Matteo Foglino, è un giovane scalatore lombardo di 26 anni, nato a Como; un nome che nel panorama italiano della scalata e della letteratura di montagna non siamo esattamente abituati a sentire… Ci sono moltissime voci in questa nicchia di mercato, alcune le leggiamo, ascoltiamo, “vediamo”, moltissime volte. Eppure, non è la popolarità ad esser proporzione di impegno, erudizione, ed obbiettiva bravura, od almeno non sempre.
Matteo è uno dei due eccellenti autori del nuovo libro “Uomini&Pareti 2”, grazie al quale, insieme al collega Carlo Caccia, si è aggiudicato il secondo posto, Gerla d’Argento, al rinomato concorso LeggiMontagna 2010, a Tolmezzo. Il volume, edito da Versante Sud, si propone come un’accurata ricerca, quasi antropologico-contemporanea, sui vari volti della scalata e dell’alpinismo, attraverso il caleidoscopio costituito dalle interviste dei suoi principali protagonisti.
Matteo in questa esperienza, come del resto sulla roccia, si è mosso particolarmente bene, dimostrandosi umile ma anche volenteroso e propositivo, abbiamo perciò pensato di incontrare e conoscere questa nuova promessa nel panorama letterario di montagna Italiano.
Da quando vai in montagna?
Vado in montagna praticamente da sempre. Fin da quando ero piccolo mio padre mi portava a fare passeggiate e facili ascensioni alpinistiche. Paradossalmente andavo molto più prima che adesso che sono più concentrato su falesia e boulder.
Che discipline pratichi?
Praticamente tutte, principalmente arrampicata, ma anche sci freeride e sci alpinismo. Ultimamente ho iniziato ad andare anche in Biga (mtb – all mountain – Downhill). Sono assolutamente negato per le cascate di ghiaccio, sono decisamente impedito ma ho sempre pensato di avere una predisposizione naturale per il Dry Tooling!
Facendo così tante attività non eccello in nessuna, è un’ottima scusa per mascherare un livello medio basso. Mi definisco sostanzialmente un entusiasta. In montagna, vie lunghe e alpinismo, ho smesso di andarci nel 2007 in seguito ad un brutto incidente. Adesso al massimo vado a fare lunghe passeggiate in puro stile merenderos e ti dirò che la cosa non mi dispiace affatto.
Da quanto pratichi l’arrampicata?
Ridendo e scherzando sono ormai 10 anni. Ho iniziato quando avevo 16 anni circa. È stata un’evoluzione naturale, mi affascinava proprio il mondo della scalata. Non ho fatto nessun corso, ho recuperato una vecchia corda tramite il CAI del paese e andavo alla falesia di Carate Urio. A capire come funzionava la cosa. Mi presentavo in stile decisamente vintage: mezza corda, la sportiva kendo e un imbrago rosa non so di che marca.
Ricordo che la catena del mio primo 6a è costato un giorno intero di assedio in stile Himalayano.
È il tuo mestiere?
No, decisamente no, in Italia è difficilissimo vivere di pura scalata. Basta vedere talenti come Gabri Moroni che fatica che fanno anche solo per trovare gli sponsor, figurarsi vivere… Col mio livello è una cosa impensabile, però all’estero funziona in maniera diversa. Proprio adesso in Ticino c’è un gruppo di americani: Paul Robinson, Alex Puccio, Carlo Traversi e altri. Daniel Woods studia a Innsbruck, che è il paradiso per il climbing a quanto pare. Tutta questa gente vive di scalata e passa l’anno scalando in posti sempre diversi, facendo video, report fotografici e cercando di alzare sempre più il livello. Ovviamente stiamo parlando del gotha, ma anche paragonando l’Italia a Francia o Austria le differenze sono abissali. È ovvio che l’Italia non investe sui giovani. Come diceva il Gabri [Moroni n.d.M.B.] all’estero i fenomeni li coccolano e li crescono fin da quando son piccoli, qua da noi aspettano che escano dal nulla li spremono e poi li scaricano.
Quanto ti alleni?
Mi alleno parecchio, a volte anche 3-4 giorni su 7 escludendo la scalata, ma è una cosa che mi piace moltissimo allenarmi.
Per “allenamento” intendi pannello, trave e pan Gullich e non falesia e vie lunghe?
Come allenamento intendo un po’ tutto ma prevalentemente pannello… Mi annoio a fare solo pan o trave. So benissimo che per fare il salto di qualità non bisogna trascurare il lavoro a secco, ma penso che ormai l’età per diventare un fuoriclasse sia passata da un po’, per cui preferisco divertirmi quando mi alleno.
Dove ti alleni?
Dove capita, nella zona del comasco non esiste una palestra d’arrampicata vera e propria, per trovarla devo andare fino a Milano che vuol dire circa 50 km ad andare e 50 km a tornare. Siamo ancora negli anni 80 con i pannelli nei garage e ovviamente zero riscaldamento, ma personalmente così mi piace. Fa molto underground, per allenarti in inverno a temperatura ambiente ci devi veramente credere.
Su che livelli sei?
Le mie migliori prestazioni di sempre sono 8a in falesia e 7c di blocco, mi piacerebbe fare qualcosa meglio.
Hai scalato in Italia? Europa? Extra-Europa?
Ho il grossissimo rimpianto (per ora) di non aver mai scalato negli States, per me sono un mito, una vera e propria Mecca. Quando riuscirò ad andarci non sarà un viaggio, ma un pellegrinaggio!
