Le due guide alpine hanno raggiunto la vetta attraverso una via di misto battezzata “Kalypso” (600m, M4/V)
Il 31 ottobre, a poco meno di un mese dalla partenza dall’Italia, le guide alpine Stefano Ragazzo e Silvia Loreggian, compagni di cordata e di vita, hanno conquistato in stile alpino l’inviolata Sato Pyramide (6.100 m), in Nepal, a cui il team ha dato questo nome “perché quando la osservavamo col binocolo da valle sembrava una grossa piramide”.
Ragazzo e Loreggian hanno raggiunto la vetta attraverso l’apertura di una via di misto battezzata “Kalypso” (600m, M4/V), “in onore dell’Odissea omerica, capolavoro che avevamo letto durante la nostra permanenza al campo base”, spiegano i due, che hanno impiegato un’intera giornata per superare difficoltà fino a M4. La discesa è avvenuta lunga la via di salita.
Nel resoconto della spedizione, hanno precisato che “Kalypso” non era il loro obiettivo originale:
“Il nostro progetto principale era di raggiungere la vetta dalla parete Nord, ma le condizioni della neve ci hanno costretto a cambiare i nostri piani… Dopo alcuni tentativi, abbiamo scelto la cresta Sud-Est perché sembrava più rocciosa e quindi più ‘sicura”, ha scritto Regazzo su instagram.
“É stato indescrivibilmente emozionante camminare e arrampicare dove nessun essere umano aveva messo piedeprima di noi”, racconta Stefano -. Abbiamo dovuto sopportare importanti escursioni termiche tra il giorno e la notte, di notte infatti le temperature scendevano a meno 20 gradi.”.
Il trasporto del materiale durante l’avvicinamento lungo il trekking del Kanchenjunga e poi fino al campo base, è stato effettuato con due yak guidati da un pastore locale. “Avevamo con noi un satellitare per comunicare con il pastore di yak che, a spedizione conclusa, avrebbe dovuto raggiungerci di nuovo per accompagnarci a valle con il restante materiale – ha raccontato Stefano a dolomiti.it – Il 6 novembre gli abbiamo così mandato un messaggio, al quale lui non poteva tuttavia rispondere: con lui ci eravamo accordati solo a parole e non eravamo quindi sicuri che avrebbe poi mantenuto la promesse. Rimasti in attesa speranzosi ma senza certezze in pugno, abbiamo infine gioito nel veder arrivare il nostro ‘yak man’ con i suoi animali a recuperarci dopo una tanto straordinaria quanto storica spedizione”.