“Cercasi equipaggio per viaggio pericoloso: paga misera, freddo intenso, lunghi mesi di oscurità totale e ritorno non garantito.”
Inizia con questo annuncio poco invitante, pubblicato sui giornali londinesi nell’estate del 1914, il sogno di Ernest Shackleton di divenire il primo esploratore a effettuare l’attraversamento a piedi del continente antartico. Furono 56 gli uomini scelti dall’esploratore fra gli oltre 5.000 candidati, dando inizio a quell’epopea moderna a bordo di una nave chiamata Endurance (Resistenza) che consegnerà Shackleton e il suo equipaggio alla storia delle esplorazioni. Andiamo con ordine.
La spedizione Endurance, conosciuta anche come “Trans-Antarctic Expedition“, non fu la prima avventura di Shackleton in Antartide. Nel 1901-1903, l’esploratore prese parte alla “National Antarctic Expedition” sulla Discovery, capitanata da Robert Falcon Scott, con l’obiettivo di raggiungere per primi il Polo Sud e consegnare questo successo al Regno Unito. Lo scorbuto, però, costrinse Shackleton a fare ritorno senza poter conseguire l’obiettivo. Nel 1907-1909, guidò la “British Antarctic Expedition” a un passo dal Polo Sud con la nave Nimrod; arrivato a sole 96 miglia dalla meta, tuttavia, Shackleton preferì fare ritorno in quanto non certo di avere scorte a sufficienza per garantire un sicuro rientro all’equipaggio. Scrisse alla moglie: “Ho pensato che avresti preferito un asino vivo a un leone morto“.
Che l’esploratore di origini irlandese fosse una persona particolarmente attenta alla sicurezza propria e del suo equipaggio, quindi, era già un dato di fatto. Nato nel 1874, Shackleton si arruolò nella marina all’età di 16 anni abbandonando gli studi di medicina ai quali era stato avviato dal padre. Cresciuto professionalmente nella Royal Navy, fu probabilmente l’amore per Emily Dorman, divenuta sua moglie nel 1904 al rientro della prima esplorazione antartica, che lo convinse ad abbandonare la marina mercantile per cercare orizzonti più ampi nell’esplorazione.
“Dopo la conquista del Polo Sud da parte di Amundsen che, per pochi giorni, aveva preceduto la spedizione britannica di Scott, restava una sola grande impresa dell’esplorazione antartica — l’attraversamento del continente bianco da mare a mare.” Era questo, però, il sogno che scorreva nelle vene di Shackleton, fra una spedizione nei ghiacci e un tè assaporato con i colleghi della Royal Geographical Society. La vittoria di Amundsen su Scott nella corsa al Polo terminata nel dicembre del 1911 fu un grande smacco per il Regno Unito che aveva cercato di raggiungere questo obiettivo con ben tre spedizioni nel decennio precedente.
In questo contesto, Shackleton si attivò per reclutare un equipaggio e finanziare una spedizione che lo portasse ad essere il primo esploratore ad attraversare l’Antartide a piedi. Il suo piano prevedeva che l’Endurance raggiungesse la baia di Vahsel come luogo di partenza per la traversata. Un’altra spedizione, partendo dalla barriera di Ross, avrebbe dovuto predisporre dei depositi con provviste e materiali per rendere possibile il viaggio trans-continentale di oltre 3.000 chilometri.
La raccolta fondi per l’impresa non fu semplice come previsto. Il maggior contributore fu il ricco industriale James Key Caird (al quale dedicherà una baia) che contribuì con 24.000 sterline. Tra i maggiori benefattori vi furono poi Janet Stancomb-Wills, figlia di un magnate del tabacco, e Dudley Docker della Birmingham Small Arms Company. Il governo britannico fornì 10.000 sterline; la Royal Geographical Society 1.000. Ulteriori fondi, infine, vennero ottenuti mediante una sottoscrizione tra alcune scuole del Regno Unito cui Shackleton intitolerà i cani della spedizione. L’Endurance fu la nave scelta da Shackleton per la spedizione nel mare di Weddell mentre l’Aurora venne destinata al gruppo diretto nel mare di Ross.
L’Endurance salpò da Plymouth il 9 agosto 1914 su pressione di Winston Churchill, allora First Lord of the Admiralty, il quale invitò Shackleton a non tergiversare per lanciarsi a capofitta in questa avventura di interesse nazionale. Arrivata a Buenos Aires, raggiunse poi Grytviken nella Georgia del Sud. A causa di un pack insolitamente esteso, la nave ed i 28 uomini di equipaggio dovettero attendere sino al 5 dicembre per spingersi più a sud. La spedizione incontrò i primi iceberg prima del nuovo anno, ma Shackleton ritenne che l’Endurance fosse in grado di navigare sino al luogo di sbarco prefissato senza particolari difficoltà.
Più la nave avanzava verso sud, però, più la navigazione si faceva difficoltosa a causa dell’ispessimento della banchisa. Tutto questo, però, non bastava a scalfire l’innato ottimismo di Shackleton. A metà gennaio 1915, l’Endurance riusciva a percorrere giornalmente una distanza variabile: talvolta lo scafo rimaneva totalmente immobilizzato dal ghiaccio e non si poteva fare altro che attendere, ma in altre occasioni la banchisa sufficientemente frammentata permetteva di avanzare con una certa libertà.
Il 19 gennaio 1915, però, Shackleton si trovò bloccato: “La nostra posizione al mattino del 19 era lat. 76°34´S., long. 31°30´O. Il tempo era buono, ma era impossibile avanzare. Durante la notte il ghiaccio aveva circondato la nave e dal ponte non era possibile vedere mare libero.”
Nel corso delle settimane seguenti, il ghiaccio blocca la Endurance nonostante i tentativi dell’equipaggio di liberare lo scafo per permettere all’imbarcazione di muoversi attraverso una frattura. Vista l’inutilità di ogni ulteriore sforzo, verso la fine di febbraio del 1915 l’equipaggio iniziò i preparativi per affrontare l’inverno sul ghiaccio. L’Endurance era inevitabilmente alla deriva anche se pochi, Shackleton compreso, potevano immaginarsi la gravità della situazione e ciò che sarebbe successo da lì in avanti.
(La seconda parte a questo link)
Andrea Bonetti – MountainBlog.it