Il tempo scorre e nulla può fermare i granelli che cadono, dall’alto verso il basso, all’interno del vetro della propria esistenza. Fossimo eterei, essi si spargerebbero al vento, ma così non è; siamo scatole di carne per lo spirito, gusci consunti e consumati che tuttavia appaiono come meravigliosi Monet, sempre pronti a essere, più o meno distratti da chi ci vorrebbe imporre l’avere.
Siurana… Spagna, Catalogna. Da tanto volevo respirarne l’aria. Nei giorni dell’indipendenza non abbiam potuto che viaggiare dall’Italia attraverso la Francia. Giunti a Barcellona di notte non abbiam trovato da dormire e così siam stati a girare per La Rambla… Il suo stesso nome evoca la storica via di arrampicata di Ramonet, ma i racconti non son certo parati lì.
Poco prima che le luci facessero capolino abbiamo seguito i granelli fino a Tarragona; la mezzanotte era passata da molte ore e quindi abbiam trasformato la piccola monovolume, per un ottima tana non serviva altro. L’auto non è diventata una zucca, c’era già la mia dura se è solo per quello. Tre ore di sonno, un bellissimo crepuscolo, una degna colazione e via verso Siurana.
Alla ricerca di pareti abbiam scoperto angoli di mondo incantevoli e paesini che varrebbero la pena d’esser tesi a collana, come i bottoni che infilzi con ago e filo, ricordandoti forma e colore di ognuno, prima con le mani e poi con il cuore.
E finalmente è giunta la pietra. Dodici ore prima mangiavamo paella in un magico ristorante sul mare, un dì dopo ci siam trovati in un far west, (but here). Vie logiche, classiche e moderne; un po’ di amicizia con la roccia e subito in volo.
Tenda tra i boschi, zaino a fil di cielo, dita sulle prese in alternanza al cammino; da bipedi a quadrupedi e ritorno. Molte lingue e costumi, molti cuori che battono e il festival delle percussioni di brandelli di vita e frammenti; Arlecchino o puzzle? …come tu vuoi.
Al termine ancora paella, ancora birra, ancora discorsi e sorrisi… e poi le stelle a bordo pareti, mentre le parole e il silenzio si alternano come le luci e le tenebre in quella trapunta. Le gambe che ciondolano nel vuoto del calcare, l’inudibile assordante orologio procede e un tappeto volante chiamato “io credo”, pronti per la prossima avventura.
Siurana: noi c’eravamo.
Christian Roccati
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