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22 Aprile 2021

Alpinismo e Spedizioni · Vertical · Alpi Orientali · Aree Montane · Friuli Venezia Giulia · Italia

Il senso dell’avventura per Giorgio Madinelli

Giorgio Madinelli. Un momento di pausa per guardare le fatiche. Fonte: Vittorino Mason

Madinelli è l’autore del primo libro di ‘greppismo’, il manifesto di una attività culturale più che fisica. Un modo di andare in montagna che valorizza la crescita personale bandendo le situazioni artificiali. Contributo di Vittorino Mason

Mai, negli ultimi decenni, si è morti come nell’anno passato. La paura è tanta e le restrizioni e le costrizioni spingono ancor più alla contrazione, alla chiusura in noi stessi, mettendo al bando i nostri sogni e di conseguenza il senso della nostra esistenza.

Ma proprio in questo momento epocale c’è un uomo, un alpinista che si definisce “greppista”, che sbaraglia il campo, gli indugi, le paure e la pandemia, per continuare ad esplorare fuori e dentro di sé, cercando nell’avventura il senso più profondo del vivere e del morire.

Giorgio Madinelli, originario di Belfiore d’Adige (Verona), ma trapiantato ad Azzano Decimo (Pordenone) fin da bambino, lo conosco da una ventina d’anni. Lontano dal modo di intendere la montagna, sempre più di stampo turistico e trionfante, nel caso di “imprese” realizzate da superuomini che superano gradi e difficoltà estreme, Giorgio, una vita da operaio metalmeccanico, fa del suo “greppismo” un andare per i monti davvero originale se non eccezionale. “Vado su dritto per dritto” dice lui.

Giorgio Madinelli: “Con lei solo mani e piedi”. Foto arch. Vittorino Mason

Ma che cos’è il greppismo? La parola deriva da greppo, che ha come sinonimi scoscendimento, scarpata, dirupo, una sorta di andare fuori via, per tracce, laddove una linea immaginata e pensata porta il piede, la mano e l’ardire dell’avventuroso, a salire per linee scoscese dove a volte neanche i camosci osano. Gli inglesi hanno coniato questo stile, questa forma di alpinismo, con l’aggettivo scrambling, ovvero la combinazione dell’escursionismo e l’arrampicata su roccia senza uso di corde o attrezzature tecniche in ambienti selvaggi e poco frequentati.

Ma il greppismo è anche, o soprattutto, un modo di andare in montagna che valorizza la crescita personale bandendo le situazioni artificiali. Un modo di vivere la natura per quella che è senza barare, credendo nei propri limiti e nella consapevolezza di essere mortali. Il greppista è uno che nella rinuncia cerca di emulare il santo d’Assissi, uno che riesce a trovare gioia in ciò che la debolezza umana ritiene motivo di vergogna: la nostra fragilità. Lui, il greppista, non tende al miglioramento delle sue capacità fisiche, ma a diventare una persona migliore. Un approccio alla montagna e alla natura, non per dominarla, ma per fondersi con lei.

Giorgio Madinelli: “L’erba e la roccia da compagni”. Foto arch. Vittorino Mason

Proprio così! Questo è il modo di andare di Giorgio che neo pensionato, dopo aver superato una brutta malattia, a 62 anni ha ancora tanta voglia di avventura e, insaziabile curioso, trasmette le sue emozioni con i video che pubblica regolarmente nel suo blog La tana dell’orso Ongo Congo. A questo si aggiunge il blog Greppisti che è l’organo sociale della sezione friulana della Federazione Italiana Greppisti Anomali che tenta di disinformare per creare scompiglio nelle menti dei deboli, dei dubbiosi, dei mai contenti, dei cercatori di verità.

Di questa filosofia ne è una conferma l’opera Degli antichi sentieri, di cui è coautore con A. Fiorot e P. Lorenzi, che ha l’ambizione di essere il primo libro di Greppismo, il manifesto di una attività culturale più che fisica. Un libro di viaggio che racconta un territorio, ma anche la spiritualità degli autori, modellata dall’aver vissuto per qualche tempo in questo ambiente, a contatto con le storie e la sua gente.

Restio ad oltrepassare la linea del Piave “…le montagne friulane mi bastano e avanzano”, come se l’idea di inoltrarsi verso le dolomiti più famose e frequentate gli procurasse una sorta di orticaria, Giorgio è sempre rimasto fedele alla sua filosofia e al suo credo che lo portano a salire linee impensabili, tra il folto della vegetazione di montagne secondarie e a quote basse.

