Un altro appuntamento, un altro passo, ancora ingranaggi, persone conosciute che diventano storie ed esperienza.
Mani piene di strette; qualcuna punta al cuore e altre si sciolgono come sguardi che non finiscono in alcun luogo.
Non come neve; la neve fonde e non scioglie, al contrario di ciò che si dice.
Se ne dicono tante di parole; la neve cambia stato, come fanno molti.
Albenga; la sala si riempie una vita alla volta, ognuna con la propria novella.
Si tratta sempre di storie, di tanti generi, di tanti cuori.
Racconto di scalate e camminate, di canyon e di immersioni sotto il ghiaccio.
Parlo di paesi che ho visto, di roccia e di fuoco, di sguardi di lupi, megattere, narvali, volpi e delfini…
La narrazione è solo un dialogo asincrono. Ora parlo io, per un’oretta, e le mie parole tolgono un tappo. Ogni astante si sente libero di sognare e potrò poi ascoltare per qualche ora ricordi e pensieri da parte di chiunque vorrà fermarsi.
La notte è ancora lunga e torno a casa… e lavoro, lavoro a lungo, resto chiuso per tanto tempo tra quattro mura che sanno di aria e di piombo. I miei amici mi spediscono fotografie di magnifiche giornate…
…ma procedo, di compito in compito. Respiro progetti, alle volte li indosso persino.
…e finalmente sono libero di allenarmi ancora, per guadagnare un altro mattoncino, un altro granello da posizionare su un sentiero, ben attento che non cada in quegl’ingranaggi.
Il corpo non risponde com’era normale. Troppi mesi passati a dormire al massimo 3 ore, come sempre, come ogni settimana di ogni anno. Il corpo non è contento, ma un po’ imbronciato prova lo stesso a muoversi, giusto si stiracchia.
Nella testa mi frullano tutti i racconti che ho ascoltato e che sono rimasti compressi dentro di me; tutti i brani che ho vissuto, quelli che sono diventati carta e quelli che si sono invece trasfomati in cicatrice.
Sono storie di vita e di morte, di integrazione e di gioia, di respiro e di non respiro, di interessi o di sogni.
Oppure… storie.
Christian Roccati
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