Care amiche e amici, appassionati di avventura, oggi torniamo a parlare con un amico, il Dr. Luigi Vanoni, di cui avete avuto vari contributi in passato su queste pagine, con le mie interviste e i video podcast in cui discorrevamo di medicina di montagna.
Oggi parleremo di un bel progetto a luglio, ma prima, dato che ogni persona è sempre in evoluzione, chiediamoci chi è oggi Luigi?
Prendete un bel respiro perché sto per descrivervi un vulcano!
Vanoni è un medico di Varese, socio della Federazione Medico Sportiva Italiana. Ha conseguito i diplomi – base e avanzato – in Medicina di Montagna presso l’Università degli Studi di Padova
e il Master Internazionale in Mountain Medicine presso l’Università Insubria di Varese.
La sua attività professionale coinvolge vari settori della medicina, tra i quali l’emergenza-urgenza e la medicina sportiva. Si occupa, inoltre, di Medicina di Montagna – anche come medico di spedizione – con particolare riferimento all’alta quota, di preparazione atletica e di osteopatia.
In ambito CAl è da tempo coinvolto nella formazione nei Corsi Nazionali per Istruttori di alpinismo, di sci alpinismo e di arrampicata.
Già componente della Commissione Centrale Medica del Club Alpino Italiano nel triennio 2020-2022, con il ruolo di vicepresidente, anche per il triennio 2023-2025 è parte della stessa Commissione mantenendo il medesimo incarico.
Da sottolineare la sua partecipazione – come rappresentante del CAI e della Commissione Centrale Medica del Club Alpino Italiano – allo studio scientifico – svolto presso EURAC Bz – che ha coinvolto le alpiniste, italiane e pakistane, componenti della spedizione del Club Alpino Italiano, prima e dopo il tentativo di ascesa di quest’anno (2024) del K2 in occasione del 70esimo anniversario della prima salita effettuata dagli italiani nel 1954.
Luigi ovviamente è a sua volta un alpinista; ultima ascensione in ordine di tempo è quella svolta il 10 agosto 2024 attraverso la quale ha raggiunto la vetta del Cervino dalla via italiana-Cresta del Leone, per dirne una tra tante.
Ora che ci siamo scaldati… iniziamo con le domande!
A luglio partirai come medico della spedizione Kailas Extreme Team per la traversata del Kilimanjaro, salendo dalla Rongai Route. Cosa ti aspetti da questa salita come medico?
Partecipare, in veste di medico, a una spedizione alpinistica è sempre molto stimolante. L’ascesa della montagna da un lato e la gestione di eventuali condizioni mediche dall’altro, permettono di vivere sia l’individualità della propria scalata, con le emozioni e le sensazioni soggettive, sia le caratteristiche del gruppo ponendo la continua attenzione al benessere di ogni compagno/compagna di cordata, con la consapevolezza del ruolo svolto. Pertanto mi aspetto di vivere, anche in questa spedizione, una ricca esperienza professionale e umana, in un contesto ambientale e paesaggistico decisamente differente dalle altre spedizioni alpinistiche a cui ho partecipato.
Quanto è importante la medicina di montagna e nello specifico il settore dell’alta quota?
La medicina di montagna si occupa di ogni aspetto relativo alla frequentazione dell’ambiente montano, e il settore dell’alta quota è quello che, tra tutti, riceve le maggiori attenzioni. L’aumentato afflusso notato negli ultimi anni verso il trekking e le cime d’alta quota, ha di conseguenza portato a esporsi all’altitudine anche soggetti privi di un adeguato background alpinistico. Molti di queste persone non sanno come reagirà il proprio organismo una volta esposto all’ipossia ipobarica dell’alta quota. La medicina di montagna, a mio avviso, può essere di grande aiuto, individuando, ad esempio, attraverso test specifici l’eventuale suscettibilità al male acuto di montagna e fornendo le fondamentali indicazioni per affrontare ogni fase sia della preparazione che della spedizione vera e propria, nonché dell’importante periodo di acclimatamento.
Cosa è importante sapere?
E’ innanzitutto importante essere consapevoli che l’ascesa di una montagna come il Kilimanjaro, non si improvvisa, ma deve essere affrontata attraverso un’adeguata preparazione sia fisica che alla quota che inizia alcuni mesi prima dell’ascesa vera e propria. Avere il medico al seguito della spedizione è sicuramente un valore aggiunto, ma non deve far pensare che per questo non sia necessario allenarsi e prepararsi adeguatamente. Ogni organismo ha le proprie caratteristiche, i lati di forza, ma anche i punti deboli; individuare questi aspetti e costruire la preparazione attorno ad essi, e, a mio parere, uno degli elementi chiave per la buona riuscita dell’ascensione.
Quali saranno i primi consigli che darai ai partecipanti? Di cosa parlerai loro?
Innanzitutto di arrivare al viaggio ben preparati fisicamente e ben acclimatati, a tutto vantaggio di potersi poi gustare appieno il viaggio stesso. Ascoltare il proprio corpo, mantenere un ritmo di camminata lento, specie quando si è nella fase di acclimatamento e di non arrivare allo stremo delle forze, ma di lasciare sempre un buon margine di riserva. Idratarsi e nutrirsi regolarmente e adeguatamente. Sfruttare al massimo i momenti di recupero tra un impegno e l’altro. Infine, ma non per ultimo, ascoltare attentamente le Guide circa i consigli per l’adeguato abbigliamento ed equipaggiamento e sulle modalità di progressione dell’ascesa.
Come alpinista, cosa ti aspetti? Cosa è per te il Kilimanjaro?
Il Kilimanjaro, la montagna più alta dell’Africa, la montagna isolata più alta del mondo, circondata da paesaggi stupendi molto diversi tra loro, non può che essere una delle vette più ambite di ogni amante dei monti, e così è anche per me. Raggiungere, poi, la vetta attraverso la via più selvaggia e meno frequentata, la Rongai Route, aggiunge, a mio avviso, la possibilità di “entrare più in contatto” sia con la montagna stessa che con le sensazioni che l’ascesa offre. Mi aspetto un’esperienza intensa, per certi versi diversa dalle ascese sulle Alpi, forse in parte simile a quella del M.te Ararat, ve lo saprò dire al rientro.
Dopo questa salita ci dobbiamo aspettare altre spedizioni dello stesso tipo?
Direi di sì! L’idea mie e dei miei compagni, è quella non solo di continuità, ma anche di progressione, sia come quota da raggiungere che come impegno di salita. Questo progetto è per me molto stimolante. Vi terremo aggiornati!
Che consigli dai a un ragazzo che sogna l’alta quota?
Di non avere fretta e di affidarsi alle persone giuste. Sembra un consiglio scontato, ma in realtà, visti gli approcci di alcuni giovani, non lo è. Andare per gradi, in montagna, come in molti altri aspetti della vita è utile, fondamentale e anche più sicuro. Rivolgersi a professionisti, in genere, è un comportamento saggio che offre soprattutto lati positivi, a tutto vantaggio sia di maggior tutela della propria sicurezza, sia di poter assaporare a pieno le fantastiche sensazioni della montagna in generale e dell’alta quota in particolare.