Vittorino Mason con Giorgio Madinelli. L’avventura è sempre assicurata. Foto: Andrea Fiorot

Con lui ho vissuto alcune belle avventure in montagna. Ogni volta si sapeva da dove e a che ora si partiva, ma mai quando, se e dove si tornava. Muoversi in montagna con Giorgio, e non è solo la mia opinione, si ha come la sensazione di andare con uno sprovveduto, un folle, uno che vuole arrischiare la pelle inutilmente solo per aver portato con sé uno spezzone di corda, un imbraco o dei chiodi, perché della vita non gliene frega niente e a casa non ha nessuno ad aspettarlo. Famoso è il suo “O la va o la spacca!” prima di arrischiare la vita saltando nel vuoto per superare un ostacolo in parete.

Ma mi sbagliavo: Giorgio Madinelli non è né un folle, né uno sprovveduto! Lui ama la vita, e ancor più l’avventura e proprio perché ama la vita la vuole vivere autenticamente e intensamente. Sono arrivato a capire questo solo a distanza di anni (ed è proprio vero che non si finisce mai di conoscere le persone, facciamo già tanta fatica a conoscere noi stessi…) leggendo alcune sue considerazioni sul significato di avventura.

Giorgio Madinelli con Vittorino Mason. Giorgio arrichisce ogni uscita con anedotti e storie sui luoghi e i montanari che li hanno frequentati. Foto arch. Vittorino Mason

Sono stato molto colpito, se non folgorato dalle sue parole. Così tanto burbero e orso nel suo modo di porsi e vivere, quasi a difendersi con una scorza dura, e così toccante, profondo, quasi poetico, nello sciorinare parole e pensieri che sembrano usciti dalla penna di un grande pensatore e uomo di cultura.

Vorrei condividerli con tutti i frequentatori della montagna, non tanto per mettere su un piedistallo un modo diverso di fare alpinismo, ma per porre l’attenzione sulla possibilità di vivere la montagna fuori dai circuiti conosciuti degli affollati rifugi, dei sentieri battuti, delle vie classiche e delle solite famose vette.

Insomma, un andare più silenzioso ed introspettivo, lontano dagli assembramenti, cosa che la pandemia ci ha imposto anche nella quotidianità.

Giorgio Madinelli. Ho tentato di tenere la montagna, ma è lei che sta tenendo me. Foto arch. Vittorino Mason

“Spesso si tende a dare un connotato negativo all’avventura come se essa portasse conseguenze sgradevoli: gli si dà il significato di disavventura nel senso di sventura, disgrazia.
L’avventura però è altro: è creativa, gioiosa, edificante.

Dobbiamo vedere la questione da un altro punto di vista. L’avventura è il divenire, andare incontro a ciò che accadrà. In quest’ottica il nostro passaggio terreno è un’avventura.

La società così come è stata costruita cerca di nasconderci questa verità fornendoci certezze che tali non sono e che ci inducono a pensare di vivere sempre in un continuo presente senza slanci verso il futuro che non siano codificati, accettati e in parte resi possibili a tutti: una casa, una famiglia, sicurezza alimentare ecc. Nella società odierna l’unica avventura che ci resta da vivere, che è tutta personale, è proprio la nostra morte, dato che essa è l’unica situazione imprevedibile che nessuna regolamentazione o sistema economico, politico e sociale può ingabbiare.

L’individuo che riesce a capire questo concetto avrà accesso alla libertà dell’avventura.

Giorgio Madinelli. L’andare senza tracce del greppista. Foto arch. Vittorino Mason

È estremamente difficile giungere a questa conclusione perché siamo condizionati dal pensiero che alla morte non si deve badare: meglio vivere, insulsamente vivere come se un domani non esista, come se tutto si potesse portare con noi per sempre. Invece morir si deve.

La nostra avventura occulta è dunque la morte. Proprio verso di essa dobbiamo rivolgerci se vogliamo vivere nell’avventura che vuol dire prendere in mano il proprio destino e condurlo verso il divenire. Non subire ciò che ci accade come fossimo in balia di un mare troppo grande e imperscrutabile.

Mettere mano alla propria esistenza è l’avventura più bella che un individuo può fare ed è un’operazione creativa, gioiosa, edificante.

Per far questo non si deve temere la morte: quella viene comunque e in quel momento ci chiede solo se abbiamo vissuto.

