Oggi ho disceso un torrente con un amico, mentre un soffitto d’acqua si apprestava a caderci sulla testa ed il lavoro incombeva. Il rio si chiama Cu du Mundu… in Appennino. Già il nome rappresenta una garanzia… Mi chiedevo se non fosse questa la volta in cui l’onda di piena mi avrebbe sorpreso (o quasi), in forra, invece tutto bene. Come attribuirono cinematograficamente ad un certo “Massimo”… «gli dei hanno il senso dell’umorismo».
Abbiamo discorso di molte cose e poi è arrivata la fatidica domanda… «come va?» Che rispondere? “bene”… certo.
“Infastidito”, in realtà…
Come tutti, sono abituato a fare discussioni di lavoro, ed a “pelare gatte”, nonostante la mia occupazione sia un po’ particolare. Non posso esimermi dalle regole più ferree del mondo del work in progress. Faccio orari assurdi, lavoro 12-16 ore tutti i giorni di tutto l’anno, quasi sempre anche nei week end, con somma pazienza della mia compagna, (trovando comunque il tempo di allenarmi con costanza ed impegno, per poter continuare ad arrivare alla fine del mese o quasi)… Ci sono però alcune cose che non riesco a digerire. Forse non ho ancora abbastanza “pelo sullo stomaco”.
Un conoscente ha letto un mio libro, “Sedersi sulle Pietre”, e dice di averlo trovato “bello”. Eppure, parlando con un’amica, le ha dichiarato tranquillamente: «bello si… ma questo vuol davvero farmi credere che tutte le mattine va lassù?»
[singlepic id=29 w=320 h=240 float=center]Ho scritto quel libro, e ciononostante non lo reputo un buon lavoro. A molti è piaciuto in effetti, ma i miei amici, tutti i miei amici, mi hanno giustamente “tirato le orecchie”, ed è stato fin poco…
La mia intenzione era mettere nero su bianco che se una persona normalissima, come me, può arrivare a fare ciò che desidera, allora può farlo chiunque. Se una persona che ha mille paure, mille timori, mille dubbi, può conquistare il suo piccolo paradiso e praticare la montagna, dalla più semplice alla più estrema, allora può farlo chiunque. Quelle pagine dovevano rappresentare ognuno di noi.
Il problema è che non è mai facile parlare di se stessi, e così, ho ottenuto l’effetto contrario… Sono semplicemente apparso come un megalomane. Forse non è servito a nulla. A molti è piaciuto, ed a me che l’ho scritto no, perché io non sono, né volevo essere “Rambo”, ma piuttosto “Medioman” che prova a vincersi, a crescere, a migliorare.
Se quel conoscente avesse detto alla mia amica che sembro un “pallone gonfiato”, sulle mie pagine… avrei chiesto “scusa” per la mia scarsa capacità letteraria, che mi ha trasfigurato nel mio stesso libro. Avrei chiesto scusa perché ho sbagliato ed è vero. Invece, sentire le parole “vuol farmi credere”… beh questo si che mi ferisce profondamente.
Non mi fanno male le riunioni, le scadenze, le interminabili ore, o le cose che devo fare, che io ne abbia voglia o meno, che io me la senta o meno. È vita di tutti. Mi ferisce invece la falsità, specialmente se a me attribuita.
Andare in montagna, credo fermamente, dovrebbe voler dire prima di tutto lottare per la sopravvivenza in un luogo per cui siamo stati costruiti, cioè vorrebbe dire verità. La famosa scuola di vita nasceva dall’idea che non si potesse venire a patti con l’Alpe, ma bisognasse averne totale rispetto. Oggi la scuola di vita della “scatoletta magica dai mille colori” insegna tutto il contrario. Tra i vari “Fuck you” di qua è “fuck off” di là, difficilmente si trova spazio per un mondo “che non gira tutto intorno a te”, ma che al contrario ti metta a dura prova, dove ti possa conquistare tutto a rischio della tua stessa vita.
La gente muore nei cantieri, ma ci va lo stesso. C’è chi lavora a contatto col sangue, e continua a farlo. E c’è chi per fare il proprio mestiere deve allenarsi allo stremo, e quando arriva a mantenere la forma, forse, e dico forse, solo in quel momento potrà avere occupazione.
Non vado lassù tutte le mattine, ci vado ogni volta che posso, indipendentemente dall’orario. E non vado a fare quello che mi piace, ma quello che devo, a seconda del tipo di ingaggio. C’è chi dice di fare 90 e magari fa 15. Beh io dico di fare 30… ma magari faccio 31… E mi costa una fatica immensa.
Mi dispiace nei confronti dei lettori, di non aver saputo trasmettere ciò che volevo, come lo volevo, in “Sedersi sulle Pietre”. Mi dispiace d’esser apparso come non sono, vanificando il risultato di quel tentativo. Cercherò di migliorare. Ho rimediato ampiamente nell’ultimo libro, eppure continuerà ad intristirmi questa cosa. Ma non mi dispiacerà mai di aver parlato di come e quanto mi alleno… perché ciò che ho descritto è in realtà una briciola di ciò che faccio davvero. E se questo in qualche modo fa dire a qualcuno «Cosa vuoi farmi credere?» beh, non è mio il problema, ma del metro usato per il giudizio.
Invece di pensare che “uno di noi” non possa arrivare a fare ciò che solo “loro” possono raggiungere… Proviamo a pensare che “loro” e “noi” sono parole prive di significato, e che ciascuno può guadagnarsi il proprio angolo di felicità, millimetro dopo millimetro. Abbiamo una vita sola, possiamo evolverci in qualsiasi cosa.
Christian Roccati
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