Sospirolo è un delizioso paese della Valbelluna immerso nel verde e serenamente disteso lungo il confine del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi. Il bosco che si alza dalle ultime case sale fino sulla sponda dell’orrida Val Falcina, un canyon che si smorza solo al cospetto della grande parete orientale del Pizzocco. I fiabeschi Monti del Sole – aspro gruppo di montagne del Parco dolomitico che si slancia dal misterioso lago del Mis – hanno la vocazione alla solitudine e si innalzano a nord. A nord est, dopo l’aguzzo monte Perón, sbuca la Pala Alta.
Secondo il glottologo Giovan Battista Pellegrini, il nome Sospiròlo è legato al sovrastante monte e starebbe a significare “sotto lo Sperone”, che sta di fronte al monte Perón, quella piramide arcigna che si specchia nel recondito laghetto di Vedàna. Lì a due passi si sparge nella brughiera una pietraia brulla e arida, appena coperta da una vegetazione di latifoglie; è la plaga chiamata le Masière di Vedàna, sulla sponda destra del torrente Cordévole, presso lo sbocco del Canale di Àgordo. La formazione di questo complesso di grossi blocchi (dove qualcuno arrampica) è da collegare a grandi frane staccatesi dal Monte Peròn 15-16 000 anni fa.
A quei tempi stazionava nella conca la parte terminale del ghiacciaio del Cordévole e il grande accumulo di materiali di frana si sono sparpagliati formando un macereto di oltre 50 milioni di metri cubi. Nel Sei-Settecento prende origine l’ipotesi che le Masiére di Vedàna siano state originate dal forte terremoto del 1117 che ebbe l’epicentro nel Veronese e che provocò danni in tutta l’Italia settentrionale. Si presume che i villaggi sepolti siano stati due: Cordova e Cornia. Da allora quasi tutte le descrizioni fantasticano sull’evento sismico per spiegare l’origine del grande deposito franoso e nel contempo dare i natali a fiabesche ricostruzioni. Saranno i geologi dell’Ottocento con i loro studi a fornire la reale spiegazione di questo “mistero” dovuto, probabilmente, ai crolli avvenuti causa il ritiro del ghiacciaio da “sotto i piedi” del Peròn.
Nelle vicinanze sorge un’opera, questa volta di fattura umana, di grande bellezza e interesse: la Certosa di Vedàna, vasto complesso di costruzioni che richiamano qualcosa della fortezza e del castello insieme. Qui, fin dal 1155, esisteva l’Ospizio di San Marco di Vedàna tramutato in Certosa nel 1456. Il chiostro è del 1521. Nel 1768 la Certosa fu soppressa dalla Repubblica di Venezia, ma successivamente recuperata dai certosini francesi. Qui, fino al 1977, viveva una comunità di monaci certosini; oggi nella bellissima oasi di pace vive una comunità di monache in clausura.
La Certosa, fra l’altro, rievoca una storia inquietante. Quella del bellunese Girolamo Segato che trasformava la carne in pietra. Fu viaggiatore, cartografo e naturalista, famoso per aver scoperto un processo di pietrificazione dei tessuti corporei umani ed animali. Segato era nato proprio nella Certosa di Vedàna – era il 13 giugno 1792 – dove la famiglia, durante una temporanea chiusura del complesso, conduceva un’azienda agricola. Dopo numerosi viaggi si stabilì a Firenze dove approfondì i suoi studi di egittologia concentrandosi sulle tecniche di imbalsamazione inventando una tecnica, parzialmente simile alla mummificazione, ma assolutamente unica: la pietrificazione.
Per chi non crede a questa stravagante scoperta, consigliamo una visita ai reperti pietrificati di Segato che si trovano, perfettamente conservati, presso l’Università degli Studi di Firenze. Per questa sua invenzione fu soprannominato Il Pietrificatore. La società di allora non fu tenera con lo scienziato e sparse la voce che avesse appreso le sue conoscenze dalla magia egiziana; lo difese un altro bellunese, papa Gregorio XVI. In seguito a un mancato finanziamento del Granduca di Toscana, al quale aveva offerto un tavolo di carne pietrificata, aveva deciso di distruggere tutti i suoi reperti. Non lo fece, ma si portò nella tomba il segreto della sua tecnica che a tutt’oggi resta enigmatica.
