Dante Conchatre si è spento in casa sua, nella notte tra il 14 ed il 15 gennaio 2011.
Nacque ad Aosta l’1 agosto del 1923, quarto di cinque figli. È stato un alpinista, corridore in montagna, sciatore; un grandissimo appassionato di montagna, prima di ogni cosa, ed un uomo saldo e di sani principi, una di quelle figure d’altri tempi. Dante è anche stato un alpino ed un comandante partigiano, sempre e comunque una persona umile e schiva che non ha mai amato parlare di se stesso.
Ma chi era davvero Dante Conchatre?
Da ragazzo si mise subito a lavorare. Una delle prime occupazioni fu quella di fattorino per la prefettura. Correva l’anno 1941 e vi erano le chiamate alle armi, ma per via del lavoro, Dante non venne reclutato subito. Era già un grande frequentatore della montagna e per questo motivo, l’anno seguente, si offrì come volontario e divenne istruttore di roccia e sci alla scuola militare Alpina.
Questa ulteriore qualifica conseguì un’attività in montagna ancora più assidua. Conchatre effettuava gare di corsa e sci di gran livello. Tra queste vi fu anche il trofeo Parravicini, l’11-04-1942, una storica competizione di fondo, nelle Alpi Orobie Bergamasche. Nell’annuario del CAI di Bergamo di quell’anno vi è scritto “…i migliori fondisti italiani hanno gareggiato in questa edizione […] Meravigliosa la gara del GIL di Aosta apparsi fra i migliori in assoluto”. Oggi questa competizione di livello internazionale è ancora tra le più agogniate.
Come sappiamo dalla storia di tutti, l’8 settembre 1943 vi fu l’Armistizio ed iniziarono le nuove chiamate alle armi nel nord Italia. Molti tra gli alpini non volevano schierarsi tra le file nazifascisti e preferirono fuggire in montagna, sfidando il gelo, la morte e la fame. Dante aiutò molti tra essi. Alcuni ragazzi scappati a Gressan però fecero l’errore di tornare alle proprie case e furono scovati e “torchiati”. Il nome di chi li aveva aiutati venne fuori ed i questurini andarono ad aspettare Dante a casa sua. L’imboscata tesa al futuro partigiano non andò a buon fine però, perché la giovane sorella minore, Adelina, con una di quelle azioni mirabolanti che siamo abituati a vedere nei film d’azione, riuscì ad avvisarlo, e Dante sparì prima che potessero braccarlo.
Conchatre rimase qualche giorno ad Aosta, presso Gressan, poi a Peroulaz, e successivamente salì a Fernier, nelle vicinanze di Pila, insieme al Capitano Bert (Andrea Pautasso) ed il tenente Giocondo Falcoz. In quel momento Dante, caporal maggiore del 4° reggimento alpini, divenne partigiano a tutti gli effetti. (Per le azioni successive, al termine del conflitto, verrà promosso Tenente partigiano al comando di 200 uomini, vicecommissario di brigata).
La banda, che potremmo definire gruppo Fernier per identificarla, acquistò volontari, un poco alla volta, sino a raggiungere le 7 unità in totale e rimase nella zona di Pila sino al 21/23 aprile 1944, momento nel quale vi fu il trasferimento nella comba di Vertosan, nei pressi di Saint Nicholas. Questo spostamento avrebbe dato luogo ad una delle più grandi bande della Valle d’Aosta. Il gruppo sarebbe cresciuto sino a circa 300 unità, sebbene malvestite e male equipaggiate. Scarponi tenuti su col fil di ferro, ragazzi costretti a mangiare cicoria e rane… sono solo alcuni degli elementi per descrivere la durezza di quei momenti.
L’attività dei partigiani, che si consideravano il vero esercito italiano, durò sino al tremendo rastrellamento del 30 luglio 1944. Le forze naziste e fasciste salirono per eliminare la formazione Vertosan, con una sortita ed un enorme dispiegamento di soldati e mezzi. La banda subì pesanti perdite ed i nazifascisti fecero scempio persino dei cadaveri lasciati al sole a marcire. I partigiani non poterono dare degna sepoltura ai loro commilitoni per giorni, perché temevano le minacciate rappresaglie verso la popolazione.
