RAPPORTO DELLA FAO: POPOLAZIONE MONTANA SOTTO LA PRESSIONE DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO E DELL’INSICUREZZA ALIMENTARE
Secondo un nuovo studio pubblicato venerdì 11 dicembre 2015 dalla FAO e da Mountain Partnership in occasione della Giornata internazionale della Montagna, il numero delle persone che soffrono d’insicurezza alimentare nelle zone montane è aumentato del 30% tra il 2000 e il 2012.
Il rapporto Mapping the vulnerability of mountain peoples to food insecurity ha rilevato che il numero di persone che soffrono d’insicurezza alimentare nelle regioni montane dei paesi in via di sviluppo è cresciuto raggiungendo nel 2012 quasi i 329 milioni, rispetto ai 253 milioni del 2000, anche se la popolazione complessiva dei popoli di montagna di tutto il mondo è aumentata solo del 16% durante lo stesso tempo. Ciò significa che una persona su tre che vive in zone montane nei paesi in via di sviluppo – sia urbane che rurali – deve fare i conti con fame e malnutrizione, rispetto alla percentuale di una persona su nove a livello mondiale.
E prendendo in esame solo le popolazioni rurali di montagna, che dipendono da risorse naturali come la terra, l’acqua e le foreste per i propri mezzi di sussistenza, i dati diventano ancora più netti: quasi la metà soffrono d’insicurezza alimentare. Le zone montane coprono il 22% della superficie terrestre del pianeta e ospitano il 13% della popolazione.
“Le condizioni di vita delle popolazioni di montagna si sono deteriorate e la loro vulnerabilità nei confronti della fame è aumentata. Climi rigidi e difficili, spesso territori inaccessibili, insieme alla marginalità politica e sociale, contribuiscono certamente a rendere le popolazioni montane particolarmente vulnerabili alla scarsità di cibo”, ha affermato il Direttore Generale della FAO, José Graziano da Silva nella prefazione allo studio. “Adesso che siamo impegnati nel raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, la comunità internazionale e i partner che contribuiscono alle risorse sono esortati a investire nelle aree montane e a rafforzare l’impegno della FAO e della Mountain Partnership”.
LE ZONE MONTANE MINACCIATE DAL CAMBIAMENTO CLIMATICO
L’aumento della fame non è l’unica sfida che devono affrontare le popolazioni montane. Il 90% di loro vive nei paesi in via di sviluppo, dove la maggior dipende da un’agricoltura di sussistenza, lavorando in ecosistemi fragili che risentono molto del cambiamento climatico. “Per le popolazioni montane questa è una vera e propria ingiustizia: sono comunità con una delle più basse impronte di carbonio al mondo, ma sono tra le prime a dover sostenere il peso del cambiamento climatico”, ha dichiarato il Coordinatore del Segretariato della Mountain Partnership, Thomas Hofer. “Per fare un esempio, le temperature più elevate consentono a parassiti e malattie di farsi strada più in alto, lungo i pendii delle montagne. Cattivi raccolti e perdita di bestiame sono una realtà crescente”.
“Inoltre, una maggiore incidenza di tempeste, valanghe, frane e inondazioni dai laghi glaciali stanno causando vittime e distruggendo le infrastrutture, bloccando l’accesso delle comunità montane a strade, scuole, mercati e servizi sanitari “, ha aggiunto.
DIFFERENZE TERRITORIALI
In Africa, nel 2000, quasi 59 milioni di persone che abitano in zone montane, sono state identificate come vulnerabili all’insicurezza alimentare, un numero che è aumentato del 46% , raggiungendo nel 2012, 86 milioni – in parte riflesso del complessivo incremento demografico delle regioni montane. La maggior parte delle persone vulnerabili del continente si trovano in Africa orientale, che rappresenta il 65% del numero totale delle popolazioni montane che soffrono d’insicurezza alimentare nel continente.
In America Latina e nei Caraibi, il numero totale della popolazione montana vulnerabile è aumentato del 22%, passando da più di 39 milioni nel 2000 a quasi 48 milioni nel 2012. Tuttavia, la percentuale di popolazioni montane vulnerabili è rimasta abbastanza stabile, passando dal 30 al 31% in 12 anni. Le popolazioni montane dell’Asia sono particolarmente soggette a vulnerabilità. I risultati dello studio mostrano che più di 192 milioni di persone sono state considerate esposte all’insicurezza alimentare nel 2012, con un incremento di oltre 40 milioni di persone, vale a dire il 26%, a partire dal 2000. Lo studio ha anche evidenziato che la percentuale di persone vulnerabili tra le popolazioni montane è salita dal 35% al 41% nel periodo tra il 2000 e il 2012.
Secondo la FAO, sono necessari un forte impegno politico ed interventi efficaci per invertire questa tendenza all’aumento della denutrizione e affrontare le radici dell’insicurezza alimentare in montagna, colmando il divario sui dati concernenti la fame, tra la gente che vive in zone pianeggianti e quelle che vivono in zone montane. Per le popolazioni montane il fattore chiave è una crescita inclusiva, che promuova l’accesso di tutti al cibo, ai beni e alle risorse, in particolare per le persone povere e per le donne, in modo che possano sviluppare le proprie potenzialità.
Nelle zone di montagna, dove l’agricoltura familiare e su piccola scala, la silvicoltura e la zootecnia sono i sistemi produttivi prevalenti, è decisivo creare un contesto istituzionale e politico favorevole, dove la gente possa avere accesso a servizi quali la formazione, l’informazione, il credito e la sanità, e a infrastrutture adeguate. Sono anche necessari investimenti e supporto tecnico per diversificare e potenziare i sistemi di produzione montani, attraverso, ad esempio, l’integrazione di conoscenze e tradizioni indigene con le tecniche moderne.
“Le indicazioni che vengono dallo studio della Fao – spiega l’on. Enrico Borghi, presidente nazionale Uncem e presidente dell’Intergruppo parlamentare per lo Sviluppo della Montagna – sono importanti per quanti hanno impegni politici e istituzionali, a livello locale e nazionale. Nelle Alpi e negli Appennini non registriamo fortunatamente situazioni di forte difficoltà come in altre parti del mondo. Ma non possiamo non registrare in molte aree il rischio di abbandono e il continuo spopolamento, in particolare per la mancanza di servizi di base e di una strategia locale per lo sviluppo socio-economico. I dati dello studio sono un monito affinché le Terre Alte siano oggetto di specifici provvedimenti normativi, come previsto in Europa dalla Carta di Lisbona, che consentano condizioni dignitose di vita, ma anche opportunità di impresa riconoscendo la specificità dei territori dove queste operano e si insediano. L’Intergruppo parlamentare per lo Sviluppo della Montagna farà la sua parte. A partire dalla legge di stabilità, dal disegno di legge sui piccoli Comuni e dal ‘collegato ambientale’, primo articolato italiano sulla green economy. La creazione di smart e green communities, sulle Alpi e sugli Appennini è la chiave di volta per le politiche regionali e nazionali sulla montagna. Abbiamo bisogno del massimo impegno del Parlamento e delle Regioni. La Giornata della Montagna, al di là di ogni retorica, ci spinge a lavorare di più anche nell’ascolto delle comunità, per rispondere a necessità e sfide immediate, non derogabili”.
Fonte: Comunicato Uncem
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