Qualsiasi cosa si decida di fare nella propria vita essa avrà i connotati dell’avventura. Ogni situazione che mette a repentaglio la stabilità, la sicurezza, l’immobilità del vivere è avventura. Difatti si dice avventura il tradimento in una coppia e anche altre situazioni dirompenti.

Non è necessario fare cose grandi, eclatanti, eroiche, l’importante è uscire dalla stagnazione in cui, a volte, ci costringe il nostro modo di vivere.

Con questo non voglio avallare qualsiasi comportamento, perché questi dovrebbe rientrare nell’etica e nella morale; non dico a nessuno di rapinare una banca o picchiare l’autista di un bus per vivere un’avventura al di fuori della routine quotidiana.

Giorgio Madinelli. La riflessione prima dell’avventura. Foto arch. Vittorino Mason


Andare in montagna è un comportamento lecito, che non lede le libertà altrui e che realizzato in un certo modo è avventura.

Spazziamo subito il campo da una valutazione facile da fare: l’avventura non sta nel rischiare la pelle; questo deve essere chiaro ora perché altrimenti l’esposizione seguente non potrà essere compresa. Piuttosto il senso dell’avventura in montagna sta nel portare a casa la pelle.

Sono quasi certo che nessuno, che va in montagna per divertirsi in compagnia o per ferrate e rifugi, si auguri, quando parte, di riuscire a sopravvivere: è una cosa assurda pensare di rischiare di morire in giornate di sole e cieli splendidi, in mezzo ai fiori e acque cristalline. Ma la montagna è in salita e verso il basso agisce una forza chiamata gravità. È una legge, c’è poco da dire ancora (forse solo ricordare che le rocce sono più dure delle nostre ossa).

In che modo, vi chiederete, è dunque possibile vivere un’avventura in montagna con queste premesse? Lo so che vi pare strano questo concetto e per rincarare la dose vi dico anche che la spregiudicatezza, il rischio per il gusto del rischio, l’adrenalina, non sono avventura: l’avventura è vivere, non è cercare di morire.

Vi sto ribaltando il concetto? Bene, ne sono contento.

Giorgio Madinelli. Nelle nebbie di una cresta senza orizzonti. Foto arch. Vittorino Mason

Siamo talmente assuefatti, noi moderni, alle situazioni cosiddette normali, che le facciamo e non ci pensiamo più di tanto. Prendiamo ad esempio guidare un’automobile: è un’avventura! Ce ne accorgiamo quando da avventura diventa sventurato incidente. Ogni volta che guidiamo un’auto si devono mettere in pratica tutta una serie di conoscenze ed esperienze, buone pratiche e attenzioni. Perché guidare non è il nostro mestiere e lo facciamo più o meno giornalmente o sporadicamente ed è una attività che rompe di fatto la piatta vita quotidiana.

Sono pochi ad essere coscienti di avere tra le mani un mezzo pericoloso, animato non come la montagna dalla gravità, bensì dalla velocità. Ma è la stessa identica situazione: in entrambi i casi, automobile e montagna, se non si vuole morire c’è bisogno di attenzione, concentrazione, prudenza. Quando riponete la vostra automobile in garage vi sfiora mai l’idea di aver vissuto un’avventura e di esserne tornati sani e salvi? Se no, dovreste pensarci. Se sì, sapete bene cosa vi ha riportato a casa, non certo la fortuna, il caso o il destino: siete stati voi.

Faccio un altro esempio per facilitare la comprensione. Impariamo a camminare da piccoli e ne facciamo un vero e proprio automatismo che include la collaborazione e coordinazione di molti organi del nostro corpo. In seguito camminiamo senza pensarci come avere sempre innestato il pilota automatico. Ma in situazioni particolari il comandante di un aereo disinserisce il pilota automatico e prende in mano la cloche.

Ecco: possiamo prendere in mano la cloche del nostro deambulare quando ad esempio siamo su una cengia esposta o su una cresta affilata. Possiamo uscire dall’automatismo e passare, per così dire, in modalità manuale: questa è avventura, questo è spezzare la consuetudine. Non lo stare in cresta o in cengia è l’avventura, bensì essere capaci di guidare la nostra mobilità in quei frangenti.”

Giorgio Madinelli. L’incertezza del proseguio, l’orizzonte di una nuova meta. Foto arch. Vittorino Mason

 

Vittorino Mason