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24 Settembre 2019

Canyoning: il torrente più difficile al mondo! Andrea Forni risponde all’intervista di Roccati

Cari amici, anche oggi ci dedichiamo a un altro tema avventuroso, qualcosa che amo particolarmente e che mi ha sempre stimolato… il canyoning o torrentismo. Per i non addetti ai lavori, ogni volta usiamo più o meno la stessa definizione che si può extra sintetizzare con “una disciplina che consta nella discesa a piedi di strette gole percorse da torrenti, con l’ausilio di corde”. Sono semplicemente innamorato del torrentismo: è la disciplina che davvero mi fa staccare quando tutto il mondo gira storto. Ti porta nel vero cuore acquatico delle montagne!

Oggi vorrei parlare con l’amico Andrea Forni, milanese classe ’78, residente ad Airuno in provincia di Lecco, istruttore di torrentismo del SNS Club Alpino Italiano, presidente Otto (Organo Tecnico Territoriale Operativo Cai), e fondatore e presidente del Vertical Water Canyoning Team.

Andrea non è solo un grande appassionato ed esperto …ha dalla sua un animo esploratore e lo dimostra uno degli argomenti di cui andremo a parlare …per esempio il più difficile canyong al mondo.

 

Da quando vai in montagna?
25 anni, ho iniziato arrampicano, per poi passare alla speleologia e per giungere infine alla mia grande passione il Torrentismo, faccio ache pack raft e ferrate.

Come e quando hai iniziato a fare torrentismo?
Era il 2000 quando con una guida in Valle D’Aosta ho sceso il mio canyon il Chalamy e mi sono innamorato di questo sport, prima da autodidatta e poi seguendo diversi corsi specifici

Quanti torrenti hai percorso? Hai fatto anche esplorazione?
Ho sceso oltre 1500 percorsi torrentistici comprese le ripetizioni, più di 700 differenti in 4 continenti.
Ho fatto diverse esplorazioni in Italia, Svizzera, Islanda, Nepal, Guatemala.

Che cos’è il progetto Chamje Khola? Si parla del torrente più difficile al mondo? Perché?
Il progetto Chamje Kola è nato nel 2007 all’interno di un progetto esplorativo, da parte di un gruppo di speleologi e torrentisti francesi, della zona est dell’Anapurna trail, per la successiva organizzazione di un raduno internazionale che poi vi è stato nel 2011; durante questa campagna sono stati esplorati una quindicina di percorsi che poi sono stati ripetuti durante il meeting. Quando è arrivato il turno del Chamje Khola inizialmente non si poteva intuire cosa si sarebbe trovato e cosa si sarebbe dovuto affrontare per conquistare questa profonda gola. Partirono una serie di spedizioni: una nel 2009 e l’altra nel 2011 da parte di questo team che sondarono parte di questo maestoso canyon.

Perché il più difficile? Perché in numeri sono tutti molto grandi: 2200 metri di dislivello in 9 km di canyon in un ambiente selvaggio e inaccessibile e dal quale è impossibile uscire ; 140 dislivelli attrezzati, una portata d’acqua molto elevata, temperature molto basse, partenza a 3500 metri slm , completa assenza di un sistema di soccorso e recupero in caso di necessità! Per una discesa durata 8 giorni. Poi noi abbiamo dovuto affrontare anche condizioni meteorologiche e climatiche eccezionali per quel periodo che hanno reso la discesa ancora più complicata e dura rendendola veramente estrema.
Non è detto che in futuro non possa essere sceso un canyon ancora più impegnativo, non tutti i canyon sono ancora stati esplorati soprattutto quelli in zone poco accessibili, quindi non si mai, per ora però il Chamje Khola è di certo il canyon più impegnativo al mondo.

Com’è nata l’idea e quando?
Nel 2011 io mi reco in Nepal al Ric, raduno internazionale di canyoning, e vengo a conoscenza di questo impegnativo percorso e nasce in me l’idea di affrontare e completare l’esplorazione questo mostro! Rimane tutto in stand by fino al 2017 quando mi dico è ora di organizzare la spedizione, vengo a conoscenza di un altro team russo che intenzionato ad affrontare l’impresa, contatto il capo spedizione e decidiamo di unire le forze e nel 2018 partiamo per questa grande avventura. Purtroppo vari problemi all’interno della squadra portano al fallimento dell’impresa.

