MENU

16 Maggio 2015

Uncategorized

Filo d’Arianna

Come sono arrivato a questo punto?

2015-05-15 20.39.40

Serata “Sopravvivenza” fa parte di uno dei vari cicli d’informazione gratuita che ho creato, insieme ad altre attività pratiche sul campo. Si parla di montagna in una qualche forma, dalla più semplice passeggiata all’avventura più estrema…

2015-05-15 20.40.16

Ma come sono giunto qui? Me lo domando in questa notte già mattina. Non ci sono labbra di fanciulla o braccia di donna, per quanto calde o dolci, che in qualche modo possano placare questa sensazione di vuoto… “Ovosodo” per citare la cinematografia. Non una triste depressione però, non un male del vivere, ma al contrario la voglia di Essere, di evolversi, di vivere, di diventare, di ascendere.

Ricordo i miei primissimi anni di vita, da bocia e i racconti sul lago di Chamolé, la Becca di Nona, l’Emilius, il colle dei tre Cappuccini… Sembrava tutto il mondo, ma era molto di più. Era davvero molto più di così… una terra in cui gli spiriti camminavano di fianco ai mortali, un regno infinito in un luogo finito da cui poter spiccare il volo per qualsiasi futuro. Come sono giunto fino a questo momento, in questo molo in cui attraccato per qualche breve tempo aspetto la prossima onda, la prossima tempesta contro cui salpare…

Ricordo ancora le poche parole che sentivo cantare.

“Vieni con me a sciare, vieni in montagna con me, ti porterò a Pila, sotto il bel ciel di Chamolé e quando vien la sera, a casa tornerem, ohi com’è triste la sera lasciar la motagna e tornare in città, ohi com’è triste la sera lasciar la montagna e tornare in città”.

Pila l’avevano costruita i miei zii, e mia nonna, ben prima di quel blocco di cemento che è ora. Ci si andava solo a piedi. Chamolé era lo specchio di trascendenza che rifletteva il cielo vicino al locale di Mario Stuffer. Ascoltavo cantare questa strofa, godevo di quel transfert di tristezza non mia, magica e dolce, e stavo bene perché non tornavo certo in città… ma quella sera, come ogni sera, stava per iniziare la festa allo chalet, al limitare del bosco. Zio Sandrò arrivava con qualche bottiglia, altre le prendevano il nonno e papà, e i discorsi si decuplicavano fatti di Alpi e di sorrisi. E poi il canto… c’era il canto. Quante volte, quanti balli e fisarmoniche ho sentito danzare tra voci basse e soprani.

Non so come sia arrivato ad accennare alle persone, in una qualche forma, che è possibile sopravvivere per poter vivere o forse si… So per certo come continuerò a camminare in quel mondo di fate e poesia che ci corre accanto, dappertutto, mentre molti si ostinano a stare rintanati quaggiù senza alcun motivo, tranne forse il non sapere cosa c’è nel restante 99% del mondo al di là del cemento e della morte.

La Vita.

…giusto il momento di una bella cantata.

Christian Roccati
SITOFACEBOOK