“Maccaia“.
Un ligure associa questa parola alla sensazione di umido e freddo connaturata da un tempo spento, senza colori vividi, in cui nemmeno la nebbia è decisa abbastanza da sollevarsi a tale rango, rimanendo solo fastidiosa foschia.
Maccaia è una parola umana e in quanto “parola”, forse essa non esiste…. è un concetto e non può materializzarsi. Non si può pensare davvero che esista la “maccaia” quando si osserva il giorno; come se quel ciclo di luce e tenebra fosse destinato a una condizione depressa.
Esistono la luce e l’ombra, la pioggia e il vento: non esiste la tristezza, è tutto nella mente degli uomini.
La mente trasforma i segnali elettrici, trasduce semplici impulsi in emozioni elaborate. La mente stessa non esiste. Abbiamo un cervello e un sistema nervoso; esistiamo e descriviamo mediante concetti astratti degli elementi che ci dipingono e che noi stessi abbiamo inventato. Siamo autoritratto di un nulla, creato dal nulla.
Non nego il vento e il freddo, ma affronto la tristezza; oggi voglio vivere ed essere felice. Oggi arrampico con Ernesto ed Elena, il mio compagno fraterno e la mia compagna. Saliamo a forbice su un primo tiro di corda, su scisti verdi, una roccia fatta da milioni di piccoli granelli, caratterizzata come il cielo stellato, come la trapunta delle nostre emozioni.
Scalo la prima lunghezza e li aspetto su un terrazzino sospeso e spiovente. Riparto con una bella sorpresa: non c’è il chiodo sucessivo, perché qualche furbone ha pensato bene di arricchirsi di un pezzo di metallo che poco significa nelle sue tasche, ma che qui conta molto.
Vado avanti lo stesso, passo la corda e scopro che ne manca un altro. Mi fermo sotto un piccolo muretto strapiombante: Ernesto mi chiede se non voglia tornare indietro e trovare una soluzione… Penso…
…poi avanzo lo stesso. Voglio esser felice oggi, ho detto… ho pensato.. quindi avanzo.
Un po’ di metri più in alto la chiodatura ricomincia e di tiro in tiro saliamo la piccola montagna. In un tratto facile Ernesto scherza sulla chiodatura dato che salto qualche protezione perché la corda scorra più agevolmente senza limitarmi. Ridiamo e così arrivo direttamente in sosta, senza mettere nemmeno un rinvio, poi proseguo sul tiro dopo e raggiungo la vetta.
Giunti in cima facciamo un po’ di esercitazione e infine ci caliamo in doppia.
Dalla base ripartiamo; ancora una via. La roccia chiama e noi rispondiamo liberi, passando da una linea all’altra con traversi e diagonali. La piccola cuspide è tutta nostra. Arrivo a una nuova sosta e la trovo non sicura, potrebbe saltare in ogni momento. Ne creo una nuova con il materiale che ho e faccio salire i miei compagni, poi proseguiamo.
Arrivo su uno spigolo traforato: la parete è letteralmente bucata da un lato all’altro: creo un’altra sosta e mi fermo in questo magico punto. Richiamo gli altri e li aspetto, poi proseguiamo di nuovo fino in cima.
La vista è magnifica: montagne da un lato, mare dall’altro. Infinito.
I ricordi sono dappertutto, le possibilità per il futuro anche…
Ascoltiamo la musica di Gea, madre natura, e poi torniamo a valle. Ci aspetta una bella merenda nella locanda del villaggio. Racconti e pensieri.
Mi guardo intorno e sorrido nuovamente. Sento l’aria, percepisco il vento, ascolto l’ondeggiare del bosco, odoro la lontana risacca. Maccaia? Esiste ciò che si vuole vivere, niente di più.
Volevo essere felice… è una bella giornata.
Christian Roccati
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