Il leggendario kayaker polacco aveva 74 anni
Il fisico avvizzito ma muscoloso di Alexander Doba e il suo volto antico e simpatico divennero familiari ai più, e non solo agli appassionati di avventura, quando attraversò l’Atlantico nel 2017, all’età di 70 anni, diventando la prima persona a compiere l’impresa in quell’oceano per ben tre volte.
Il leggendario kayaker polacco è morto lunedì 22 febbraio, all’età di 74 anni, sulla cima del Kilimanjaro. Doba, si era separato dal gruppo di cui faceva parte per procedere al suo ritmo e con le sue guide. Non mostrava alcun sintomo di mal di montagna ed era di buon umore, hanno riferito le guide. Vicino alla prima vetta del Kilimangiaro, ha confermato di sentirsi in gran forma e felice.
Quando, insieme alle sue due guide ha raggiunto la vetta, Doba si è seduto per riposarsi un po’, poi ha perso conoscenza. Gli sforzi per rianimarlo non sono serviti e il polacco è morto poco dopo. Si pensa a un attacco di cuore, ma la conferma si avrà solo tra qualche giorno.
In una precedente intervista, Doba aveva manifestato il suo desiderio di raggiungere la vetta del Kilimanjaro (5.895 m): “I kayak non mi hanno dissuaso da altre forme di esplorazione del mondo”. Era rimasto affascinato dal nome della montagna più alta dell’Africa.
Il tour che aveva pianificato includeva anche un safari in due parchi nazionali, Tarangire e Ngorongoro, e una visita all’isola di Zanzibar.
Le imprese di Alexander Doba
Avido canoista fluviale ed ex campione di slalom in acque bianche, Doba iniziò a fare kayak nel 1980. Circumnavigò il Lago Baikal e il Mar Baltico e remò per 5.370 km dalla sua casa in Polonia alla Norvegia centrale.
Affrontò l’Atlantico per la prima volta all’età di 64 anni. Disse che non fu una sua idea. Nel 2003, Doba era già un noto kayaker e fu contattato da un professore polacco che intendeva ricevere consigli su come attraversare il Mar Baltico in barca a remi. Riuscì a persuadere Doba ad attraversare con lui l’Atlantico dal Ghana al Brasile, usando kayak separati, da legare insieme di notte per dormire.
Il viaggio fu un completo fallimento: quarantadue ore dopo, tornarono sulla spiaggia, ma Doba aveva individuato il suo nuovo progetto. Una volta tornato in Polonia, giurò di non fare mai più kayak con un partner e iniziò a progettare un’imbarcazione con cui poter affrontare un viaggio del genere. Nel 2010 il suo kayak era pronto.
Nell’autunno del 2010 iniziò la sua traversata dal Senegal al Brasile. Questo viaggio da est a ovest richiese 99 giorni e non fu affatto piacevole. Faceva un caldo insopportabile e umido, rischiò un colpo di sole per gran parte del viaggio, il suo corpo si coprì di eruzioni cutanee, fu colpito da un’infezione agli occhi e la maggior parte delle unghie dei piedi si staccarono.
I suoi vestiti, perennemente bagnati, gli irritarono la pelle, quindi remò nudo. Inoltre non sentì nulla per la maggior parte del viaggio, poichè non portò con sé i suoi apparecchi acustici.
Quando concluse il suo viaggio, lo accolsero solo un giornalista e l’ambasciatore polacco in Brasile. A nessuno importava che avesse appena attraversato l’Atlantico in kayak.
Pochi giorni dopo il suo ritorno in Polonia, iniziò a pianificare la sua seconda traversata atlantica. Voleva farne tre: Sud, Medio e Nord Atlantico. Sua moglie, Gabriela, pensava che avrebbe cambiato idea, ma si sbagliava. Nell’ottobre 2013, sia lei che suo figlio si rifiutarono di accompagnarlo all’aeroporto in modo che potesse raggiungere il Portogallo per iniziare il suo secondo viaggio. Ci andò comunque.
La seconda traversata iniziò bene, ma dopo alcuni mesi il suo telefono satellitare smise di funzionare. Premette il pulsante Aiuto sul suo dispositivo SPOT e arrivò un’enorme nave greca. La nave cercò di salvarlo tre volte, ma Doba voleva solo fosse riparato il suo telefono e rifiutò le corde che gli vennero ripetutamente lanciate. Alla fine, si arresero. Quarantasette giorni dopo, il suo telefono riprese a funzionare. Qualcuno si era semplicemente dimenticato di pagare la bolletta del telefono.
Durante questo viaggio, si fermò alle Bermuda per riparare il timone della sua barca. Trascorse un mese sull’isola, poi riprese a remare e arrivò in Florida nell’aprile 2014. Questa volta, quando tornò a casa, fu accolto da eroe e fu nominato 2015 People’s Choice Adventurer of the Year dalla National Geographic Society. Gli organizzatori dell’evento gli chiesero di ringraziare in inglese, quando fosse salito sul palco. Doba, che alla prestigiosa cerimonia indossava i jeans, disse “i polacchi non sono oche e hanno la loro lingua”.
Nel maggio 2017, iniziò la sua terza e ultima traversata dell’Atlantico, con l’obiettivo di andare in kayak dal New Jersey alla Francia. Era il suo secondo tentativo; il primo lo abbandonò dopo pochi giorni a causa del tempo e di danni alla sua barca.
Quest’ultima avventura in solitaria durò 110 giorni. Avrebbe potuto finire cinque giorni prima perché passò a poche centinaia di metri dalla costa britannica. Ma aveva promesso a sè stesso che sarebbe arrivato nel continente, così continuò fino in Francia.
Fu il suo viaggio più pericoloso. Doba affrontò molte tempeste, venti da 55 nodi, onde imponenti. A un certo punto, durante una tempesta di due giorni, la corda della sua ancora si spezzò. Indossando solo un’imbracatura, Doba dovette uscire dalla cabina per fissare una nuova ancora. Lui stesso, rimase sorpreso di essere sopravvissuto.
Poi il suo timone si piegò e non fu in grado di ripararlo, per cui dovette accettare l’aiuto di un mercantile di passaggio. Il capitano della nave non fu entusiasta di lasciare che un uomo di 70 anni, stanco e coperto di eruzioni cutanee, tornasse nell’oceano da solo. Doba tuttavia, insistette. Fu un vero esploratore fino alla fine. Trascorse più di un anno completamente isolato in mezzo all’oceano.
Gli furono assegnati 10 Guinness World Records ma soprattutto, dimostrò che l’età non conta quando si è molto determinati. Alexander Doba rimarrà fonte di ispirazione per le generazioni future. (Fonte)