Su un poggio panoramico come pochi si adagia Casamazzàgno di Comélico, dominato dalla cinquecentesca chiesetta di San Leonardo. Di fronte troneggia, severo e selvaggio, il gruppo del Popèra, ultima dolomia a oriente. In questo paradiso nascono, crescono e si maturano “I Legar”, gli allegri, un gruppo folcloristico che quest’anno festeggia i 25 anni di attività, nato per mantenere in vita una secolare tradizione valligiana: quella del ballo, del folclore vivo e genuino, antico quanto basta da perdersi nei tempi.
Una magistrale invenzione degli avi, quella del ballo, e il Comélico è una arena ideale per contenere e sviluppare un tale rito; pare che le quinte dei monti e dei boschi siano fatti apposta per creare una acustica unica e privilegiata, dove le note si infrangono sulle rocce che hanno visto le gesta degli Alpini durante la prima guerra mondiale. Una leggenda che sostiene e racconta un’altra leggenda. Una valle che, pur rimanendo un po’ fuori dal girotondo turistico alla moda, ha saputo mantenere e consolidare antiche costumanze: l’uso della lingua ladina, per esempio, oltre alla tradizione culturale intesa come musica, ballo, carnevale.
Forse è stato un inverno particolarmente rigido a convincere alcuni giovani di Casamazzàgno a scaldarsi facendo quattro salti, cimentandosi con l’antico e raro ballo chiamato Paris. Pochi lo praticavano con classe. Ma c’era in paese una coppia di anziani coniugi che la sapevano lunga in materia. Fu allora che i giovani decisero un passo importante (e che spesso i giovani non fanno): «Andiamo dai vecchi, chiediamo che ci svelino i segreti del mestiere”.»
I vecchi (non poi così tanto) erano un tal Bortolo Zannantonio e la moglie Maria che furono ben lieti di togliersi qualche anno d’età e trasferire tutto il loro sapere. Ben presto i saggi trasferirono la loro bravura ai nuovi interpreti che si sentirono pronti a rinverdire e a mantenere l’antica usanza del ballo popolare.
L’anno di fondazione è il 1983 ma il debutto avvenne durante il carnevale del 1984.
Finalmente il famoso Paris poteva essere presentato al pubblico locale che, in materia di novità, non è poi così magnanimo nel giudizio. Fu subito successo. La gente aveva capito e accettato lo spirito de I Legar.
Quel giorno di carnevale di 25 anni fa, dunque, scattò la molla che spinse il gruppo a ricercare e a studiare quelle danze comeliane che erano state quasi del tutto dimenticate o addirittura perse nel tempo.
Partirono con entusiasmo in dodici, cioè sei copie di ballerini, e nacque ufficialmente il “Gruppo I Legar”. Talmente determinato e apprezzato da essere invitato già l’anno dopo all’Expo di Roma e alle Universiadi di Belluno e in seguito in Olanda, alla Città del Vaticano, in Svizzera, alle olimpiadi di Albertville, poi in Austria, Belgio, fino al recente ed entusiastico viaggio in Germania. E questo solo per restare agli inviti giunti dall’estero, ché quelli in Italia sono ben più numerosi, molti di prestigio come le presenze all’Expo di Roma, in trasmissioni Rai, in Visdende con Giovanni Paolo II, a Milano, Rimini, Trento, ecc…
Il loro nome è tutto un programma: I Legar, cioè allegro, gaio, gioioso, contento, festevole, ìlare, esultante, vivace …, tutto quello, insomma, che è insito nei balli del Comélico, nella musica che li accompagna, nei giovani protagonisti.
Se il Paris fu la spinta, la Polka salterina, meglio conosciuta come la vécia, fu il trampolino di lancio ed è tuttora la parte dominante della tradizione danzante del Comélico.
L’intero repertorio musicale, usato da I Legar per creare le loro rappresentazioni, esulano dalla classica musica scritta e si affida alla conservazione del tempo, cioè a quella che è chiamata la tradizione o trasmissione orale dove persiste l’uso dell’imparare a orecchio in quanto la maggior parte dei temi sono opera di compositori sconosciuti.
I costumi indossati da I Legar corrispondono esattamente all’abito indossato anticamente in Comélico Superiore nel giorno delle nozze. Un giorno importante – forse l’unico in quei tempi di povertà -, talmente unico da imporre ricercatezza ed eleganza anche fra i ceti meno abbienti. Chi volesse ammirare la copia originale di questo abito faccia una visita al Museo La Stua di Casamazzàgno; vedrà questo e altri pezzi dell’Ottocento che sono una meraviglia.
1984-2009. 25 anni di vita e di sacrifici; forse sarebbe più giusto dire di allegri sacrifici, vista la vitalità del Gruppo e la sua voglia di faticare divertendosi.
Questo gruppo ha saputo rimanere attaccato e fedele ai suoi principi costitutivi ed è un bell’ esempio che i giovani valligiani dovrebbero seguire con entusiasmo e gratitudine.
Bene ha fatto la benemerita Associazione Nazionale Alpini della “Sezione Cadore”, su proposta del Gruppo di Casamazzàgno, ad assegnare giorni fa il “Riconoscimento di merito ANA Cadore” a I Legar. Peraltro nel pieno rispetto dell’articolo 2 del suo regolamento che parla anche di Cultura.
Cultura, infatti, non è solo scrivere, divulgare, insegnare, dipingere, scolpire e quant’altro, ma comprende anche l’attività portata avanti da I Legar e cioè la “ricostruzione storica e la grazia delle coreografie legate agli usi e alle tradizioni ladine”, come giustamente recita la motivazione.
Italo Zandonella Callegher 19.11.09