“Due calzini” era uno di quegli istruttori che amano mettere l’accento sui ruoli nello svolgimento dei corsi di alpinismo. Piuttosto saccente e sicuro di sé, arringava gli allievi come un d’Annunzio dell’alpe, intimando quella giusta distanza che un maestro dovrebbe sempre imporre ai propri discepoli (maschi), peraltro già fortunati di poter beneficiare di cotanta esperienza e bravura. Del resto, “Due calzini” sfoggiava con orgoglio il suo distintivo di latta, guadagnato con duri anni di militanza nel mondo di quell’alpinismo istituzionale a lui tanto caro, divenendo esempio e sprone per quegli allievi che aspiravano, in un futuro ancora lontano, a seguire la sua strada. Riconoscendo la “debolezza” del gentil sesso, però, egli non esitava ad offrire la sua “vicinanza” protettiva alle allieve (soprattutto quelle carine), a cui mostrava (invano) una disinteressata e fraterna disponibilità per uscite “fuori corso” infrasettimanali. E da vero buon maestro metteva in guardia le sue allieve da quegli istruttori che egli definiva “fasulli”, mostrando impettito la sua patacca, simbolo quasi araldico della purezza di autentico cavaliere del verticale. E mentre con le braghe corte e quelle orribili calzette “mezza-gamba” che avrebbero fatto impallidire anche il più imberbe boy scout, affrontava di fronte a una platea di allievi (divertiti) e con piede tremulo quel tiro che aveva provato migliaia di volte , si chiedeva chi fosse mai quel “Due calzini” divenuto oggetto negli ultimi tempi di qualche piccolo sfottò.
“Due calzini e una patacca”
Note: un project di Marco Blatto e Renato Rivelli. Scalata prevalentemente di stampo tradizionale con un secondo tiro in fessura larga, molto expo.
Località: attualmente segreta, ma da qualche parte sulle Alpi Graie meridionali.
Roccia: gneiss occhiadino
Difficoltà: per ora impegnativa, poi si vedrà.
Materiale: occorrono bd, 0.4, 0.75, 1, 2, doppi il 3 e il 4, un 5 e un 6 per la fessura del secondo tiro.
Soste: tutte attrezzate con spit-fix ed anello di calata.