Matteo Calcamuggi – guida alpina della cordata verde nel reality Monte Bianco che ha fatto coppia con Arisa, protagonisti dell’eliminazione alla prima puntata – è stato anche action blogger di MountainBlog: non poteva mancare un’intervista in esclusiva con lui che ci consentisse di dare uno sguardo dietro le quinte!..
Il nostro Andrea Bonetti lo ha contattato durante un viaggio in Sud Africa… ecco l’interessante chiacchierata che ne è emersa, buona lettura!
D. Hai fatto la guida di Arisa, il personaggio forse più mediatico e al tempo stesso caricaturale fra i concorrenti dell’adventure game. E’ stata dura come si è visto nella puntata oppure il montaggio ha calcato la mano solo su alcune situazioni?
R. Come in tutte le situazioni di attrito, bisogna trovare un equilibrio e noi lo abbiamo trovato nella salita delle Pyramides Calcaires. Il montaggio non ha calcato la mano, ha solo preso delle situazioni reali che si sono verificate durante al salita e poi le ha montate insieme in maniera non lineare, quindi magari sembra esser stata una salita ‘pesante’ in toto ma non è stata tutta così, infatti poi da metà salita ci siamo intesi nuovamente.
Per quanto riguarda il montaggio finale, posso dirti che nessuna delle guide ha partecipato, la cosa è stata gestita dagli autori. Immagina che delirio possa essere fare il montaggio per due ore di puntata dopo aver scremato una quantità esagerata di files audio/video. Per tutti noi ogni puntata risulta assolutamente ‘una vera prima’.
D. E’ stato difficile per te, e per voi guide in generale, avere a che fare al tempo stesso con dei neofiti della montagna e con le telecamere?
R. Come esperienza con le telecamere per me non è stata la prima, sicuramente la troupe di Monte Bianco era molto numerosa rispetto alle mie precedenti esperienze.
Il discorso di avere a che fare con un neofita mi fa sorridere dal momento che questa tipologia di persone rappresenta tranquillamente circa l’85% dei miei clienti, sia l’inverno che l’estate.
Il fatto di avere avuto due gopro in testa e due operatori durante la salita, più un operatore ‘reality’ al termine di questa, sicuramente ti può influenzare e mettere a disagio durante i primi giorni, soprattutto parlare davanti alle telecamere non è cosa facile se non ci sei abituato.
Poi però la cosa passa, anche perchè comunque durante le varie prove sei concentrato esclusivamente su quello che stai facendo tu e il tuo compagno/a di cordata.
Tutto il resto passa in secondo piano, se non in terzo, infatti molti nostri dialoghi ‘in azione’ non me li ricordavo mica, come il discorso che ho fatto sul famoso ‘non so quale chakra tu mi abbia aperto’ , giuro che non me lo ricordavo e ho iniziato a ridere a crepapelle quando l’ho sentito.
D. Sui social tutti ti esprimevano simpaticamente “solidarietà” per il tuo ruolo e per il fatto che tu e Arisa siete stati la prima cordata ad essere eliminata. Come ricorderai questa esperienza? Dispiaciuto di non aver potuto proseguire?
R. Come ho espresso sulla mia pagina facebook, l’emozione finale mia e di arisa non riguardavano assolutamente il fatto di non poter proseguire nel gioco e di dover andare a casa.
Della competizione non importava molto a nessuno dei due.
Insieme abbiamo passato giorno e notte e ci siamo anche raccontati parecchie cose uno dell’altro, sia positive che negative, come se ci conoscessimo da più tempo.
Queste cose succedono sovente in montagna, perchè le emozioni sono amplificate e si è molto più aperti e ricettivi.
L’esperienza di Monte Bianco per me comunque è stata positiva anche se sono uscito subito.
Mi sarebbe invece piaciuto poter affrontare ancora qualche prova con Arisa perchè sono sicuro che dopo quella salita ci saremmo divertiti molto di più in quasi tutte le prove.
Ovviamente le difficoltà sarebbero aumentate, però ancora una puntata son sicuro che l’avremmo potuta fare, anche perchè il canyoning e la ferrata sono attività divertenti e non così ‘fisiche’.
D. Secondo te “Monte Bianco” racconta la montagna in maniera efficace e coinvolgente? Non c’è il rischio di banalizzare l’ambiente e trasmettere un messaggio superficiale a chi non è abituato a frequentarlo?
R. Monte Bianco è un programma televisivo e come tale non può raccontare la montagna in maniera completa e esaustiva.
Sicuramente ha il pregio di poter coinvolgere lo spettatore a digiuno e dare degli spunti, delle critiche, sicuramente ha il pregio di far vedere la montagna come forse non è mai stata mostrata prima su di una rete nazionale.
Il discorso di banalizzare l’ambiente e trasmettere un messaggio superficiale, come anche molte critiche espresse da personaggi più o meno del settore lo trovo banale e retrogrado, per fortuna il periodo di lotta con l’alpe è finito da parecchio tempo, il nuovo mattino pure, i conquistatori dell’inutile.
I tanti che hanno criticato tutto a prescindere mi fanno veramente sorridere, mi sembra quasi che cerchino un alibi, come scritto dal buon Emilio (Previtali ndr) ‘…questo reality è il nostro alibi per sentirci tranquilli e a posto dalla parte del giusto, anche se non lo siamo’.
Oggi è il tempo di social, tweets e gopro, e la frase di Warhol per loro calza a pennello.
Tutte le persone che criticano forse hanno perso il punto di partenza di questo programma televisivo, che in primis è un format per la televisione, non è un compendio di alpinismo nè tanto meno un bignami.
E le loro critiche sono come quelle di una persona che leggendo solo la quarta di copertina, pretende di aver letto il libro intero.
Come hai potuto vedere anche dalla seconda puntata, non c’è nulla di banale nelle prove che vengono effettuate di volta in volta, riescono a convivere sia l’aspetto ludico che i rischi di una salita, nonostante la presenza delle telecamere.
D. Ci racconti un aneddoto che magari non si è visto in televisione ma che ricorderai a proposito di questa esperienza?
R. Ah, bella questa domanda.
In cima alle Pyramides Calcaires io e Ros (Arisa) dopo aver raggiunto la vetta, siamo rimasti finalmente da soli, senza macchine fotografiche, cineprese, operatori, elicottero, drone.
Ci siamo semplicemente seduti a mangiare qualcosa e a bere prima di affrontare la discesa, che è forse la parte più pericolosa di tutta la gita perchè di puro sfasciume.
In quel momento Ros mi ha nuovamente ringraziato dicendomi che per lei quel giorno è stato un giorno importante, uno di quei giorni che ognuno si porta dentro per sempre.
Alla fine nonostante le paure, le era piaciuto tantissimo quello che eravamo riusciti a fare insieme.
E quando siamo rientrati stanchi al campo base, prima di salutare tutti quanti, ci siamo fumati insieme una Marlboro rossa.
Come si conviene tra alpinisti dopo una vera bella gita, mentre io di solito non fumo.
Intervista di Andrea Bonetti – MountainBlog.it
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