Scambio un paio di battute veloci – ma intense – con Cesare Maestri, poco prima del suo incontro con il pubblico in occasione della presentazione del libro “Dolomiti: cattedrali di roccia” presso la Fondazione Cassa di Risparmio con Rolly Marchi e con l’editore Bepi Pellegrinon.D: io penso che alpinisti sia del passato che di oggi si sono identificati e si identificano eccessivamente in quello che fanno, e che sia anche per questo motivo che nascono le polemiche che agitano questo ambiente “di montagna” e che fanno solo male; qual’è la tua opinione al riguardo, Cesare?
R: secondo me c’è un pericolo, l’ho anche scritto nei miei libri: quando tutti dicono “che bravo! sei un’eroe!” eccetera, bene o male anche se sei una persona intelligente e ti dici “ma no, forse è meglio ridimensionare il tutto…” prima o poi capita che ti guardi allo specchio dicendoti “ah, però!…”.
Io personalmente sono condizionato, presumo di essere afflitto dal ruolo dell’eroe…
D: In che senso “afflitto”?
R: Afflitto perchè tutto questo non è giusto: ricordo che un grande scrittore ha detto “poveri quei paesi che hanno bisogno degli eroi”; gli eroi non servono a nulla, cos’è un’eroe? in realtà eroico lo può essere un gesto, ma è molto difficile essere eroi per tutta la vita.
D: Ti pesa un ruolo che non hai mai voluto?..
R: Ti ripeto, credo di soffrire un po’ della “sindrome dell’eroe“, non so esista questa sindrome… cosa significa essere eroe? essere eroe ti dà il diritto ad esempio di giudicare? Io ad esempio se c’è una cosa che non saprei mai fare al mondo è fare il giudice: chi giudica perchè presume di essere eroe per me non vale nulla come uomo, ma proprio nulla, mi riferisco in modo particolare a certe persone che dovrebbero sempre e comunque ricordare sperare che nessuno gli apra gli armadi…
Lascio Cesare all’abbraccio del pubblico e degli amici; sono parole sentite, le sue, rese vive dal sentimento di chi ha dato molto della sua vita all’alpinismo…
Intervista di Andrea Binchi, realizzata il 4 maggio 2006 – © Etymo srl