esser nelle mie montagne, a far ciò che ho vissuto fino a poche epoche fa… dove rischio la vita ogni giorno, ma vivo davvero, dove tutto è come lo vedo… dove la vita vive, il condizionale non esiste, e ciò che faccio, ha il sapore della luce.
Domani i giorni correranno, saranno l’ultima cosa che vedrò, prima di tutto il meraviglioso per quanto faticosissimo resto. Dopodomani non tornerò indietro, e lo non farò senza voltarmi.