Sono stato un “finaleros” precoce. “Montanaro” com’ero, ho avuto la fortuna di andare al mare la prima volta quando avevo solo un anno. I miei ricordi marittimi diventano nitidi però soltanto alcuni anni dopo. Era il 1970, da ben quattro anni il nostro mare era in Liguria. “Lo porti un po’ al mare – aveva detto il Dottor Bassi a mia madre – il bambino ha bisogno di iodio. E vedrà che poi l’appetito gli torna” . In effetti, per me il cibo era un problema. Passavo i pomeriggi in negozio tra insalate russe, vitello tonnato, salumi vari, agnolotti e leccornie che ogni amante del buon cibo avrebbe divorato con gli occhi, per poi arrivare alla sera con zero appetito. Prima di cena il tocco finale: due cucchiaini di Betascor b12, un nauseabondo “aperitivo” ricostituente che avrebbe tolto la bramosia di cibo al più incallito bulimico. Allora non restava che giocare la carta del mare. Quello più vicino per la 600 con porte “controvento” di mio padre era il mare di Finale Ligure. Si partiva a giugno prima dell’alba da Courmayeur con il portapacchi stracarico mentre io, ancora nelle braccia di Morfeo, m’accorgevo di essere in viaggio soltanto in prossimità delle rocce della gola del forte di Bard, che vedevo sfilare dal lunotto posteriore dell’auto poco prima di ripiombare nel sonno. A Finale si arrivava intorno a mezzogiorno. In realtà eravamo a Final Pia, dove, in un condominio, affittavamo un alloggio proprio davanti al Torrente Sciesa. Ricordo bene i “Bagni Boncardo” di fine anni sessanta. Su un palco, all’inizio della spiaggia, i New Trolls suonavano dal vivo: “Prima c’era luce e poi” e gli Equipe ’84 intonavano “Tutta mia la città”. Giocavo con mio cugino sulla spiaggia tutto il giorno, ma il mio sguardo si perdeva spesso sulla “montagna” più evidente e vicina: la Caprazoppa. Ne guardavo affascinato le pareti franose e rosicchiate dalle cave, sognando di potervi salire in cima. Ovviamente non sapevo nulla di Pianarella, di Perti e di tutto ciò che si stava preparando per il “nuovo mattino” finalese. Ci perdevamo in avventure immaginarie nel sole degli anni sessanta e, la sera, in passeggiate al buio senza pila nelle stradine dietro Final Marina. Tornando a casa, durante il viaggio ero di nuovo immerso in un sonno profondo e nuovamente le rocce della Chiusa di Bard salutavano il mio risveglio e la fine della vacanza marittima annuale. Torno spesso a Finale nei week- end, da scalatore. Ormai da molti anni. Non è poi così cambiata in fondo. Oggi sono diretto a Pianarella, a Perti, a Monte Cucco o a Bric Scimarco. Ma guardo sempre la Caprazoppa come una vecchia amica e mi piace ancora, lungo la passeggiata al mare, sentire il profumo di pittosforo fiorito, di pesce fritto, di croccantino e di bomboloni alla crema caldi.