Abbiamo visto Everest e ne siamo usciti con pareri discordanti. Al nostro Andrea Bonetti è piaciuto molto, e qui potete leggere i 5 motivi per i quali vi consiglia di andare a vederlo (al cinema e in 3D).
Presentato in anteprima al 72° Festival del Cinema di Venezia (ne avevamo parlato qui), è arrivato nelle sale Everest, il film diretto da Baltasar Kormákur e tratto dal libro “Aria sottile” (Into thin Air) di Jon Krakauer. Tema del film è la tragica spedizione sull’Everest del 1996 nella quale persero la vita nove alpinisti; fino al terremoto dello scorso 25 aprile (qui la notizia) che costò la vita a 22 persone travolte da una valanga al campo base, la spedizione del ’96 rappresentò la giornata più tragica nella storia delle ascensioni alla vetta più alta del mondo.
La scorsa settimana, siamo andati al cinema per vedere il film (in 3D) e ne siamo usciti con opinioni abbastanza discordanti. Per questa ragione, abbiamo deciso di mettere a confronto i nostri pareri e darvi una panoramica sulle cose che ci sono piaciute e su quelle che sono state apprezzate meno nel film. Personalmente, sono uscito dalla sala molto soddisfatto ed entusiasta per una serie di ragioni che vado ad illustrare; di seguito, quindi, ecco i 5 motivi per i quali vi consiglio di andare a vedere Everest al cinema (in 3D se ne avete occasione).
1. È l’Everest, bellezza!
Fra le critiche che sono state mosse al film, la più pungente è quella rivolta da Reinhold Messner secondo la quale nel film Everest manca proprio… l’Everest (qui il link). Questo perché, secondo il primo alpinista ad aver raggiunto la vetta senza ossigeno, è difficile riuscire a trasmettere con realismo la vita in alta quota se le riprese sono state svolte a massimo 2.500 metri. Eppure “il gigante” è lì, a livello visivo come narrativo, in tutto il suo fascino e la sua pericolosità. Lo si desidera all’inizio del film, ci si inchina al suo cospetto nelle prime panoramiche, lo si soffre assieme agli alpinisti e lo si rispetta nel suo sfogare le condizioni climatiche più impetuose. Un sogno, quello della conquista dell’Everest, paragonabile solo alla conquista della Luna o dello spazio; e in questo il film fa centro.
2. Che impatto… visivo
Le inquadrature, l’utilizzo del 3D e l’alternanza fra inquadrature strette e campo largo sono una vera e propria gioia per gli occhi. Distante per linguaggio dai film di settore (dopo torniamo su questo punto), il film si distingue in ciò che Mauro Corona profetizzò lo scorso anno nella nostra video intervista (qui il link); è la montagna che diventa scenario della grande narrazione così come lo era il mare per Melville ed Hemingway. Con la sua potenza visiva, il film riesce a riempire lo sguardo dello spettatore di emozioni e voglia di avventura senza dargli tregua, specie nei momenti più drammatici.
3. Il film manda un messaggio da non sottovalutare
Non è solo voglia di conquista, avventura, difficoltà e incidenti. Il film, prima ancora di puntare sulla narrazione e sul coinvolgimento dello spettatore, mette in chiaro il messaggio di fondo: le spedizioni commerciali sono pericolose e inopportune. Lo si vede nella scarsa preparazione degli “alpinisti” accompagnati in vetta, nel business che gravita attorno alle scelte più difficili (azzardiamo un ultimo tentativo visto che hanno pagato o preferiamo rientrare in sicurezza?), nell’assurdità di voler raggiungere a tutti costi una vetta che sa essere molto selettiva nelle sue compagnie. Non solo azione e sopravvivenza, quindi, ma un messaggio chiaro e tondo con il quale fare i conti una volta riaccese le luci nella sala.
4. Un protagonista collettivo
Il cast, che vanta attori come Jake Gyllenhaal, Josh Brolin, Jason Clarke, Keira Knightley e Robin Wright, non si fa soffocare dal protagonista (volutamente più debole rispetto ad altre produzioni) ma trova nel lavoro corale la giusta dimensione per trasmettere il concetto di cordata, fra alpinisti e ancor più fra esseri umani in preda alle loro aspirazioni, paure, difficoltà e caratteri. Non ci si affeziona nello specifico ad un personaggio ma si apprezzano tutti nella caratterizzazione; dal metodico e altruista Rob Hall (Jason Clarke) al guascone Scott Fischer (Jake Gyllenhaal), dallo sprezzante texano Beck Weathers (Josh Brolin) alla coraggiosa alpinista giapponese Naoko Mori (Yasuko Namba), l’impressione è di far parte di un gruppo eterogeneo ma molto legato, una sensazione trasmessa molto bene dagli attori i quali hanno dichiarato di aver condiviso un’esperienza umana forte al di là dell’aspetto lavorativo (qui il video).
5. Non è un film di settore, ed è un bene.
Everest non è un film di settore. Lo si capisce dal linguaggio più improntato sulla narrazione, dal cast, dal fatto che è stato presentato in anteprima a Venezia e non al Trento Film Festival, ad esempio; lasciatemelo dire, questo è un bene. I puristi vi troveranno magari diverse imprecisioni (nonostante la maniacale cura dei dettagli, come ad esempio i materiali e le attrezzature utilizzate nel 1996) e gli alpinisti più esperti criticheranno alcune scene con l’accusa di scarso realismo, ma la dimensione narrativa punta ad un pubblico generico senza sottrarsi alla ricerca di un equilibrio in grado di soddisfare anche i puristi: obiettivo centrato con successo. Rispetto ai film di settore, più improntati ad un linguaggio documentaristico, Everest porta la montagna e l’alpinismo negli occhi e nella mente di tante persone che, complice il magnifico impatto visivo, penseranno a questo film una volta rientrati a casa e il giorno dopo, e il giorno dopo ancora; per qualcuno, magari, accenderà pure una scintilla che farà scoccare l’amore per queste discipline e per l’esplorazione in alta quota. Sarebbe un risultato straordinario, al di là dei dati di boxoffice delle recensioni; per certi versi, con buona pace dei puristi mai pienamente soddisfatti, per i quali il cinema di montagna dovrebbe vivere sempre e solo all’interno di una nicchia. Il cinema action (con Red Bull in prima fila) è già riuscito a superare questo ostacolo; bene che ora lo facciano le grandi produzioni. D’altronde, verrebbe da dire, se la montagna non va a Hollywood, è Hollywood che va alla montagna.
In conclusione, Everest è un film che merita di essere visto al cinema e che è in grado di sorprendere coloro che si aspettano solo un film hollywoodiano o una classica “americanata”. Al contrario, questa produzione riesce a raccontare la montagna ad un grande pubblico senza mai scadere nella banalità o nell’esagerazione. Un piacevole sorpresa, tutt’altro che scontata per un settore come questo.
Rimanete collegati con Mountain Blog perché, dopo questo post, troverete a breve anche un’opinione di stampo opposto. Il bello del web, dei blog e delle opinioni personali.
Andrea Bonetti
MountainBlog.it
Il trailer del film:
Tags: Cinema, Everest, experience