MENU

10 Novembre 2016

Ambiente e Territorio · Abruzzo · Appennini · Aree Montane · Italia · Umbria

TERREMOTI A CONFRONTO. Contributo di Anna Rizzo

Frattura (AQ). Foto: Mercurio Antonio

Frattura (AQ). Foto: Mercurio Antonio

TERREMOTI A CONFRONTO: FRATTURA DI SCANNO (ABRUZZO) – CASTELLUCCIO DI NORCIA (UMBRIA).

La Valle del Sagittario, in Abruzzo, è un poderoso blocco calcareo che raggiunge vette notevoli e che si muove tra i corsi del Velino e del Sangro. La costruzione del paesaggio abruzzese, in determinate zone dell’Appennino risente di una visione storica, geografica e stratigrafica che porta i segni dei terremoti.

Il Lago di Scanno, generato in epoca storica per il distacco di una porzione del Monte Genzana, crea il lago a 930 metri di altitudine. In prossimità del deposito della frana nasce un insediamento che prende il nome di Frattura di Scanno (1260 m). Le popolazioni hanno assegnato significati diversi ai paesaggi del passato, risentendo della sismicità del territorio e determinando una risposta sociale che gli ha permesso di resistere alle criticità, assegnando all’ecologia della montagna un quadro di valori storicamente sedimentato.

Castelluccio di Norcia (PG). Foto: Claudio Mammucari

Castelluccio di Norcia (PG). Foto: Claudio Mammucari

Castelluccio di Norcia (PG), 1.452 metri s.l.m.,  nel cuore dei Monti Sibillini, mi ha fatto pensare a Frattura (AQ). Prima ho ascoltato i tg e i resoconti degli inviati, poi ho cercato le immagini di come si presentava il paese prima, e ho capito che stavano parlando della sorella gemella di Frattura. Un secolo fa, un terremoto di magnitudo 7, conosciuto come il terremoto della Marsica fa 30.000 vittime in 30 secondi. Atterra decine e decine di centri abitati, e segna uno spartiacque cronologico tra un prima e dopo. In questi anni, sottotraccia e per necessità, a Frattura, la dimensione realistica del terremoto si dissolve e si fissa nella maggior parte delle azioni degli abitanti. Come un suono fossile che lega la montagna, la sua storia e i suoi terremoti. Un paese disciplinato dalle scosse, dalle tragedie e da una sequenza di sconvolgimenti che il Novecento le ha consegnato.

Frattura (AQ). Foto: Mercurio Antonio

Frattura (AQ). Foto: Mercurio Antonio

Distrutta definitivamente dal terremoto, rimane prima isolata, la neve ricopre ogni cosa e solo dopo che si riesce a liberare la carreggiata dai crolli e dalla neve, cominciano ad arrivare i primi aiuti. Il terremoto ha lasciato sotto le macerie 162 vittime, per lo più donne, bambini e vecchi. Le auscultazioni notturne nella speranza di estrarre vive le persone continuano per giorni. Il riconoscimento avviene nella piazza principale di Frattura, l’aia. Si lascia il paese, ma solo di notte.
Perché rimarranno come a Castelluccio di Norcia, chi ha gli animali, il bestiame, che è la base economica su cui fare affidamento.

A poche centinaia di metri si crea il primo insediamento, proprio sotto il paese. In località l’Aruccia, dove oggi ci sono gli orti furono costruite le baracche. La richiesta di non andare via da Frattura è chiara e comprensibile. “Fu molto dura ricominciare da zero, il terremoto e gli “sciacalli” ci avevano privato di tutto”– ricorda Maria Silvia di Felice in una delle testimonianze raccolta dal Comitato Feste S. Nicola di Bari di Frattura.

Frattura (AQ). Foto: Mercurio Antonio

Frattura (AQ). Foto: Mercurio Antonio

Le richieste degli abitanti di Castelluccio hanno lo stesso eco, in contrasto con i ritmi della modernità, rispetto a quelle vissute da Rolando Martorella un secolo prima: “Per accudire gli animali, la maggior parte dei quali era sopravvissuta al sisma, dovevamo andare quattro volte al giorno a Frattura vecchia, con qualsiasi tempo. Le stalle infatti si trovavano fuori dal centro abitato e non erano crollate. In paese erano rimaste anche una trentina di famiglie le cui case non avevano subìto gravi danni”.

Il terremoto fissa un linguaggio, quando sento dire “non c’è più niente da salvare”, penso a tutti i chilometri percorsi dai fratturesi per tornare a “casa” e a tutte le scosse che da soli hanno sentito gli allevatori di Castelluccio che sono rimasti con il bestiame. L’insopportabile violenza di ciò che si vede e lo shock di una realtà opprimente non riescono a mettere una distanza tra i giorni più belli e la fine che li guarda.

Castelluccio di Norcia dopo il sisma di ottobre 2016. Foto: Vigili del Fuoco. Fonte: Francesco Montani/facebook

Castelluccio di Norcia dopo il sisma di ottobre 2016. Foto: Vigili del Fuoco. Fonte: Francesco Montani/facebook

Ci siamo interrogati su come la gente abbia risolto gli stessi problemi nel passato e se sia possibile ricominciare dalla ferita. Non è sempre vero che ci sia un interesse nel conservare una propria identità e molto più spesso lo si fa in nome dei nonni e contro un senso di frammentarietà che ti polverizza.

Anna Rizzo