Il noto rocciatore trentino, protagonista di scalate leggendarie, ha perso la vita il 18 agosto scorso sul Campanile Alto, nelle Dolomiti di Brenta per una fatalità
Ermanno Salvaterra, 68 anni, leggenda dell’arrampicata, è scomparso il 18 agosto scorso, vittima di una caduta sulle Dolomiti. Ha scalato in tutto il mondo con vera dedizione, soprattutto in Patagonia. L’alpinista italo-argentino Rolando Garibotti ha definito Salvaterra “L’amante più devoto e impegnato che il Cerro Torre abbia mai avuto” (Fonte: Climbing).
L’ “Uomo del Cerro Torre”, ha perso la vita sulla via Hartman-Krauss (IV+/5.5; 600m) sul Campanile Alto, nelle Dolomiti. Stava accompagnando un cliente, rimasto illeso.
Salvaterra aveva già scalato questa via classica decine di volte. Probabilmente a causa del cedimento di un appiglio, l’alpinista è precipitato per 20 metri, battendo il capo contro la parete. I soccorsi arrivati con l’elicottero non hanno potuto che constatare il decesso.
Nato a Pinzolo (TN), Salvaterra è cresciuto in un rifugio alpino gestito dai suoi genitori nelle Dolomiti di Brenta, dove ha sviluppato una passione per gli sport di montagna fin da giovane. A 20 anni è diventato maestro di sci e quattro anni dopo guida alpina.
Ha aperto importanti vie d’arrampicata moderna, tra cui Via Delle Aspiranti Guide (6a+/5.10; 300m) ed Elefante Viola (5.10; 300m) sul Pilastro Bruno, Super Maria (5. 10; 750m) sul Crozzon di Brenta, Cheyenne (5.11-; 350m) e Duomo dei Falchetti (5.10+; 300m) sul Campanile Basso, e la classica Via della Soddisfazione (5.10a; 380m) sulla Cima d’Ambiéz.
E’ stato protagonista di numerose imprese, soprattutto in Sudamerica. Per oltre quattro decenni, è stato una costante sulle montagne di granito della Patagonia, in particolare sul Cerro Torre (3.128 m), al confine tra Argentina e Cile, dove aprì cinque nuove vie. Salvaterra sentì parlare per la prima volta delle straordinarie guglie della Patagonia dal leggendario Renato Casarotto, che nel 1979 aveva scalato il Pilastro Goretta al Cerro Chaltén (Fitz Roy).