Per non rischiare un nuovo attacco in un luogo difficilmente proteggibile, la banda si spostò in Valsavarenche. Dante però, con una piccola squadra, rimase nel vallone di Vertosan dal primo giorno dell’agosto del ’44, a cercare feriti da radunare e porre in salvo. Così festeggiò il suo ventunesimo compleanno. Continuò in quest’opera sino al 30 agosto per poi ricongiungersi alla banda su ordine del nuovo comandante. La formazione avrebbe preso il nome di banda Valsavarenche, sotto la guida del tenente Robino.
La situazione continuò e si fece tesa. Dopo numerosi combattimenti, il 3 ottobre i nazifascisti attaccarono in massa le vallate. Le linee della Valsavarenche vennero sfondate perché colte di sorpresa ed i partigiani, per fermare l’avanzata dovettero far brillare il canale che solcava la vallata, creando un’enorme frana ed ostruendo il passaggio.
La presa di Fenille, che dava accesso a Degioz, il capoluogo della valle Savara, era collegata attraverso il canale di Molére al posto di blocco di Poignon e di lì a Cogne attraverso Sylvenoire. Se tedeschi e fascisti fossero riusciti a risalire il canale conquistando la vallata, avrebbero distrutto la banda e tarpato le ali alla formazione di Cogne che sarebbe stata accerchiata.
Il 2 novembre 1944 i nazifascisti perciò tentarono una sortita sfruttando la nebbia e la neve che cadeva copiosa, risalendo il bordo della frana ed attaccando la Valsavarenche e contemporaneamente la vicina valle di Cogne.
Dante si trovava con i suoi uomini nella piccola postazione avanzata di Molére su richiesta del tenente Robino. Era un ruolo difficile e serviva un uomo di fiducia. Conchatre rimase con pochissimi partigiani tutto il giorno a combattere. Impedì il passaggio degl’invasori sfruttando la copertura della coltre bianca, lasciando venir vicini i nazi ed attaccando e così via, al gelo per ore ed ore. Se avesse ceduto, la colonna avrebbe avuto campo libero sino a Degioz e sarebbe stata la fine delle due bande e di centinaia di vite. Dante impedì tutto questo salvando un enorme numero di persone.
Nonostante la vittoria dei resistenti la situazione divenne insostenibile anche in quest’area. Gli storici sono molto divisi su questo frangente. Per altro il 13 novembre era arrivata la comunicazione di resistere in qualche modo fino al migliorare della situazione. I partigiani erano privi di cibo e vestiario, perciò decisero di andare in Francia a cercare ricovero attirati dalle promesse d’oltralpe.
Dante seguì la lunga colonna composta da resistenti e popolazione civile, cercando di porre aiuto nel valicare in pieno inverno i piani ed il colle con il rischio di congelamenti e morte per assideramento per molti. Arrivato sul punto di fuggire in Francia, decise di rimanere in vallata, e pochi uomini si misero al seguito, decidendo anche loro di restare. Quella che si formò fu la piccola banda Roley. Stanziata all’imbocco dei piani del Nivolet. Dante prese il nome di battaglia “Bob”.
Dopo molteplici avventure concentrate in poco più di un mese decisero di trasferirsi in un luogo diverso, dove potessero trovare del cibo e resistere. Perciò nel dicembre del ’44 scesero nel vallone centrale e risalirono l’altro versante sino alle baite di Met.
Probabilmente a causa delle tante azioni di un uomo sempre in prima linea, che aveva salvato così tante vite, a capo di altri commilitoni, mai nemmeno feriti sotto al suo comando, nel mese di marzo del ’45, a Dante fu anche chiesto di andare a fare la “guardia del corpo“. Il comando di divisione di Brigata aveva domandato e Conchatre rispondeva. I giovani partigiani si trasferirono prima a St. Marcel poi sulle montagne di Quart, sino al termine della guerra.
