Canoista e climber, Esteban Vicente scalò in pochissimo tempo, in solitaria invernale, vie leggendarie
E’ morto lunedì 26 dicembre, dopo una lunga malattia, Esteban Vicente. Aveva 69 anni. “Era un personaggio unico, irripetibile… per il suo modo di essere, il suo carisma, il suo carattere, la sua volontà… che lo hanno portato a fare cose incredibili – si legge sulla testata spagnola Desnivel che ne ha data notizia – Ha effettuato scalate invernali in solitaria impegnate a metà e alla fine degli anni Settanta.”
Canoista, scalatore, progettista e costruttore di una bellissima barca a vela, scrittore di un manuale di canoa e di un libro sulla Valle di Liébana vista dall’alto, quando si poneva un obiettivo, niente lo faceva desistere, poiché nulla gli sembrava impossibile.
“Esteban era un canoista. Uno dei migliori dell’epoca – scrive Dario Rodriguez – E decise di diventare uno scalatore con l’impeto e l’audacia che lo caratterizzavano. In un’epoca (gli anni ’70) in cui nel mondo dell’alpinismo e dell’arrampicata era consuetudine seguire alcune tappe definite per poter svolgere attività al massimo livello… Esteban Vicente è apparso all’improvviso, come un turbine, come una tromba d’aria. Un canoista che conosceva poco il mondo dell’arrampicata (e lo diceva lui stesso), pochissimo le tecniche di arrampicata (e lo diceva lui stesso) e che, ciononostante, si è messo in testa di realizzare la prima salita invernale in solitaria della Ovest (via Rabadá/Navarro) del Naranjo de Bulnes, nel febbraio 1976. E, poiché alcuni dubitarono di quell’impresa, così in anticipo sui tempi, la ripeté – sempre in solitaria – l’inverno successivo.
Esteban Vicente ha compiuto anche altre salite invernali in solitaria: la Brujas del Tozal de Mallo e la Rabadá/Navarro del Gallinero. Ha anche salito in solitaria e in giornata tutte le vie del Torreón de los Galayos.
Alicja Bednarz (1934-2022), fu autrice di numerose prime ascensioni, spesso realizzate in team femminili
E’ scomparsa all’età di 88 anni, l’alpinista polacca Alicja Bednarz, autrice di numerose prime ascensioni, spesso realizzate in squadre femminili.
La sua avventura con l’arrampicata è iniziata nel 1961 con un corso di roccia, poi sono arrivati i Monti Tatra e in seguito molte montagne del mondo. Ecco cosa raccontò Alicja a proposito dell’arrampicata sui Tatra:
“Ogni volta che sono a Morskie Oko penso: Dio, che belle vie ho scalato qui! Ogni anno ci sedevamo in questa valle per tre mesi alla volta e ne sceglievamo venti, trenta vie che poi abbiamo fatto. Una dietro l’altra. Il fatto stesso di essere entrati nei Tatra, di aver toccato questo granito, è stato bellissimo!”
Nel 1969 ha scalato il Monte Bianco (con Jadwiga Mruczek), ha salito anche il Damawend, l’Ararat e l’Elbrus. Ha scalato a Rila in Bulgaria, sulle montagne della Turchia, in Norvegia e nel Caucaso.
Tra il 1970 e il 1976 ha partecipato a tre spedizioni nell’Hindu Kush, dove, tra l’altro, ha effettuato tre prime ascensioni femminili attraverso vie nuove su cime di Settemila metri: Kohe Tez, Kohe Urgent o Langar Zom e la prima ascensione alla cima nord-est del Langar Zom.
Ha partecipato a due spedizioni femminili nel Karakorum: ai Gasherbrum (1975, con il G III ha raggiunto un’altezza di 7300 m) e al K2 nel 1982.
In Himalaya, come parte di una squadra femminile, ha scalato i Seimila metri del Toronk (1981) e del Dampus Peak (1983). Ha anche scalato sulle Ande (1985, Nevado Pisco, in una squadra femminile).
Ha ricevuto due medaglie d’argento e una di bronzo per gli eccellenti risultati sportivi. Negli anni Sessanta ha collaborato al comitato editoriale della rivista “Taterniczek” e negli anni Settanta è stata attiva nel comitato di formazione dell’Associazione polacca di alpinismo. È stata anche istruttrice di sci e allenatrice di alpinismo.
A Mariusz Sepioło, autore di “Himalaistki” (“Donne dell’Himalaya”), disse, a proposito dei momenti di felicità vissuti:
“Per esempio, sul vulcano in Iran, quando ho sognato pane con burro e pomodoro. O quando, al mio ritorno dall’Afghanistan (dopo aver scalato il primo settemila, il Kohe Tez, scalato da una donna polacca), sono stata accolta all’aeroporto da Hania Wiktorowska che mi ha regalato un garofano in segno di gratitudine. Oggi probabilmente riceverei un grande mazzo di fiori, ma signore, quanto significava allora quel garofano….” (Fonte)