Txikon: “siamo stati molto fortunati e sempre lucidi”
Domenica 3 marzo, siamo partiti per il Nanga Parbat dal CB de K2. Nel primo elicottero, sono saliti Felix (Criado) e Ignacio (de Zuloaga), e nel secondo, Josep (Sanchis) ed io. Abbiamo con noi più di 50 kg di materiali per svolgere le operazioni di ricerca, tra cui, obiettivi, telecamere, droni e materiale per allestire i campi al Nanga
Le condizioni meteo tra il Concordia e Goro 1 non sono buone, non c’è molta visibilità cosa essenziale per raggiungere l’eliporto.
Una volta a Skardu, abbiamo analizzato la situazione con la quinta unità Fearless5 e siamo andati a Juglot; dopo i rifornimenti siamo partiti per la valle del Diamir in condizioni meteo difficili.
Abbiamo attraversato la zona del Diamir e da lì siamo giunti a Ser. Non abbiamo avuto grandi problemi, ma, ad un certo punto tra Ser e Kackal la fitta nebbia non ci ha permesso di atterrare.
A causa delle condizioni meteo difficili non siamo riusciti a raggiungere il nostro obiettivo e siamo rientrati. Tutti i nostri pensieri sono andati alla via sullo Sperone Mummery. Il 4 marzo alle 9:30 di mattina, ci hanno riferito che potevamo metterci in volo velocemente verso la zona e in mezz’ora eravamo già sull’elicottero, sulla via verso il campo inferiore.
Sembrava che il tempo fosse buono e da Raikoto siamo riusciti a sorvolare il Ganalo Peak per entrare nel pendio del Diamir. Ho un brivido a ritornare al Nanga Parbat 8126 m, di fronte a tanta bellezza. Abbiamo volato tra i 5800 e 5400 metri, tra la via Messner fino alla Kinshofer.
Al primo campo, a 4850 metri, sotto il Mummery è stato costruito un eliporto, Ali, Imtiyaz e Dilawar ci stavano aspettando. Lanciamo i materiali dall’elicottero per facilitare il volo dell’elicottero e al CB viene sbarcata la prima squadra composta da Felix e Ignacio . Rimango solo sull’elicottero e in 30 minuti esploro tutto lo Sperone Mummery da 7.000 a 5.500 metri: è noto per essere molto pericoloso; il Nanga Parbat è una delle montagne più grandi del mondo e la parete Diamir sorge a più di 4.000 metri sopra il campo base.
Dopo aver sorvolato sopra la parete per 12 volte, le condizioni del tempo si sono deteriorate e la situazione si è complicata, quindi siamo atterrati a Campo 1 con una manovra molto delicata. Tra me e Alì Sadpara c’è stato un grande abbraccio; Ignacio, mentre Felix e Josep iniziano la loro salita dal CB al Campo 1.
Ali Sadpara, Dilawar ed io non perdiamo tempo e usciamo ed entriamo sulle prime rampe di ghiaccio che danno accesso allo Sperone Mummery, mentre Imtiyaz aspetta gli altri membri del team a C1. Iniziamo a scalare con tanta determinazione. Raggiungiamo il Campo 2 fino a 5.600 metri completamente coperto di neve, probabilmente distrutto da una valanga. Andiamo avanti perché l’ultimo contatto con Daniele e Tom era stato al 4° campo.
Siamo arrivati in un posto abbastanza sicuro e abbiamo lanciato il drone per fare una perlustrazione da 500 metri di altezza, senza successo. Una prima valanga ci avvisa.. Siamo stati molto fortunati e abbiamo avuto sangue freddo. L’alpinismo invernale richiede una grande consapevolezza dei rischi: per parlare di alpinismo invernale devi conoscerlo; bisogna vivere queste situazioni per comprenderle.
Lavoriamo in velocità per ridurre i rischi, portiamo con noi pochissimo peso e non mettiamo corde fisse. Il rischio è grande ma se fossimo al loro posto vorrei che qualcuno facesse lo stesso per noi, .. quindi andiamo avanti..
