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6 Aprile 2012

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DEVASTAZIONE IN VAL ROSANDRA Contributo di Spiro Dalla Porta Xydias e Video

Nella primavera del 1942 sono andato per la prima volta in Val Rosandra. Settantanni fa.

Un momento drammatico della mia esistenza, nell’attesa della “cartolina rossa” che avrebbe scaraventato nell’orrore di una guerra non voluta, odiata, che ti obbligava a vivere in un incubo prolungato, inaridendo la giovinezza, speranza, futuro. Allora ti aggrappavi ad ogni cosa che poteva offrirti una possibilità d’esistenza.

Un compagno di tennis, allievo della Scuola di Alpinismo Emilio Comici, si era messo in testa di farmi provare l’arrampicata, dicendo che avevo il fisico adatto: forte di braccia, agile, leggero….

Avevo accettato proprio per la ricerca di sensazioni nuove, certo che la roccia avrebbe costituito per me un diversivo estemporaneo, come era stato per la corsa veloce, la boxe, il rugby. Un’attività sporadica, atta a riempire il vuoto e l’angoscia di qualche domenica mattina. Nulla di più.

Così ero andato in Valle, quella lontana primavera di settantanni fa. E la Valle da allora non l’ho più abbandonata. E quelle domeniche dedicate alle sue rocce chiare avevano costituito non certo un passatempo: ma una passione che strappava dall’orrore, dall’instabilità, dalla triste passività giornaliera: un motivo di fede, di amore. La settimana nell’attesa della domenica dove, nella piccola conca valliva in funzione della montagna, avrei trovato l’abbraccio con la bellezza della natura, cui aggrapparmi con passione disperata…

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Andava proprio fatta questa pulizia dell’alveo?
Perché innanzi tutto il sindaco del comune di San Dorligo ha rifiutato l’offerta di un gruppo di abitanti della zona che si erano dichiarati pronti ad effettuare gratuitamente la rimozione delle ramaglie giacenti nel letto del Rosandra?

Ma no, niente incarico a privati che, proprio perché del luogo offrivano la garanzia di ben conoscere l’ambiente. Niente lavori fatti in casa con competenza e serietà: ma la richiesta dell’intervento con trombe e tamburi della cosiddetta Protezione Civile che ti sguinzaglia 200 volontari ignoranti e presuntuosi e trasforma la presunta “pulizia” in scellerata, inconcepibile, delittuosa devastazione, in orribile, assurdo scempio.

Non occorreva essere Einstein per capire che gli alberi non devono mai essere tagliati in questa circostanze, perché proprio in caso di esondazione frenano e rallentano il deflusso delle acque. Che invece lasciate libere da ostacoli defluiscono con ulteriore forza e violenza. Alberi di alto fusto, rari, splendidi che conferivano particolare fisionomia naturale all’ambiente … (continua)

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