Se ci penso tutto mi appare strano… Fine 2015: ennesimo brutto infortunio appena raggiunta la forma, eppure nessun vero stop ai sogni. Attacco la sequenza arrampicando sui millimetri, dopo aver detto “finalmente mi sento allenato”.
Un presa svasa in strapiombo che mi scivola, uso la spalla per serrarvi le dita, giusto su qualche millimetro di aderenza senza tacca… non cado, non scivolo, la mano si apre ma non si sposta… e il tendine che mi strappa un pezzetto di articolazione dal gomito. Accade tutto in un attimo: “che contrattura” penso e non smetto di scalare. La prima fase è sempre il rifiuto, quale che sia il “lutto”.
Continuo ad allenarmi per qualche settimana e poi l’evidenza. Fisioterapia e svariati altri accorgimenti e… non c’è alcunché da fare, “non mi posso più aggrappare”. Non riesco nemmeno a tenere in mano un bicchiere pieno, che è un problema a capodanno!
Decido di fare dieci belle sedute di fibrolisi e mesi di rieducazione… (che si riveleranno 9)
Ricordo ancora la scommessa tra i fisioterapisti “tanto più di un quarto d’ora di fibrolisi non si può fare o sviene” …e lei “scommettiamo”. Scommessa vinta… un ora e un quarto senza pausa… tanto il braccio è il mio, che glie frega a lei del male.
Mi viene in mente mio padre quando mi disinfettava da piccolo; guardava mia sorella “tu senti niente? io non sento male”. L’unica cosa che mi viene detta dalla fisioterapista é “se vuoi piangi e urla, non imbrazzarti è normale”.
Questa l’ho già sentita; non piango, non urlo, non emetto nemmeno un lamento: non sono Rambo, è questo il mio modo di allontanare il dolore. Respiro, porto la mia mente lontano, rilasso il corpo, accetto la sofferenza, non mi faccio mordere da essa. Anche se preferirei una bella birra fresca…
“Un ora e un quarto… un record”… sarà pure fia bella, basta che mi guarisci.
Stop alle scalate eppure… nessuno stop. Smetto di arrampicare, ma non di esplorare e fruire della natura.
Viaggio in Marocco, scalando con un braccio solo sulle pareti (e l’altro per mettere i friends). Immersioni, una dopo l’altra, sotto il ghiaccio, di notte, profonde, didattiche… e via… Corsa in montagna, 900 metri andata e ritorno con zaino in 90 minuti, allenamento a secco, slack line, marcia, invernali, neve… E poi via in Islanda, Groenlandia… a gettar basi per spedizioni, a conoscere.
Poi finalmente si ricomincia sulla roccia… a metà settembre 2016, dai gradi elementari, con la spalla che per compensazione è molto infiammata (ha dovuto lavorare anche per il braccio, al suo posto).
40 giorni… 40 giorni e cinque o sei uscite sulla roccia. E finalmente torno sul 7 in libera al secondo giro… il vecchio ottavo grado.
Niente di che… ma è un buon inizio. Non devo farmi male, non devo strafare, non devo farmi male, non devo strafare. Me lo ricorderò? Vedremo. Pian piano vedrò di salire, cambiare qualche volta letter e poi numero.
Mentre progetto i nuovi viaggi e il programma Extreme, per gli amici e clienti, continuo la preparazione e scalicchio. Domenica dopo tanto andiamo ad arrampicare a Finale con alcuni amici alle prime armi e altri un po’ più avvezzi. Giovani promesse che presto si toglieranno soddisfazioni…
…e veterani come mia sorella che, anche se non arrampica da un anno, ha visto tante di quelle montagne che è come se non avesse mai smesso.
Che posto strano che è la mia vita: se fosse un treno… proprio non vorrei scendere. Ma ora basta blog, torno al lavoro. Giorno d’Ognisanti: l’ho usato per impostare un libro; cartina master (il modello), capitolo principale (l’archetipo), indice e struttura. Sarà meglio tornare al lavoro.
Lottare qui o l’ottavo lì… sempre di sogni materializzati si parla: buona Avventura friends!
Christian Roccati
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