L’atleta, reduce dalla Yukonic Artic Ultra, è ora ricoverato ad Aosta con piedi e mani congelate, rischia amputazioni
Dopo 17 ore trascorse anche a -50 gradi, scalzo e senza guanti, Roberto Zanda si è salvato dopo essersi “attaccato agli affetti e alla fede”. L’iroman cagliaritano, reduce dalla Yukon Artic Ultra, l’ultramaratona canadese in cui ha rischiato di morire, racconta dal letto dell’ospedale Umberto Parini di Aosta la sua odissea tra le nevi al confine con l’Alaska.
“Noi sardi siamo caparbi e molto tosti”, spiega con fierezza all’Ansa. “E’ stata la determinazione come persone sarda a farmi arrivare al traguardo della vita – aggiunge Zanda – la determinazione di rappresentare un popolo e anche l’attaccamento alla vita, c’e’ stato un momento in cui mi sono lasciato andare e poi ho deciso di rialzarmi da quel tepore che mi stava avvolgendo e di andare, scalzo, a cercare i soccorsi”.
Zanda, atterrato oggi a Torino all’areoporto di Caselle dal Canada e trasportato immediatamente ad Aosta, ha riportato un gravissimo congelamento di quarto grado di mani e piedi e ora i sanitari del reparto di chirurgia vascolare e dell’ambulatorio di medicina di montagna, centro di eccellenza a livello internazionale per queste patologie, stanno cercando di salvargli gli arti.
Qualche giorno fa, Zanda ha così commentato: “Onestamente devo dire che non sono preoccupato, ho tanta roba da fare e non sono uno che aspetta di solito. Se devono amputare che si faccia, non saranno quattro protesi il problema….. Purtroppo dopo 300 km è accaduto questo fatto, segnaletica o no, allucinazioni o no, ipotermia o no, spot o no spot, capanno o no, morale sono vivo e vegeto e spero di trovare due bei piedi che mi permettano di continuare a fare questa bella vita fatta di sport e resilienza.”