IL BHUTAN E FINIS TERRAE. AL MUSEOMONTAGNA IL 17 MAGGIO
Nell’ambito dell’iniziativa “La notte dei Musei” il Museo della Montagna di Torino il giorno 17 maggio resterà aperto dalle 10,00 alle 24,00 con ingresso gratuito. Per l’occasione, oltre alla possibilità di visitare le collezioni permanenti e la mostra “Visioni tra le rocce” sono previsti due eventi speciali in Sala Stemmi:
Ore 17,00 – IL BHUTAN
In occasione dell’appuntamento Il Bhutan al Museomontagna sarà presentato il film “School among Glaciers” di Dorji Wangohuk, 72′. La storia di un insegnante che compie un viaggio di 14 giorni a piedi per Lunana dove si fermerà per e 5 mesi a 4500 metri di altezza con tribù semi-nomadi formate da un migliaio di individui considerate le più arretrate del Bhutan. L’esperienza porterà l’insegnante alla scoperta delle affascinanti caratteristiche culturali di questi popoli nomadi.
Ore 21,00 – FINIS TERRAE
Roberto Mantovani presenta “Finis Terrae” di Fulvio Mariani, 1999, 56′.
La lavorazione di Finis Terrae, il lungometraggio prodotto dal Museo Nazionale della Montagna con la Regione Piemonte, in collaborazione con la sede Rai della Valle d’Aosta nel 1999, per la regia del ticinese Fulvio Mariani, fu nel 1999 una vera avventura. Il progetto del film, giunto poi felicemente a conclusione, era quello di far ripercorrere a un interprete d’eccezione – Walter Bonatti, all’epoca non ancora settantenne – le orme dell’esploratore salesiano Alberto Maria De Agostini in Patagonia e in Terra del Fuoco.
De Agostini (Pollone, Biella, 1883 – Torino 1960) era un uomo che ormai faceva parte della leggenda e oggi può essere considerato uno degli ultimi grandi esploratori romantici, del tempo in cui i viaggi di scoperta ancora non potevano contare né sulla fotografia satellitare né dei sistemi di posizionamento globale (Gps). A lui si deve la conoscenza delle regioni interne del continente sudamericano e l’individuazione dei grandi ghiacciai che ne costituiscono il cuore, degli innumerevoli, imponenti massicci montuosi che costituiscono la sezione australe della cordigliera andina, di mesetas, cañones, fiordi, fiumi e torrenti. Fu proprio il biellese a costruire sulla carta geografica, con gli innumerevoli viaggi realizzati nel corso della sua permanenza come missionario nelle terre del Fin del mundo, la geografia dell’estremità meridionale dell’America Latina. Qualche volta assieme a pochi fidati compagni, a volte da solo, ma sempre portando con sé la fotocamera e la cinepresa.
Walter Bonatti, innamorato della Patagonia e frequentatore delle sue montagna dalla fine degli anni ’50 era il personaggio adatto alla scopo, e mostrò subito grande confidenza con l’ambiente, oltre che rispetto per la pluridecennale esplorazione del sacerdote salesiano. Alla ricerca storica pensò invece il Museo, che da anni si occupava dell’opera di De Agostini.
Nell’équipe che operò in Patagonia e in Terra del Fuoco, oltre al regista e a Bonatti erano presenti rappresentanti del Museomontagna, Rossana Podestà, una guida andina e un tecnico cinematografico. In due diverse occasioni — nell’estate e nell’inverno australe del 1999 – il gruppo viaggiò dall’estremità della Terra del Fuoco al gruppo montuoso del Fitz Roy utilizzando tutti i mezzi a disposizione, alcuni dei quali messi a disposizione delle autorità civili e militari di Cile e Argentina. Furono percorsi molti dei canali fueghini per filmare il celebre Monte Sarmiento e la Cordillera Darwin. Successivamente l’équipe del Museomontagna effettuò riprese nella missione salesiana dell’Isola Grande della Terra del Fuoco e sulle due sponde del Canale di Magellano. Risalendo verso nord, Bonatti raccontò poi le imprese di De Agostini ai piedi del massiccio del Balmaceda, che si erge in fondo al Seno Ultima Esperanza, alle Torres del Pine e infine al cospetto del Fitz Roy, che fu filmato in una giornata invernale di cielo terso e freddo intenso, realizzando sequenze memorabili intorno alla vetta, al poco distante fungo sommitale del Cerro Torre e sull’imponente Hielo Patagonico Sur. Una grande avventura che, trasportata raccolta dalla videocamera, ha cercato di restituire la cultura e il sapore di un mondo che oggi non esiste più, abitato un tempo dagli indios, da pobladores e avventurieri, ma anche dai missionari salesiani che cercavano di alleviare le sofferenze di un popolo destinato a scomparire dopo la comparsa degli occidentali. Infine, durante il soggiorno patagonico, l’obiettivo della camera di Fulvio Mariani indugiò sulle città della Patagonia, soprattutto su Punta Arenas, che all’inizio del Novecento costituiva un centro portuale di importanza strategica per le grandi navi transoceaniche che doppiavano Capo Horn e ospitava una notevole comunità di imprenditori lanieri. Per non dire delle cittadine interne, da cui partì l’avanzata dei coloni che si insediarono nelle regioni pampeane costruendo estancias e promuovendo l’allevamento di immense greggi di ovini. Insomma, Finis Terrae fu davvero un’immersione in una storia lontana, che vale senz’altro la pena di conoscere.
Info: www.museomontagna.org
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