Ritorniamo a Campo 2 e scopriamo la tenda di Daniele e Tom sotto un circa un metro di neve; è completamente distrutta. Abbiamo trovato le loro cose, uno zaino e i loro materiali e li portatiamo a Campo 1, dove ci siamo incontrati con gli altri compagni arrivati dal CB. Mentre Ali, Imtiyaz e Dilawar scendono al campo base, Ignacio, Felix, Josep e io decidiamo di rimanere per la notte a C1.
Martedì, 5 marzo, sono i tre pakistani risalgono a C1. Questa volta, partiamo per campo 3 Imtiyaz, Dilawar ed io; il resto del team rimane a campo 1, ad esaminare lo Sperone con potenti teleobiettivi, telescopio e binocolo.
Vicino al campo 3 facciamo volare il drone per analizzare la zona e osservando con i binocoli per più di un’ora. Il Nanga Parbat non ha vie di mezzo: al sole ti bruci e all’ombra fa troppo freddo.
Continuare a salire è un rischio enorme a causa delle valanghe. Il sole è troppo caldo e la stabilità delle gigantesche masse di ghiaccio che pendono sopra dei 7.000 metri è precaria. Tuttavia, con molto sangue freddo, siamo ritornati sulla via e siamo andati avanti. Ad un certo punto, abbiamo deciso di scendere. Scendiamo al campo 1, smontiamo tutto e decidiamo di scendere verso il campo base. Ci sono i nostri vecchi amici Attaullah (guida di Daniele e Tom), Latif e Ikramat Jan (polizia e sicurezza della spedizione), tra gli altri.
Il 6 marzo, Ali, Imtiyaz, Dilawar ed io ci siamo messi in marcia verso il campo 2 della Kinshofer. Siamo partiti alle 6:00 e è stato difficile per il livello di neve arrivare ai 6.200 al campo. La temperatura era di -20 gradi. In un’ora e mezza arriviamo a C1. C’era tanta neve e avevamo paura. Scendiamo al CB e attendiamo istruzioni da parte dei familiari di Daniele.
In quello stesso giorno iniziano a smantellare il campo base e noi attendiamo istruzioni.
Siamo rimasti in attesa dell’elicottero decollato 3 volte, ma mai arrivato. Passiamo la notte come possiamo, perchè qualcuno di noi non si è portato il sacco a pelo per ridurre il peso sull’elicottero.
7 marzo: non siamo esperti di stufe a cherosene, mentre alcuni dormono, altri per poco non si bruciano. Aspettiamo ancora l’elicottero, il tempo è buono ma ci comunicano che è decollato 2 o 3 volte ma non arriva. Verso le 15.00 abbiamo deciso di metterci in viaggio verso Ser, visto che in tutta la giornata ognuno di noi ha mangiato solo un tè e 2 BISCOTTI. Scendiamo con molto peso tra la neve profonda. Finalmente, siamo arrivati a Ser e passiamo la notte alla scuola di Gunther Messner.
8° giorno, grazie all’ospitalità e alla generosità delle sole sei famiglie che abitano il villaggio, mangiamo. Prima abbiamo costruito l’eliporto, ma l’elicottero non arriva e con la squadra abbiamo deciso di proseguire la marcia verso Diamoroi; abbiamo un sacco di peso, il che rende i molto difficile procedere. Comunque andiamo a tutto gas. Il viaggio da Diamoroi a Bunardas è avvenuto in una notte piena di stelle.
Giorno 9. Ci troviamo sulla via per Skardu. Ci vorranno da 8 a 10 ore circa, o giù di lì. E parliamo alle famiglie che rendono pubbliche le notizie.
Questo è stato parte di quello che è successo in questi ultimi lunghi giorni, giorni carichi di emozione. Presto daremo maggiori informazioni. Se non abbiamo dato più informazioni la scorsa settimana è stato per il nostro impegno e per rispetto delle famiglie di Daniele e Tom con le quali ci siamo impegnati affinché ogni informazione in questo periodo venisse sempre fornita dal loro team di comunicazione. Grazie mille per la vostra comprensione e per il supporto ricevuto.”
Alex Txikon