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14 Settembre 2015

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15 agosto – verso Hloduvik

Mi desto ed esco dalla tenda, tra giochi di luce e spiriti curiosi

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Oggi …”è un altro giorno”

Baia di Hornvik, sarai per me un bel ricordo.
Mi guardo intorno e vedo le scogliere dell’Hornbjarg, meravigliose a nord ovest.
La prossima volta inseguirò il vostro profilo con i miei piedi, per oggi resto ad ammirare l’armonia con le pupille.

Foto Andrea Gabrieli

Foto Andrea Gabrieli

Immersi nella natura salutiamo una foca grigia che fa capolino tra i flutti e ancora giochiamo con qualche volpe.

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Il campo scintilla e anche noi un po’ lo assecondiamo con i nostri sorrisi rilassati.

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Avremmo dovuto affrontare la seconda di tre tempeste, ma la pressione ci segnala di usare semplice attenzione piuttosto che serio allarmismo.

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Mi dedico alla cura dei miei compagni e indipendentemente dal doverlo fare o meno, ciò mi fa star bene.
Mi sento in pace.

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Insieme al mio amico Andrea, sensibile fotografo, dialogo un poco con una volpe.
Io filmo, lui fotografa, lei esiste.
Io esisto, lui esiste, lei ci osserva.

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Salutiamo infine Jon Jonson, il ranger, e puntiamo a nord est, verso Brimnes, per circumnavigare in senso antioragìrio il promontorio di Rekavikur.

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Dovremo oltrepassare alcuni tratti che presentano un minimo d’impegno e perciò mi carico di ulteriore materiale comune, così da alleggerire il gruppo di eventuali pesi che potrebbero ostacolarlo.

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Prima il mio zaino pesava 25 kg. Ora… non ne ho idea, venticinquepiùqualchecosa.
Ne guadagno in allenamento e quindi è un buon patto.
La sensazione sulle gambe mi riporta alla mia vita, come fu da sempre fino a tre anni fa.

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Il percorso continua a mezzacosta mediante tratti esposti su cui fare attenzione.
Il momento è davvero intenso, sempre più porzione di una natura così in linea con ciò che vi è dentro di noi.

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Risaliamo la valletta verso il passo di Allaskaro in una conca che richiama fortemente morfologie alpine.
Ci guardiamo spesso con scambi d’intesa; ogni cosa ci sembra famigliare, ci sentiamo davvero a casa.

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Dal valico osserviamo la comba e il fiato si trattiene da solo in noi, non vuole saperne di uscire, quasi che l’emozione sia cosa viva e tangibile, come un amore a cui non si voglia dir addio.

Lungo la traccia troviamo dapprima del timo e poi dell’alchemilla. Questa pianta è in grado di raccogliere una goccia di acqua mediante la sua forma a raggera, che simula la struttura a imbuto dei bacini idrografici.
Gli alchimisti pensavano che quel liquido fosse un magico elisir.
Si tratta di acqua, ma non penso ch’essi errassero nella loro interpretazione del vero.

Jon ci raccontò che in questa vallata fu trovato un orso bianco proveniente dalla Groenlandia e da ciò nacquerò i molti toponimi che richiamano a questa bestia. Non è una cosa rara. I signori del biancomanto si lasciano trasportare dai piccoli iceberg e poi nuotano per centinaia di km. Arrivan stremati e con le ascelle in sangue a causa delle frizioni nello sforzo, ma riescono a sopravvivere, trovando però la fine quassù.

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Scendiamo con attenzione; io in coda, come sempre. Osservo gli amici; chi ha una gamba che duole, chi meno esperto in tensione, chi ha scarponi danneggiati. Nessuno lamenta alcun problema, né proferendo parola, né mediante semiotica paraverbale.

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Giungiamo quindi ad alcune abitazioni private, nella piana di Hloduvik. Non ci sono più pericoli; allestiremo il campo dall’altra parte della baia, a circa 300 metri da questo punto. Tutti scherzano con una volpe e io devo parlare ad Andrea per organizzare la tappa e le prossime mosse. Decido di raggiungerlo, cambio passo, e lo riprendo in pochi minuti.

Qui non c’è alcun pericolo e siamo arrivati, “liberi tutti”; è importante ch’io discuta adesso e velocemente con il mio collega per anticipare il fronte che sta scendendo da nord, visibile a occhio nudo, senza allarmare il gruppo.

E’ sufficiente abbassare la guardia una frazione di secondo per perdere in un incontro di boxe o in una partita di tennis. Dovrei saperlo.
Un’amica proprio in quel momento prende una storta molto intensa… e io non me ne accorgo perché son già 100 metri avanti; lei non me lo dirà, aggiustandosi senza chiedere il mio aiuto, forse anche perché in quell’unico momento, l’unico istante in cui forse avrebbe mostrato necessità, io non ci sono. Lo scoprirò solo fra due settimane, rammaricandomi molto per non averla potuta aiutare.