Girolamo Segato morì il 3 febbraio 1836 a 44 anni e fu sepolto nella basilica di Santa Croce a Firenze. Sulla sua lapide si legge: «Qui giace disfatto Girolamo Segato, che vedrebbesi intero pietrificato se l’arte sua non periva con lui. Fu gloria insolita dell’umana sapienza, esempio d’infelicità non insolito.»
Con tutte queste peculiarità che la avvolgono, chi meglio di Sospirolo poteva organizzare qualcosa di importante all’interno del Festival dei Misteri che la Regione Veneto dedica ogni anno ai luoghi leggendari e misteriosi del suo territorio? Tutto novembre, infatti, è stato dedicato alle montagne, alle coste, ai laghi, alle lagune, ai borghi antichi e alle città d’arte. L’edizione 2013, ha visto numerosi “Spettacoli di Mistero” nelle piazze, nei giardini, nei castelli, nelle aie e nei teatri…con la rivisitazione delle antiche leggende del territorio. Il festival (promosso oltre che dalla Regione anche dalle Pro Loco venete aderenti all’Unpli), la cui V edizione è stata presentata da Carlo Lucarelli, ha visto lo svolgersi di oltre duecento eventi con storie di streghe, fantasmi, demoni, folletti, fate, tiranni e sant’uomini.
E concorsi letterari. Come quello, ormai ben collaudato, di “Sospirolo tra leggende e misteri” giunto alla quarta edizione e realizzato con la partecipazione di due sezioni: Giovani (fino ai 18 anni) e Adulti. Sono pervenuti circa ottanta racconti – ottimo segno di fiducia nell’iniziativa -, di cui 34 sono stati ammessi in concorso dopo una prima scrematura da parte di un’attenta commissione di selezione.
La giuria (composta da Italo Zandonella Callegher presidente, Alba Barattin, Cecilia Bertolussi, Cristina Gianni e Mario Battiston; segretario Federico Brancaleone; presidente organizzazione Francesco Bacchetti), ha giudicato i testi pervenuti senza conoscere i nomi dei partecipanti e all’unanimità ha fatto la sua scelta con le seguenti motivazioni:
Miglior racconto nella Sezione Giovani:
Saper guardare di Elisa Tagliapietra (17 anni), Mestre Venezia
Un padre e la giovane figlia riscoprono l’affetto che li unisce nel segno di una perdita che ha rischiato di tracciare tra di loro un solco incolmabile. Un percorso doloroso per entrambi, tra accuse rabbiose e sensi di colpa. Ma l’amore rende astuti e immagina espedienti per consolare la persona amata. Ad esempio una misteriosa caccia al tesoro, tesoro del cuore, che infine varrà a riavvicinare la figlia al padre.
La giuria premia il racconto per l’equilibro complessivo della composizione, per la scrittura concreta, asciutta, priva di compiacimento, per la sorprendente maturità con cui misura e comunica il diverso dolore che separa i due protagonisti, descrive le tensioni del loro vivere quotidiano, segue le tappe del loro ritrovarsi.
L’autrice, al suo terzo premio letterario, ha dimostrato con questo scritto una straordinaria maturità.
Menzione speciale Sezione Giovani a Giada Tonetto (14 anni) di Ceggia Venezia con
Il movimento dell’anima che danza, racconto molto ben costruito e di grande spessore se si considera la giovane età dell’autrice.
Miglior racconto nella Sezione Adulti
Nessuno parla lo swahili di Oscar Tison di Vodo Belluno
Novello Ulisse senza gloria scampato a tutte le tempeste, un uomo si aggira nella città ostile raccontando a se stesso di isole e naufragi, di guerrieri e battaglie, di tesori conquistati e perduti.
Bisognerebbe fermarsi a guardare nei suoi occhi azzurri, bisognerebbe cercare la magia dei suoi ricordi nelle parole incerte e smozzicate. Ma qui nessuno parla lo swahili.
La giuria premia il racconto per la sapiente costruzione della figura del protagonista, il cui doloroso dramma esistenziale si svela al lettore a poco a poco, per la densità dei riferimenti culturali sottesi, per la capacità della scrittura di evocare con rapidi tratti mondi diversi, tra prosaiche realtà e lontane suggestioni favolose.
Inedita visione e un modo diverso di trovare “il tesoro”. Non esiste solo quello di oro e di denaro, ma anche quello spirituale, ancor più prezioso.
Menzione speciale Adulti a Sara Gramazio di Farra di Soligo Treviso con
Saper guardare, è una trama interessante, assai speciale vista l’età dell’autrice a cavallo delle due categorie.
Italo Zandonella Callegher
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