L’incredibile, assurda morte di Patrick Edlinger, è stata un duro colpo soprattutto per noi scalatori ormai alla soglia dei “cinquanta”. Per noi, che siamo cresciuti con il mito delle immagini di “Opera Vertical” e “La vie aux bout des doigts”. Attoniti di fronte alle agenzie stampa che rimbalzavano fino ai più importanti portali del mondo verticale, abbiamo forse avuto la sensazione che con la sua morte si sia chiusa definitivamente un’epoca: la nostra. Favolosi erano quei primi anni ’80 quando vivevano la scoperta di un mondo verticale in piena trasformazione, un mondo che stava abbandonando gli scarponi, le salopette di elasticizzato e le camice a quadretti di “Carlo Mauri”, per far posto alle miracolose scarpette EB, ai pantaloni di cotone con le toppe, ai primi pantacollant, alle imbracature basse e al sacchetto porta-magnesite. Quando sul mercato comparvero le prime mitiche “varappes” firmate da Patrick per la “Dolomite”, molti storsero il naso per il colore marroncino. Ci si era poi divisi tra coloro che le trovavano formidabili in appoggio e quelli che invece le ritenevano eccessivamente rigide. Nacquero delle vere e proprie dispute che si sarebbero consumate nell’appuntamento serale presso la palestra di roccia artificiale del Palavela di Torino, nei corridoi dei licei, nei ritrovi domenicali dei santuari dell’arrampicata “libera” fuori porta.
Poi Patrick spiazzò tutti salendo on sight la via del “Totem Bianco” alla “Parete del disertore” (Valle dell’Orco) calzando in un piede la sua PE e nell’altro una EB, immortalato per sempre in una foto che lo ritrae sotto il durissimo e caratteristico passo chiave del tetto ad arco. E sembrò incoerente Patrick, quando, alle prime gare di Bardonecchia del 1985, declinò l’invito deludendo l’attesa di tutti i suoi ammiratori, salvo poi vincere l’anno successivo raggiungendo quella catena che a tutti era sembrata impossibile.
Chi era più forte Berhault o Edlinger? A noi che ci dividevamo su tutto, discutendo se fossero meglio i paninari oppure i dark, i Duran Duran oppure i Cure, era sufficiente vedere le foto delle pagine di Alp o della Rivista della Montagna per comprendere come con questi fuoriclasse amici-rivali, l’arrampicata avesse toccato livelli sublimi e futuristici.
Se ne sono andati entrambi, Berhault cavalcando il suo sogno a fil di cielo, Edlinger forse lasciato troppo solo in un momento difficile della propria vita. E con lui se n’è andata forse per sempre anche la nostra giovinezza vissuta in quegli anni irripetibili, quando scalare su un sasso o sul cemento era “visionario” e avventuroso come affrontare una grande parete alpina.
Grazie Patrick.