Il 17 febbraio 1946 Dante fu riconosciuto Tenente, vice commissario di Brigata, con al seguito 200 uomini, operativo in questa qualifica dal 1 luglio 1944 al 7 giugno 1945. (deliberazione 14528).
Successivamente il 14 aprile 1953 avrebbe ricevuto la Croce al Merito di guerra in seguito all’attività partigiana (concessione n. 2176) ed il 4 febbraio 1985 il Diploma d’onore al combattente per la libertà di’Italia.
Nel periodo successivo alla guerra fu mandato come tenente dell’87° brigata ad Ivrea, poi con il congedo entrò nella polizia stradale. Iniziò quindi il periodo quasi mitico che i montanari di quell’epoca si ricordano e che è descritto nei tanti racconti degli anziani valdostani di oggi di quelle vallate, allora “solo” dei ragazzi innamorati delle montagne.
Dante aprì un locale nei boschi di Pila. Faceva da mangiare per tutta la gente della montagna, dai taglialegna agli scalatori… tutti…
Dopo quel primo periodo, circa un anno, lasciò il luogo per andare a lavorare alla Cogne. In breve tempo ebbe due promozioni e divenne capo turno. Dopo qualche anno prese in gestione l’allora molto celebre locale in zona Pila, “La Montanara”. Nella comba, sotto l’egida del monte Emilius, si creò una compagnia di appassionati che vivevano la montagna davvero in ogni sua forma. Dante tra le altre cose ed a titolo volontario, batteva le piste e dava una mano al soccorso alpino. Conchatre viveva per fare alpinismo, collaborava con il CAI, insegnava a sciare, e continuava a fare corse in montagna. In quella compagnia di amici c’erano anche nomi molto noti tra cui ad esempio Mario Stüffer, il celebre scultore ligneo, riconosciuto ancora oggi come uno tra i migliori. Dante e Stuffer erano molto amici.
Nel periodo che seguì Conchatre visse la montagna davvero in ogni sua manifestazione. Continuò ovviamente con le scalate su roccia e su ghiaccio di molte vette di 3000 e 4000 metri nell’alta valle e nel gruppo del Bianco. Continuò assiduamente a praticare lo sci ed a gareggiare, con svariate competizioni anche nell’ambito della marcia in montagna. Tra le varie “prestazioni”, corse con le scarpe da lavoro nei ritagli di tempo, ce ne sono alcune che ancora oggi sarebbero notevoli per i moderni skyrunner, equipaggiati in tutt’altro modo e con la possibilità di tutt’altri allenamenti. …E lo stesso si può dire per le scalate alpine!
Dante si mise anche a fare l’allenatore oltre a moltissime altre cose. Nel 1957 ricevette un diploma d’onore dall’allora sindaco di Aosta Giulio Dolchi per la sua attività di dirigente ed allenatore della squadra dei marciatori alpini. Non a caso sotto la sua guida la squadra dell’Anpi Sport di Aosta aveva vinto il trofeo nazionale di marcia alpina a Trento. Dante era stato l’accompagnatore anche in quell’occasione.
Quindi la domanda si ripropone: chi era Dante Conchatre?
Una persona umile e di poche parole che faceva senza chiedere nulla in cambio? Un uomo forte e di sani principi? Una persona giusta? Un forte alpinista, sciatore e corridore? Un partigiano? Un alpino?
È difficile definire chi fosse. Il vuoto che lascia è paragonabile a quello di un’epoca, fatta di un romanticismo vissuto ed incarnato in lui, che si spegne definitivamente.
Ho provato a capirlo componendo un libro sulla sua vita e ciò mi è servito a ripercorrere le tappe di una storia affascinante ed avvincente.
Ora che è spirato, penso che più che parlare della sua morte, continuerò a ricordarne la vita.
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