Com’è stata condotta l’esplorazione?
Tornato a casa con tanta voglia di rivalsa coinvolgo altri 9 pazzi italiani in questa grande cavalcata nel marzo 2019 partiamo alla volta del nepal e dopo 8 giorni di grandi fatiche portiamo a termine la prima discesa integrale di questo immenso percorso.
La spedizione è stata preparata in 12 mesi di duro lavoro da parte di tutti i componenti del team, a cui va aggiunta l’esperienza della spedizione 2018 che ha permesso di corregge molti errori e quindi di non ripeterli. Uno studio metodico dei materiali da utilizzare, in primis, ha portato alla progettazione e realizzazione di un nuovo tipo di ancoraggio, un nuovo modello di zaino da spedizione, e un grande studio di tutte le componenti logistiche ha portato ad avere tutto il necessario per 8 giorni in competa autonomia in un solo zaino da 23 kg. Il team eterogeneo, composto da 8 uomini e una donna, molti dei quali istruttori di torrentismo del Club Alpino italiano, oltre a guide canyon e a tecnici del soccorso alpino italiano, ha duramente faticato e combattuto con condizioni idro climatiche avverse per tutto il tempo incontrando neve, ghiaccio, grandine e infine pioggia oltre a una portata d’acqua molto sopra alla media stagionale che ha complicato notevolmente la progressione.
Difficile riassumere una discesa del genere , l’impegno e le sensazioni in poche righe, sicuramente un grande risultato tutto italiano da li lo slogan ” the Italian Job”

Un tempo si diceva che fosse il Trou de Fer a a la Reunion la forra più difficile al mondo: quali differenze?
Sono stato 3 volte a Réunion, isola di cui mi sono innamorato, ho percorso entrambi i rami il Trou de Fer, il fatto che fosse il top dei canyon poteva essere realistico tempo fa, ma nuove frontiere nel mondo del Canyoning come : Nepal, nuova Zelanda, Taiwan hanno rivoluzionato la scala di valori del torrentismo contemporaneo, nuove frontiere affrontate con nuove tecniche e una preparazione molto differente rispetto al passato.
Le differenze essenziali tra Chamje Khola e il Trou de Fer sono essenzialmente la lunghezza, la quantità d’acqua e le basse temperature che caratterizzano il canyon di Chamje e che mancano al Trou de Fer, che rimane comunque una forra bellissima, paesaggistica, fisica e tecnica che consiglio di scendere per le grandi emozioni che sa regalare.

Dove sta andando il torrentismo e qual è il suo futuro?
Il torrentismo in passato è stato ben rappresentato dalla Associazione Italiana Canyoning che ha sviluppato le basi delle tecnica del torrentismo moderno. Ora la scuola CAI, dopo un tentennamenti iniziale, si sta affermando come punto di riferimento formativo per il torrentista italiano.
So che il futuro più plausibile sia l’unione delle forze da parte di queste due Realtà per la creazione di un unico polo formativo e divulgativo che unisca tutti i torrentisti italiani sotto una sola luce e si sa che unendo le forze si possono raggiungere grandi risultati.  

Cosa consiglieresti a un ragazzo che vuole iniziare questa pratica?
Gli consiglierei di provare l’attività tramite una guida professionale per valutare se questo sport gli può veramente piacere. Poi seguire un corso base di torrentismo presso la sezione CAI più vicina. Tramite i gruppi locali, dopo aver partecipato al corso è possibile partecipare a uscite, per acquisire la giusta esperienza, crescere tecnicamente. 

Qual è il tuo fiume del cuore?
In realtà ve ne sono molti, il Chamje Holmes è quello che ho desiderato di più e per cui ho faticato di più , ma reputo il Gorgopotamos in Grecia, una delle forre più complete che abbia percorso, non eccessivamente tecnica, ma di certo non banale, molto varia e divertente incastonata in un ambiente paesaggisticamente interessante , sicuramente il giusto modo per mettersi alla prova.

 

Vien davvero voglia di partire …aggiungo io!

Christian Roccati
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