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Il team saluta la volpe e ci raggiunge. Montiamo il campo incontrando comunque altre bestiole. Anche oggi mi lavo, pulisco tutto e inizio a preprare per gli amici. Sondo anche il terreno per il giorno seguente; potrmmo provare a costruire un ponte di tronchi, ma serviranno diverse persone. Vedremo se sarà preferibile un’economia di tempo o forze, come si fa in alpinismo.

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Preparo un te e qualche cosa da sgranocchiare in attesa della cena. Parlo un po’, ma soprattutto ascolto chi ha voglia di condividere le proprie esperienze. Ci sono elementi del gruppo che avrebbero molto da raccontare, affascinandomi come quando da bambino ascoltavo le prodezze dei miei parenti, a bordo tavolo. Sono umili e non lo fanno a meno che non gli si chieda con sincera insistenza.

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Gianluca ha salito vie di roccia di Messner, Gogna, Cassin, grandi linee estetiche come Tempi Moderni e ascensioni sopra i 6000 metri. Pietro è stato sull’Aconcagua a quasi 7000, sull’Elbrus, sull’Alpamayo, ha salvato un compagno sul Huascaran e scala bene la roccia, ovunque. Massimo ha arrampicato e fatto alpinismo nello stesso modo di Gianluca e ha girato il mondo per le sue avventure sottomarine, con le bombole o in apnea. Andrea ha fotografato ovunque dai deserti di ghiaccio e quelli di sabbia, dalle grandi vette oltre i 5000 metri alle grandi creste alpine, cavandosela in situazioni incredibili ai limiti della narrazione. Rita, Chiara, Elena, non sono da meno, chi con la pietra sotto le mani chi con la neve sotto gli scarponi. Serena al ritorno dovrà fare da guida a sua volta, grazie alla sua grande esperienza, reggente di una sezione CAI, tra le altre cose.

Sono onorato di aver condotto questi appassionati, semplicemente onorato. E lo stesso avverto in me pensando ai meno esperti fra loro che con il cuore hanno compiuto questo percorso e che certamente potranno togliersi le medesime soddisfazioni dei primi.

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Il fronte da nord  intanto si avvicina, mentre ad ovest alcune nubi scendono verso l’oceano. Se non fossi qui per servire, mi spoglierei e fare il bagno nel grande blu, ora plumbeo. Il mare riflette l’umore di suo fratello il cielo e alle volte mi chiedo se non siano in realtà acqua e aria, una coppia di amanti che non si possono incontrare, come la luna e il sole.

Qui in Iceland ho corso con le volpi e non so cosa darei per poter nuotare con le foche; ma il mio posto non è lì, non posso rischiare, il cammino non è finito. Non posso, ma quanto vorrei.

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Ci mettiamo a montare un telo per creare una sala da pranzo con l’aiuto di Massimo.
L’esperienza di Andrea è indispensabile e il risultato efficiente.

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Le ragazze, quasi tutte, possono ripararsi, e possiamo stringerci per la cena calda. E’ vietato accender fuochi, anche per emergenza, figuriamoci per convivialità, ma possiamo scaldarci tra noi, con il corpo e i sorrisi.

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Dopo aver pulito e sistemato prepariamo tutto per il giorno dopo e ancora una volta ci confrontiamo, Andrea e io. Domani dovremo partire presto, molto prima degli altri giorni. La tempesta è prevista e se riusciremo a superare il passo di Kjiaransvik, prima dell’ondata di freddo e pioggia, avremo soltanto un lunghissimo crinale da inseguire sino al fiordo di Hesteyrar, dove, secondo accordi, dovrebbe giungere la barca a riprenderci.

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La serata è davvero magica. Quando tutti sono a letto e ogni cosa è in ordine e pronta, sondo ancora il guado di domani. Dovrei allestire ora un ponte, non ce la farò domattina in poco tempo, ma da solo non posso provare a trasporare tronchi con una massa pari a 200 kg. Sono in grado di sollevarli, non di spostarli, mi farei solo del male; l’importante è conoscere il terreno, domattina agiremo in fretta cercando la soluzione migliore.

Torno in tenda, mi cambio, scrivo il mio diario e leggo il mio libro, cercando anche questa sera di non svegliare Andrea,la guida. E’ un ottimo Cicerone, una persona davvero speciale, molto sensibile e attenta, e un incredibile professionista; è bene che conservi le forze, in equilibrio come sempre.

Domani sarà l’ultimo giorno di questa prima parte del viaggio. Sono ancora sotto il telo di un campo e sopra di me la volta con stelle che non posso scrutare a causa del chiarore in questo nord, eppure so che sono lì. Le sento ardere.

“Il cielo stellato sopra di me”…
…nessuna ragione dentro di me.

Solo vita.

Christian Roccati
SITOFACEBOOK