Marco Confortola, il celebre alpinista delle alte quote, guida alpina, maestro di sci, tecnico di elisoccorso, formatore e EducaAllenatore per il progetto “Allenarsi per il Futuro” , non ha certo bisogno di presentazioni…
…ma ha voglia di esprimersi e in un recente articolo, ha marcato le sue critiche relative alla difficile situazione dei rifugi, in particolar modo in Lombardia, oggetto di recenti problematiche.
Per approfondire la questione abbiamo dato spazio alla sua voce e a quelle che vogliano chiarire la questione, certamente delicata e su cui porre attenzione.
In una recente intervista di Daniela Gurini hai parlato delle varie incomprensioni che sono nate tra Cai Milano e i Rifugisti Lombardi
Puoi spiegarmi meglio questa problematica?
Recentemente sono nate delle incomprensioni con i rifugisti in Lombardia. Chi sono i custodi della montagna? Semplice: i rifugisti e insieme a loro anche le guide alpine, gli agricoltori malgari, le persone che costruiscono l’anima delle vallate. Quando l’acqua gela, i viveri mancano o una struttura prende fuoco, quando accade uno qualsiasi dei tanti problemi possibili, all’ordine del giorno in montagna, nessuno porge un vero aiuto! I custodi delle vallate affrontano ogni problema e quando riescono a fare un buon lavoro la montagna non si spopola. Se nevica o ci sono problematiche nelle regioni alpine, l’agricoltore deve venir aiutato in modo che egli possa stare in quota nonostante la durissima vita. Lo stesso deve verificarsi per i rifugi alpini.
Il CAI Milano sta cercando di “alzare la voce” sui contratti, ma prima di proseguire in quest’opera deve tener conto delle difficoltà che affrontano gli esercizi. Si pensi alla quantià di ore che lavora il rifugista e delle enormi difficoltà relative. Si parla tanto di turismo… di diffusione della cultura alpina… si parla di tante cose, ma questo fenomeno è contro il turismo.
Hai nominato il CAI Milano: e se a loro volta avessero difficoltà economiche?
E’ comprensibile e la questione è molto delicata. Il CAI storicamente ha fatto moltissimo per la montagna, ma è assolutamente necessario comprendere che variando le condizioni di affitto, senza comprendere le difficoltà dei rifugisti, si ottiene l’abbandono delle strutture; è inevitabile, così il meccanismo s’inceppa… e non può essere un “luogo da tagliare”. Non si può non vedere.
Perché ti è tanto cara questa battaglia?
Credo molto in questo: nella montagna. AssorifugiLombardia è un’associazione senza scopo di lucro costituitasi nel 1999 con finalità di promozione e qualificazione tecnico-professionale dei gestori delle strutture alpine, tutela del patrimonio umano, storico, culturale e ambientale del rifugio con la sua rilevante funzione collettiva. Sono stato scelto come testimonial e lo faccio gratuitamente. Cerco di aiutare e uso la mia persona, le mie Imprese himalaiane, la mia immagine, per trasmettere il nocciolo della questione: il punto base di tutto è capire che il rifugista è il custode della montagna. Spesso la gente pensa che questi professionisti “guadagnino un pacco di soldi”, ma in realtà non è così. I rifugisti non badano a quante ore lavorano nelle più grandi difficoltà, lavorano con passione e dedizione e dedicano la loro vita a questo mestiere.
Si pensi alle più piccole cose: anche solo il repermento dell’acqua, per esempio. Al rifugio Casati, sotto il Cevedale, è necessario pompare l’acqua e portarla da 2800 a 3269 metri d’altezza! E quando gela? Quando scoppiano i tubi? Si pensi al rifugio Mantova (al monte Vioz) al confine tra le province, a 3500 metri di quota… quest’estate hanno portato l’acqua con l’elicottero, perché non c’era altra possibilità. Al Rifugio V Alpini per effetto del surriscaldamento è sparito il lago dove veniva captata l’acqua e, per risolvere il problema, è stato realizzato un nuovo acquedotto appeso alla parete rocciosa! Ricordo i rifornimenti e le difficoltà del rifugio Marco e Rosa al pizzo Bernina e tanti altri con mille problematiche: questi rifugi vanno aiutati e la gente deve capire la difficoltà che vengono affrontate e i relativi costi.
Per immaginare il cuore della questione: quando lì è brutto, è brutto sul serio… Lo ripeto si parla di turismo, turismo, turismo, ma nessuno riesce a capire cosa succede davvero.
Cosa vorresti che accadesse?
Tutti i rifugisti vanno aiutati, tutti i rifugisti fanno tanta fatica: a me piacerebbe portare le persone che criticano e pontificano sui guadagni dei vari rifugi e lasciarli una settimana lì a lavorare, magari anche con un po’ di bufera, perché comprendano cosa vuol dire fare il rifugista e che impegno serve. Il CAI all’inizio del ‘900 ha aiutato i montanari a costuiire i rifugi, è stata una cosa buona, ma il tempo va avanti ed è necessario investire. Se crolla questo, crolla tutto. Ciò che io penso è che è importante che ci si aiuti a vicenda; è necessario capire quanto sia dura, dividersi il carico, e così, insieme in cordata, possiamo fare davvero molto.
Proprio come salire un ottomila, serve un lavoro di squadra, tanta passione e voglia di lavorare per raggiungere l’obbiettivo comune: dare servizio e qualità al cliente per far sì che apprezzi e ami la Montagna.
Christian Roccati
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