In Europa ho girato un po’ Spagna, Francia, Austria in varie località, ma si può far di meglio, sono moltissimi i posti da visitare. Purtroppo il tempo non è moltissimo. A breve vorrei andare assolutamente nel Peak [Inghilterra n.d.M.B.].
Hai aperto vie?
Qualcuna anni fa, principalmente con Domenico “Dodo” Soldarini. Ho aperto qualche tiro da primo, ma il grosso l’ha sempre fatto lui. È stato sicuramente un grandissimo maestro.
Hai scalato con Maspes? Che cosa ci puoi raccontare a riguardo?
Con Luca ho scalato e scalo tutt’ora moltissimo. Personalmente lo reputo una grandissima persona e un grande amico. Nella mia crescita personale ha rappresentato un ruolo importantissimo: è un grandissimo comunicatore e ha spiccatissime doti di PR, cosa che, dal mio modesto punto di vista, manca a molti professionisti del panorama italiano. A mio parere è forse uno dei numeri uno in Italia e non solo sotto questo punto di vista. Questa sua caratteristica dà ovviamente fastidio a molti: quelli che lo criticano dovrebbero provare ad andare a scalare con lui…
Non essendo andato in spedizione quest’anno si sta dedicando al boulder, nonostante sia un bel “cinghiale” in termini di costituzione fisica sta andando alla grande, non mi stupirei se piazzasse la “zampata” con un bell’8a bloc quest’inverno.
Come vedi il futuro dell’arrampicata?
Lo vedo in continua crescita. L’arrampicata intesa come sportiva, con tutte le sue sfaccettature, ha poco più di 40 anni, quelli che l’hanno vista e fatta nascere sono tutt’ora sulla scena. Mi fanno ridere quelli che continuano a dire che è stato raggiunto il limite, che non si può andare oltre. Sono tutte cazzate dal mio punto di vista. È sintomo di mancanza di fantasia e di visione. Basta pensare a Caldwell e Jorgensen cosa stanno tentando sul Capitan [link n.d. M.B.], oppure al grandissimo alpinismo esplorativo di Favresse. Ondra ha solo iniziato il suo percorso credo che stabilirà una nuova pietra miliare della difficoltà così come fece Gullich con Action Directe. Potter è un altro che sta seguendo un personalissimo percorso, esplorando terreni nuovi e giocando con dei limiti che a conti fatti non esistono, anche se in molti si impegnano alla grande per metterli. La difficoltà sarà la prima ad andare avanti, di recente hanno liberato un 9a che ha le seguenti sezioni 8b via – 8a blocco – riposo – 7b blocco. La via è stata data 9a .
Pensa ad una via con sezione di 8b due 8c di blocco in fila e ancora finale di 8b. Esiste certamente un pezzo di roccia con queste caratteristiche, sta solo aspettando qualcuno che dica: qua si passa.
Cosa ne pensi del trad?
Sono di parte, mi ha sempre affascinato e per un po’ l’ho praticato. Per provare il vero trad bisognerebbe andare in UK o negli States in posti come Iindian Creek o Yosemite. Qua non abbiamo una cultura molto radicata, siamo più per l’arrampicata sportiva. Ma per fortuna c’è gente come Calibani o Della Bordella che ci credono e spingono forte, esplorando nuove aree e creando nuove linee.
Di recente Nico Favresse è stato a scalare a Cadarese, una falesia trad in val D’Ossola, l’ha definita la falesia trad più bella d’Europa. I posti li abbiamo, bisogna solo andarci.
Com’è iniziata l’avventura di Uomini e Pareti II?
Decisamente per caso, mi è stato proposto da Robi di Versante Sud [Roberto Capucciati n.d.M.B.] ed ho accettato. Non è stato facile, non avevo mai scritto nulla in vita mia; è stata un’impresa in tutti i sensi. Ma alla fine credo sia uscito un buon libro, ho ricevuto molti complimenti e pareri positivi. Spero vivamente di essere riuscito a trasmettere quello che gli intervistati volevano dire.
Come ti sei rapportato con i vari personaggi che hai conosciuto?
Con chi potevo di persona, con gli altri ovviamente via mail o telefono. Credo che la differenza si noti, le interviste fatte di persona sono più “vere”, meno artificiose. Ma d’altronde Versante sud non ha voluto pagarmi il biglietto per un paio di mesi in Yosemite a intervistare Potter…
Hai recentemente vinto un premio molto importante al concorso LeggiMontagna, sei soddisfatto?
È stata una notizia inaspettata. Tutto avrei pensato fuorché vincere un premio. Tra l’altro quando mi hanno telefonato ero a Belfast per vedere la partita dell’Italia: Irlanda del Nord – Italia. (un brutto 0 a 0 tra l’altro). Direi che è stata un’ottima occasione per esagerare con le pinte di Smithwicks.
Che progetti letterari hai per il futuro?
Ho un paio di idee, ma devo capire se ho la voglia di rimettermi in gioco, sono tendenzialmente abbastanza pigro.
Che progetti “arrampicatori” hai per il futuro?
I miei progetti arrampicatori sono legati ai viaggi, vorrei colmare le lacune che ho visitando dei luoghi che considero imprescindibili. A pensarci è un vero scandalo che non sono mai stato a Meschia o Interprete.
Intervista di Christian Roccati
Blog MB: www.mountainblog.it/christianroccati
Sito personale: www.christian-roccati.com
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UOMINI E PARETI 2 – di Carlo Caccia, Matteo Foglino
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