Videogiochi e montagna: un rapporto che va oltre la semplice ambientazione e può divenire un linguaggio per raccontare storie al pari del cinema. Ne abbiamo parlato con Andrea Dresseno, Project Manager di IVIPRO.
Abbiamo già parlato del rapporto fra videogiochi e montagna in occasione del lancio di Steep (qui il post) o di prodotti come Everest VR (qui il link) che utilizzano la realtà virtuale per simulare l’emozione di una scalata sull’Everest. In occasione del 65. Trento Film Festival e dell’Industry Day promosso dalla Trentino Film Commission, abbiamo avuto l’opportunità di parlare di questo tema con un esperto: Andrea Dresseno, Project Manager di IVIPRO (Italian Videogame Program) e grande studioso del medium videoludico.
Andrea, montagne e videogiochi: un rapporto che ormai conosciamo grazie a spazi virtuali ambientati in montagna, però tu ci dimostri che si può anche andare oltre alla sola dimensione visiva…
Si, la cosa interessante è che parlare di videogiochi di montagna è ancora una dimensione strana. Se esiste un cinema di montagna già ormai codificato, non esiste una vera e propria categoria per i videogiochi di montagna, eppure ne esistono già molti che esplorano lo spazio in base al proprio genere di appartenenza. Si va dai classici giochi sportivi agli sparatutto o ai walking simulator, quelli che puntano sull’esplorazione e sulla narrazione. Quando il videogioco diventa un medium che fa dell’esplorazione il suo punto distintivo (se ci pensi, come strumento, rispetto a un libro e a un film, il videogioco permette di avere un rapporto ben diverso con lo spazio), i videogiochi di montagna possono avere anche un valore aggiunto: la montagna può essere esplorata e raccontata.
Poterla esplorare anche in mondi virtuali libera poi una potenzialità ulteriore del medium: al pari del cinema, anche il videogioco è uno strumento per esplorare lo spazio e per raccontare storie. Lo dimostrano prodotti di varia natura, come Battlefield 1 che è uno sparatutto ma parla del tema della Grande Guerra, Steep che parla di montagne in un contesto sportivo, Anna che parla del folklore in Valle d’Aosta; ecco, la montagna può diventare scenario, a volte sfondo, a volte protagonista o terreno naturale di storie emozionanti e per nulla banali.
Anche perché siamo stati abituati intendere la montagna nei videogiochi quasi come un luogo metafisico. Pensiamo a Skyrim, ad esempio. Eppure, in Steep scopriamo ed esploriamo montagne vere: il Cervino, il Monte Bianco, l’Ortles…
Quello è interessante infatti. Può rappresentare fiction o rappresentare spazi veri, concreti, piegati in parte alle esigenze del videogioco, che non vuol dire sfruttati ma anche valorizzati. Questa è l’idea di cui mi occupo. Se il cinema racconta il territorio e quindi lo promuove, perché il videogioco non può fare altrettanto in modo sistematico e le istituzioni stesse non possono accorgersi che anche il videogioco può essere utilizzato in tal senso? Perché appunto spesso si parla del gioco come strumento commerciale, poco utilizzato anche nel pubblico come strumento di diffusione. Invece potrebbe essere utilizzato e, come progetto, IVIPRO vuole sia fornire uno strumento di conoscenza del territorio agli sviluppatori ma anche sensibilizzare le istituzioni sul potenziale videoludico dei luoghi che tutelano, che è incredibile.
La realtà virtuale in questo quanto è importante e quanto può essere una prospettiva nel raccontare la montagna?
Può essere una prospettiva ma va capito l’impatto economico che questa tecnologia può avere, anche perché non si è ancora capito quanto reggerà sul lungo periodo. C’è un interesse anche grazie al lancio del visore di Playstation e i numeri sono aumentati ma ancora non si capisce quanto la VR arriverà ad incidere sul mercato videoludico. Potrebbe addirittura essere uno strumento non propriamente ludico: personalmente credo che le modalità di applicazione della realtà virtuale non siano strettamente da ricercare nei videogiochi ma possano essere prodotti per che permettano l’esplorazione o anche prodotti turistici che permettano di conoscere i luoghi prima vi esplorarli dal vivo. Quindi, sicuramente un’opportunità che permetterà di essere immersi ancor di più nel contesto, va capito però quanto in futuro il pubblico sarà disponibile a utilizzare caschetto o a fare investimenti di denaro notevoli. È sicuramente interessante e l’effetto “wow” c’è, ma temo sia ancora troppo presto per poter fare previsioni accurate.
Intervista di Andrea Bonetti