Negli ultimi 10 mesi abbiamo lavorato allo sviluppo di una nuova catena di produzione della lana in grado di garantire standard elevati e verificabili sia per l’equo trattamento degli animali che per la gestione del territorio. Oggi abbiamo raggiunto alcuni importanti obiettivi e vogliamo aggiornare i nostri clienti sui traguardi messi a segno, ma anche sulla strada che resta ancora da percorrere.
Il background di partenza: Nel 2011 abbiamo scelto di collaborare con The Nature Conservancy e Ovis 21 ad un nuovo progetto per l’allevamento di pecore da cui ricavare lana merino che, attraverso l’uso di pratiche di pascolo olistiche, contribuisse al ripristino delle praterie della Patagonia, da lungo tempo degradate. Il progetto consentiva inoltre di mantenere viva in questa regione argentina la secolare cultura dei ranch, un tradizionale modo di vivere oggi a forte rischio di scomparsa.
Si è trattato, all’epoca, del miglior programma disponibile per la produzione di lana: attuava infatti ciò che avevamo imparato fino ad allora sull’equo trattamento degli animali a scopo produttivo. Non essendo presente nella regione patagonica il moscone della carne, le pecore non venivano sottoposte alla dolorosa pratica del mulesing (l’asportazione di alcune porzioni di carne dal fondoschiena dell’animale per evitare l’insediamento dei parassiti), avevano spazio in abbondanza per pascolare e non venivano alimentate con ormoni o antibiotici.
Nonostante l’avvio della collaborazione nel 2014 nell’ambito di Textile Exchange per lo sviluppo di uno standard di responsabilità per la produzione della lana (Responsible Wool Standard), la nostra stessa supply chain della lana non aveva mai incluso in precedenza un approccio che tenesse conto contemporaneamente del duplice problema della gestione sia del territorio che del benessere animale.
Siamo rimasti sgomenti quando un rappresentante di PETA (People for the Ethical Treatment of Animals), organizzazione a tutela dei diritti degli animali, ha documentato attraverso un video il crudele trattamento riservato alle pecore in alcuni dei ranch che ci fornivano lana merino. Per quanto in disaccordo con molte delle dichiarazioni di PETA, e con il suo tono da tabloid scandalistico, siamo rimasti spiazzati da ciò che abbiamo visto nel video: brutale indifferenza alla sofferenza degli animali e mancanza di compassione nel modo di trattarli.
Abbiamo spiegato ai nostri clienti che avremmo smesso di acquistare lana da qualsiasi fornitore fino a quando non fossimo stati sicuri di poter soddisfare uno standard sufficientemente elevato in termini di equo trattamento degli animali, ma senza sacrificare le pratiche di rigenerazione delle terre da pascolo.
Questa occasione di riorganizzarci ha dato i suoi frutti, perché ci ha offerto l’opportunità di imparare moltissime cose. L’intero processo – consultare esperti nel campo del benessere animale, coinvolgere allevatori statunitensi attenti a una gestione oculata e rispettosa del bestiame, condurre una serie di approfondite ispezioni e verifiche sul campo, osservare attentamente che cosa comporta, in concreto, rivitalizzare il suolo e al contempo trattare gli animali in modo equo – ci ha ricordato il momento in cui abbiamo deciso di passare dal cotone coltivato in modo tradizionale a quello organico. Dopo esserci confrontati con esperti del settore, aver esaminato ciò che è effettivamente possibile fare e aver definito i più alti standard possibili, abbiamo infine implementato una nuova catena di produzione che si avvale dei migliori partner disponibili sul mercato.
Le ardue realtà dell’allevamento animale: Questa è una buona occasione per parlare delle difficoltà incontrate lungo il percorso. La lana, come la piuma, è considerata un sottoprodotto della macellazione animale a scopo commerciale. I vegani, come alcune persone che lavorano a Patagonia o come gli attivisti di PETA, scelgono direttamente di evitare di ricorrere all’alimentazione o all’abbigliamento che preveda l’impiego di carne o di altri derivati animali. Ma per il resto di noi, che produce e mangia carne e che indossa indumenti di lana, piuma o pelle, la questione è decisamente più complessa. Possiamo infatti fare tutto ciò che è in nostro potere per assicurarci che gli animali non soffrano prima della macellazione e che quest’ultima avvenga in modo equo e compassionevole, ma resta ancora molto lavoro da fare per sviluppare uno moderno standard morale per il trattamento etico degli animali.
Nel corso del 20° secolo la società ha riservato agli animali da allevamento un trattamento via via sempre più brutale: recinzione e trasporto in spazi angusti e malsani, somministrazione sconsiderata di ormoni e antibiotici, manipolazione genetica mirata per togliere loro la capacità di muoversi o di seguire un normale ciclo di vita. Le azioni riprese nel video diffuso da PETA, pur essendo pratiche effettuate più a livello diretto e individuale che a livello di generalizzata crudeltà industriale, sono comunque comportamenti profondamente radicati nel modo in cui gli uomini trattano e considerano gli animali e che è, in ultima analisi, il prodotto di secoli di un certo tipo di cultura. Come è possibile cambiare tutto questo?
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INFO: PATAGONIA