MOUNTAIN WILDERNESS. RITORNO DALLA SPEDIZIONE “WAKHI PROJECT”
Si è concluso il 7 giugno il follow up dell’Advanced course of environmental friendly mountaneering organizzato da Mountain Wilderness Iternational e Aga Khan Foundation e iniziato la scorsa estate presso il villaggio di Passu, nel Pakistan settentrionale. Un corso per acquisire le competenze necessarie per offrirsi ai turisti e agli escursionisti stranieri come istruttori di tecniche alpinistiche, portatori d’alta quota specializzati, guide di trekking. Per fornire cioè a giovani locali, già esperti di montagna per tradizione e necessità, le competenze tecniche necessarie per approcciare la montagna da esperti, per poter a loro volta istruire e fare della montagna, a buon diritto, la propria professione. Insegnamenti tecnici e concetti culturali legati a uno spirito di approccio alla montagna fatto di consapevolezza e di rispetto.
Tredici su 25, fra ragazzi e ragazze pakistani, quelli che lo scorso anno hanno conquistato il titolo di istruttori che quest’anno si sono ritrovati al villaggio di Passu, per riprendere e approfondire le tecniche alpinistiche su neve e su ghiaccio. Due alpinisti d’eccezione, Carlo Barbolini e Francesco Cappellari, membri del CAAI e Istruttori Nazionali hanno guidato il corso, organizzato e diretto da Carlo Alberto Pinelli Presidente di mountain Wilderness Italia con la collaborazione di Mountain Wilderness Pakistan (Afzel Sheraze), del Club Alpino Pakistano. Tredici ragazzi, espressione del desiderio di riscatto di un paese ancora in difficoltà ma con un profondo desiderio di cambiamento.
Lo scenario: una drammatica e tormentata distesa di ghiaccio, il Passu glacier, prostrata alla monumentale ombra dello Shishpar (7611 m) e del Passu Peak (7468), a poca distanza dagli impressionanti oltre 60 km del ghiacciaio del Batura. A differenza di altre regioni del Pakistan questa, gode di una tranquilla stabilità, e le donne a viso scoperto si permettono di scherzare sorridenti con uomini e stranieri.
Due settimane di corso intensivo su neve e ghiaccio che hanno visto i ragazzi impegnati in diverse esercitazioni per affinare il proprio livello tecnico e di sicurezza. Gli allievi, selezionati come istruttori dopo diversi test effettuati a conclusione della tranche dell’estate 2013, hanno approfondito i procedimenti dell’attività alpinistica su neve e ghiaccio e approfondito le strategie di gestione di gruppi, in previsione di attività legate al turismo.
Per i giovani istruttori pakistani, l’iniziativa rappresenta un’occasione per prenedere in mano in maniera autonoma e consapevole il destino della propria valle, ma per Mountain Wilderness ha avuto anche un altro profondo significato. Nei giorni dell’iper-affollamento, del consumo di vette come souvenir e del trionfo di un’autocelebrazione che spesso soffoca lo spirito della montagna, il corso di Mountain Wilderness rappresenta una sfida per “coniugare armonicamente la tutela dell’integrità delle esperienze che si possono vivere in alta montagna con le giuste aspirazioni e un riscatto economico delle popolazioni locali (Carlo Alberto Pinelli)”.
Un’iniziativa quindi mirata a favorire, in uno dei più affascinanti scenari montuosi, uno sviluppo di identità ed economia locali basata sulla consapevolezza dei valori di tutela ambientale.
Molti degli allievi che hanno partecipato al corso, hanno già salito vette superiori agli 8000 metri, come portatori di quota. Oggi vogliono di più e la loro partecipazione al corso è l’espressione concreta di questo desiderio. Guide di trekking, alpinisti di professione, rivenditori di materiale tecnico. Il desiderio di emancipare la propria economia e quella della propria valle è manifesta e basata, forse proprio grazie a questi corsi, su un desiderio di conservazione tanto del proprio ambiente quanto della propria identità culturale. La montagna è un’eredità forte e indiscutibile per questi ragazzi.
“Nonostante ci sia un progressivo avvicinamento alla montagna “molti dei ragazzi di città” dice Manzoor Hussain, presidente del Club Alpino Pakistano “si chiedono per quale motivo affrontiamo il disagio di andare in montagna”. E Manzoon risponde: “Le montagne sono la rappresentazione fisica di una delle molte sfide della vita sfida, gran parte delle quali intangibili, a differenza delle montagne che nel loro essere tangibili, rappresentano la vera Natura, ci offrono il contatto con lei e con tutte le sfide ad essa associate. Sfortunatamente il rapido sviluppo tecnologico spinge sempre più la gente a star ferma a non uscire e non esplorare la natura. Diciamo sempre ai giovani: uscite e andate in Natura, ne tornerete energizzati…e ne avrete bisogno”.
In Amin Ullah, Rhiamat, Kaleem, Hafiza e gli altri c’è la volontà di rilanciare il proprio paese, di offrirsi per offrire un patrimonio, quello naturale, di cui con le parole di Manzoor Hussain “sono solo i fortunati custodi. Un mare di montagne inimmaginabile, dedicato non solo agli alpinisti ma a tutta l’umanità”.
Molti dei ragazzi incontrati hanno ormai acquisito un’ottima padronanza delle tecniche alpinistiche, ma l’esito dell’iniziativa sul lungo termine dipenderà molto dall’impegno organizzativo che seguirà e da cui dipende anche la nostra possibilità di visitare un paese magnifico, in compagnia di guide speciali.
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