Care amiche e amici appassionati di avventura, oggi voglio parlarvi di un alpinista dal grande cuore, un amico che ho visto evolvere negli anni, dalle pareti italiane fino alle spedizioni extraeuropee con la salita al mitico Gasherbrum II, la vetta a 8035 m, una tra le 14 leggende. Oggi voglio intervistare il buon Marco Catanzaro, genovese classe 1981, oggi residente a Zurigo per lavoro.
Marco è un sognatore, uno di quei “ragazzi” che sorride sempre, senza prendersi mai troppo sul serio, indipendentemente dai gradi di una parete o dalla sua quota.
“Quando ero piccolo mi chiamavano Castoro (con la K), perché avevo i dentoni…” Eppure non l’ho mai visto adirato con qualcuno o stizzito. Marco ha portato il suo sorriso molto in alto e lo ha fatto con semplicità.
Come hai iniziato ad andare in montagna? Quando?
Ho iniziato ad andare in montagna a 2 anni con i miei che mi facevano fare trekking in Alto Adige. Già a 3 anni mi hanno portato al rifugio Torre di Pisa 2671. La montagna come la vedo io è iniziata nel 2008 salendo al rifugio Boccalatte con mio fratello. Dopodiché il mio primo 4000 con la guida nel 2009 e da lì in avanti
Hai avuto un lungo periodo in cui l’arrampicata era la tua disciplina principale, parlaci di questo amore!
Ho iniziato grazie a un microcorso di arrampicata e alpinismo che ho regalato a mio fratello e che abbiamo fatto insieme, dopodiché nel 2010 ho fatto il corso CAI. Ho sempre arrampicato in Liguria, principalmente monotiri, ma anche vie lunghe, quasi sempre a finale. La mia tecnica è stata sempre piuttosto limitata, però il rapporto peso potenza era a mio vantaggio e ho sempre amato vie corte e dure, possibilmente strapiombanti e con tetti. Livello massimo 7a e un 7b.
Come è arrivata la scelta degli 8000?
Mentre portavo avanti l’attività da arrampicatore/falesista, mi sono reso conto che “volevo arrivare in cima” e ho iniziato a dare la caccia ai 4000. Prima uno, poi due… poi ho deciso di farne almeno 30 per entrare nel Club4000. Attualmente sono a 34, ma l’obiettivo è salire ancora un po’.
Ho sempre sognato di vedere i ghiacciai sconfinati, (per me la montagna è ghiacciaio), e quindi è venuto automatico sognare. Poi la vita ha dato due o tre sterzate improvvise e mi sono trovato nella possibilità di provarci sia economicamente, sia come tempo.
Per assurdo non so manco io perché ho optato per il G2… intanto l’ho scelto prima di vivere in Svizzera e quindi il costo ridotto ha sicuramente aiutato. Poi non volevo una vetta troppo alta, non essendo mai andato sopra i 4810 m del Monte Bianco e non volevo troppa gente. Ovviamente cercavo anche una delle più “facili” per limitare i rischi… risultato? Il G2!
Come hai preparato la tua spedizione?
La preparazione generale è durata circa 2 anni. Ho comprato la tuta da un negozio in Francia, senza sapere se l’avrei usata. 2 anni dopo ero in vetta.
Per riuscire nella spedizione mi sono affidato agli esperti: 3 medici e una dietologa per il fisico, il mitico Fabio di Cisalfa Sport per l’equipaggiamento.
Che difficoltà hai avuto con l’equipaggiamento?
Difficoltà non eccessive, solo che è tutto caro. Gli scarponi li puoi provare solo a Berna (per fortuna è vicina a casa mia), la tuta presa in Francia. (I guanti belli li hanno rubati in dogana tra Germania e Svizzera).
Ho comprato un po’ alla volta ed è andato bene, anche se alla fine sono partito con 54 kg di bagaglio…
Cosa non ti è servito e cosa è stato insostituibile?
Nella lista del materiale che mi ha dato l’agenzia, erano segnati 6 paia di guanti (almeno 3 inutili) e la necessità di portarsi anche gli scarponi per le Alpi (mai usati)…
Ho sbagliato a portare 2 termos, mentre era meglio portarne uno e una borraccia normale, infatti ho bevuto solo acqua calda, un delirio. Forse l’unica cosa insostituibile è stato il lettore di ebook!
Come ti sei allenato?
L’allenamento l’ho costruito io. Prima ho fatto i test per i valori di acido lattico nel sangue e da lì ho costruito il piano. Iniziato il 30 ottobre 2022 e finito il 12 giugno 2023, il 14 sono partito.
A differenza di quanto si pensa, sono andato solo una volta in alto. Il resto è stato un lavoro sul cross trainer e tapis roulant. In determinati periodi esercizi di forza e per il core.
Ha funzionato, non c’è mai stato un giorno che mi sentivo devastato.
Quanto è durata la spedizione?
Dal 14 giugno al 26 luglio
Quali le difficoltà maggiori?
Ho avuto freddo a campo 1 nonostante il sacco a pelo -35. Il mio compagno di cordata mi ha buttato sopra il suo piumino ed è andato tutto bene.
Ho avuto paura scendendo dal C1 perché gli sherpa non hanno fissato le corde bene e una vite, dove mi ero appeso sopra un crepaccio un minuto prima, si è staccata.
Ho rischiato di non tornare a casa.
Cosa si prova su un 8000?
Non lo so, domanda difficile. Da un lato vuoi solo tornare indietro, (in vetta a -35 con la nebbia), dall’altro fatichi a respirare! Ho capito di avercela fatta quando l’assistente cuoco è venuto 10 minuti prima dell’arrivo a CB a portarmi la cocacola. E poi ho pianto appena arrivato.
Come ti ha cambiato?
Mi ha cambiato tantissimo. Preparare una spedizione è molto stressante: non sai come fare, hai paura, devi anche nasconderla alla tua compagna, (che è stata insostituibile).
Ora sono molto più calmo e credo di aver una vita migliore. So che qualunque cosa succederà, non avrò mai il rimpianto di non averci provato.
Per il resto, non mi sono mai sentito un alpinista, penso che un alpinista faccia la nord dell’Eiger e continuo a non sentirmi tale.
Com’è ora la vita di tutti i giorni?
La vita è tornata normale; chi mi conosce sa che “non sono cambiato”. Non ho detto niente a nessuno, non ho cercato sponsor e non ho chiesto aiuto. Ed ora è cosi, vado avanti, ogni tanto mi viene il sorriso a ripensarci.
Chi è oggi Marco? Che cosa sogna?
Intanto è un quasi marito… a ottobre mi sposo e quindi la mia vita cambierà di nuovo.
Diciamo che sto portando avanti tanti progetti legati a questa spedizione: aiutare chi vuole andare, sto preparando la tesi di psicologia con un semplice esperimento che ho fatto lungo tutta la spedizione, sto preparando un corso per osteopati e fisioterapisti sui problemi dell’alpinismo.
Mi piacerebbe chiudere la carriera con la salita del Kilimanjaro con il mio compagno di corda e le nostre mogli. Ci sto lavorando: vedremo!
Cosa diresti a un ragazzo che sogna di fare un 8000?
Che prima di tutto deve essere un alpinista. Cioè sapere come si usa una corda. Sembra banale ma i miei compagni non lo sapevano fare e li ho dovuti legare io! E poi devi crederci: se sei anni fa mi avessero detto che avrei fatto un 8000, probabilmente starei ancora ridendo adesso.
I sogni diventano realtà, ma sei tu che li devi rendere tali.