Tre settimane fa, mentre mi allenavo combattendo in Savate, quando pensavo che una combinazione fosse finita, ho abbassato le mani e rilasciato la mandibola, e proprio in quel momento mi è arrivato un gancio al volto.
Errore mio, non me ne sono accorto: errore mio. Non stringevo il paradenti e così la mandibola è uscita e rientrata dalla sua sede, con grande gioia dell’atm… Ho masticato a fatica per tre giorni, ma non ne ho perso nemmeno uno di lavoro o di allenamento.
Due settimane fa, in combattimento, ero stanco e più rigido del solito. Proteggevo soprattutto la mandibola, con le braccia troppo alte. Mi stavo allenando con un magnifico atleta, forte e preciso, armonioso. La sua intelligenza motoria gli ha permesso di far passare un fouetté, un suo calcio frustato, sotto il mio gomito al di là della mia difesa, praticamente all’altezza del cuore. Io avanzavo, lui anche, e il colpo è arrivato con un impatto secco, nel punto giusto. Non mi ha fratturato le coste, volgarmente dette costole, ma deve avermele incrinate nettamente.
Non l’ho capito subito perché non ho dato peso al male, non concedendomi tregua, e ho continuato a combattere ininterrottamente per un ora con vari fighter e qualche pugile. La sera ho applicato il consueto ghiaccio proseguendo con le solite ore di lavoro fino a notte fonda. Aspettavo da 4 settimane le onde; la mattina sono andato con il mio amico Dany a fare surf: questa penso sia l’unica disciplina che pratico per piacere e non anche per lavoro, e infatti sono un ultraprincipiante per ora… Ho uno “schiumone” cioé una tavola gigante e difficile da muovere per tornare in line up, sull’onda. Mi sono allenato per quasi due ore e poi mi sono steso al sole.
Il prologo? Il solito: nuovamente al lavoro, fino a notte fonda.
Dal male non ho potuto dormire per tre giorni e sono stato obbligato a fermarmi. Non posso allenarmi oltre per almeno venti giorni globali; ovviamente devo portare i clienti a far trekking, grotte e tutto il resto, ma gli allenamenti, quelli veri, devo evitarli. Lastre alla mano faccio ciò che c’è da fare e proseguo.
Il mio corpo non presenta cicatrici evidenti a parte due operazioni tradizionali, eppure non esiste millimetro su di esso che non abbia avuto un trauma.
Il mio corpo ha le sue cicatrici invisibili, di cui mi curo ogni sera mettendolo a punto per il dì seguente. Gli altri non possono vedere quei segni, ma io li sento e sono come tanti racconti di tutto ciò che mi è capitato. Per ora non ho alcun tatuaggio, ma un maori vedrebbe nella mia anima un grande disegno, fatto di ricordi; sono molto geloso di tutto questo, perché ogni straordinaria esperienza mi ha permesso evoluzione, preziosi passi in questo magico cammino.
Senza queste cicatrici la mia vita sarebbe stata piatta e senza alcun riscontro. Ora le mie coste stanno guarendo, mentre perlustro grotte, tracce e sentieri e, fra dieci giorni, sarò di nuovo pronto per allenarmi, una volta ancora stanco fino al punto di non rialzarmi, per poi evolvermi ancora e guadagnarmi ancora qualche esperienza straordinaria, qualcosa che non è possibile comprare.
Christian Roccati
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