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10 Marzo 2015

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Il calcolo

Fatto, un altro passo… fatto. Andiamo Oltre.
Smarco e proseguo, ma un momento per capire e calcolare mi serve.

2015-03-10 08.07.36

Quando sento dire che il Dente del Gigante è “facile”, avverto qualcosa di assurdo e dissacrante al contempo. Porrei le stesse persone su quella meravigliosa guglia con la tempesta, o anche solo con 10° di meno… e vediamo che accade. E poi come possono non sentire l’armonia in “quell’urlo” pietrificato?

Allo stesso modo penso a queste immersioni sotto il ghiaccio… prima di cambiare argomento, (perché sto preparando anche molte altre avventure), mentre sto montando il filmato che metterò in rete, considero cosa sia accaduto.

Prima immersione… entro in acqua e dopo 3 secondi di numero la muta stagna s’inzuppa. Non è bucata, è solo larga sul collo. Fortunatamente è di altissima qualità, sottomuta compreso, e quindi gestisco il freddo. Mi sono addestrato per farlo mediante le problematiche che volutamente ho affrontato, sia nello specifico nelle precedenti settimane, sia anno dopo anno nelle mie esplorazioni.

Scendo di quota, percorro vari metri e qualcuno s’ingarbuglia nella cordata. Lo sbrogliamo, intanto continuo a riprendere. L’assetto funziona e dopo poco la guida fa una picchiata verso il fondo. Compenso muta, orecchie, seni… ma non posso fare lo stesso con tutto. Al ritorno ho un blocco inverso: l’aria nei denti appena trattati si espande oltre il necessario. Riesco a ridiscendere e gestisco ciò che posso, ma penso che le cavità siano esplose. Riesco a riemergere. Il dolore è fortissimo.

Dopo pochi minuti, seconda immersione… mi chiedono di guidare, quindi cambio disposizione della cordata e passo in punta, voltato di spalle. Scendo, così riesco anche a gestire la decompressione mancata in bocca. Seguo la linea guida.
Il dolore si allevia leggermente. Gestisco anche il ginocchio. Oramai faccio le scale quasi di corsa, quindi basta che mantenga l’arto in asse, sia ora, sia nel trasporto di bombole, pesi e attrezzatura sulla neve, e nelle camminate sino in baita, di notte, o nelle discese, e tutto è a posto. Se sbaglio correrò gravi rischi. Porterò comunque pesi anche non miei, per aiutare amici e compagna, anche se al momento non dovrei sollevare nemmeno mezzo kg, ma mi basta stare accorto, certe attenzioni vengono prima.

Riemergo con la bocca che mi fa malissimo, ma gestita, il ginocchio senza alcun trauma ulteriore, anzi, persino migliorato. Anni di esercizi di propriocezione, coordinazione e isometria che ritornano.
Rimango a galla parecchio in modo che prima curino e aiutino la mia compagna. Mi chiedono se non abbia freddo; sorrido, se sapessero che sono da due immersioni comletamente bagnato di acqua a 2 gradi… Non ho freddo. Ci ripenso, non posso farne a meno: non sono assolutamente superman, semplicemente mi sono addestrato a dovere, anche quando i vari amici mi dicevano di non farlo e non comprendevano perché fosse importante. Non hanno vissuto in ambiente naturale, non capiscono che questi non sono casi straordinari, ma è semplicemente la natura.
Si tratta di rispetto verso la vita e verso Gea a cui ci si accosta con capo chino e determinazione.

Torno nella tana e sto venti minuti sotto l’acqua calda, passando prima per quella fredda che sento comunque temperata. Evito lo shock termico e i suoi effetti. Riprendo calore mentre il dolore lancinante in bocca, dopo un antiinfiammatorio, passa da strazio a un normale mal di denti molto acuto che non se ne andrà per almeno 48 ore.

Non riposo la notte perché scrivo a lungo; dormo 4 orette che sono già più delle solite 2-3.
Mi sveglio riposato.

Terza immersione. Entro in acqua e la muta s’inzuppa dopo circa tre secondi. Prima che cacci la testa sotto il ghiaccio, un erogatore va in continua, cioè non emette aria senza fermarsi anche se io non la aspiro. La temperatura è al di sopra dello zero fuori dall’acqua, per la prima volta, e quindi il primo stadio, “diciamo” la valvola attaccata al rubinetto da cui esce l’aria, non si congela. Cambio l’assetto e uso proprio l’erogatore problematico, per respirare. Il manometro dice che nonostante sia la terza immersione ho ancora quasi tutti i bar della bombola di scorta.

Scendiamo e intanto continuo a filmare. Gestisco tutto ciò che capita e per finire mi metto a testa in giu a camminare sul ghiaccio, da sotto la superficie, per effettuare una ripresa suggerita da Fabio, perfetta come ouverture. Capriola d’emergenza e torno dritto, poi serenamente posso riemergere.

Mentre sistemo l’attrezzatura insieme alla mia socia di cordata, sentiamo dei lamenti. Sembra un bimbo invece è Vale che ha avuto una disavventura e fortunatamente è stata soccorsa dai compagni. Ma ora ha un crollo. Sviene, anche se non perde del tutto conoscenza. Non è in ipotermia quindi la sdraiamo e Lavi può alzarle le gambe senza farle arrivare un getto di sangue freddo al cuore. Un ragazzo le fa da cuscino con la mano e io provo a liberarle le viee aeree. Faccio spostare il giovane in buonafede che impedisce la manovra e le sollevo il mento mentre Monica, insieme a un subacqueo, monta la bombola di ossigeno. Arriva una dottoressa quindi le cedo la mia posizione e mi posiziono dirimpetto. Le tiene il mento a sua volta e controlla il battito. Siamo in pronti, se servisse opererei il massaggio cardiaco e lei la respirazione. Attendo. Fortunatamente non è necessario. Basta l’ossigeno, un po’ di calore umano, e Valentina si riprende, cullata dal premuroso abbraccio di Lavinia.

Nessuno mi toglie un’altra doccia bollente e una siesta in idromassaggio, appena scoperto per la prima volta in vita mia, parlando con una persona davvero speciale che incontro e conosco fra queste montagne. Sono tutti ragazzi di cuore, e si capisce perché si trovino qui; c’è chi richiamerebbe la legge dell’attrazione, altri l’armonia, chi il fato.

Io faccio il conto. Anche se avessi vissuto quest’esperienza, per me un passaggio, per sola mera materia, avrei comunque guadagnato molto più di ciò che ho pagato.

Christian Roccati
SITOFACEBOOK