-Francesca-
E mi basta sentire quella R vicino alla A per capire che solo un doppino telefonico separa mio padre da me.
Anzi, forse, nemmeno quello.
E mi sciolgo.
Comunque…
-Francesca, ho un libro per te. Passi?-
Posso forse dire di no?
Cerco (e trovo) le chiavi della macchina.
E vado.
Il libro, in realtà, non é un libro.
Bensì un sussidiario.
Sussidiario di cucina trentina.
Le ricette dell’osteria tipica trentina.
Finito di stampare nel mese di Agosto 2004.
Mio papà mi conosce davvero bene.
Sa che non amo i libri nuovi. E che odio quelli vecchi.
E il 2004… un’ottima annata.
Forse anche per i libri.
Comunque…
Inizio a sfogliare queste pagine con grande curiosità.
E molta simpatia.
Cercando una ricetta.
Da preparare per lui.
Che stimo profondamente.
Perché é quello che vorrei essere.
Ma che molto, troppo, spesso non riesco ad essere.
La trovo.
Flam di codogni e mele.
La scelgo più per il nome che per altro.
Anche se non so cosa sono i codogni.
Wikipedia suggerisce un comune in provincia di Lodi.
E quindi?
Mah.
Ma vado avanti. E non demordo.
Leggo gli ingredienti.
1 mela cotogna
2 mele Renetta
4 uova
4 cucchiai di zucchero
4 cucchiai di confettura di lamponi
Mi convinco che é la scelta giusta perché molto facile. E veloce.
Ma, non contenta, mando, via sms, la ricetta ad un grande chef.
-Tu, che mi conosci, dici che ce la posso fare?-
-Io, che ti conosco, dico che ce la puoi fare. Se non fai come al tuo solito. Francesca, segui la ricetta pari pari. E non cambiare gli ingredienti-
Scatto una foto.
Agli ingredienti.
Per provate al mio mentore che ci sto provando a fare sul serio.
Questa volta.
E che seguo i suoi consigli.
Finalmente.
O quasi.
Perché io, in realtà, la mela cotogna non ce l’ho.
Ed allora la sostituito con una mela normale.
Ma tutto il resto lo faccio alla perfezione. (?)
Cuocio le mele in forno.
Elimino le bucce. Tengo solo la polpa.
Poi monto a neve gli albumi.
Ed ora aggiungo lo zucchero.
E la polpa.
Verso l’impasto in degli stampini e passo in forno.
Cuocendo a bagnomaria. Per 60 minuti. A 150 gradi.
Coprendo il tutto con della carta da forno. Per favorire l’alzata. Così dice il sussidiario.
Ed ecco il risultato.
Bruttino, eh?
Questa volta un sms non basta.
Devo assolutamente chiamare the chef.
Con il quale ho fatto un patto.
Dire tutta la verità. Nient’altro che la verità. Sempre.
Così condivido con lui il risultato. Deludente.
E la delusione. Risultante.
Silenzio.
(Perché lui, a differenza mia, ascolta…)
Poi mi risponde. Con tre domande.
-A quale velocità hai usato lo sbattitore per montare gli albumi?-
-Hai controllato l’umidità nel forno usando la valvola?-
-A che temperatura hai cotto le mele?-
Realizzo che, anche a distanza, mi ha smascherata.
Ho montato quei poveri albumi così tanto da farli diventare delle nuvole.
E nel forno poi. C’era un’umidità tale che si e’ appannato tutto lo sportello.
E la temperatura di cottura delle mele. Beh, inizialmente era quella giusta. Ma poi, vedendo che non succedeva niente, l’ho alzata. Un po’.
E va bene che ho promesso di dire tutta la verità, nient’altro che la verità.
Ma posso ammettere questi errori elementari?
Certo che no.
E allora fingo un disturbo di rete.
Schiaccio il tastino rosso.
E chiudo la comunicazione.
Gli invio un mms. Meglio. Penso.
Oggetto:
-Temperatura troppo alta. Forse…-
Immagine:
E lui, da vero signore qual é, risponde. Con un’unica parola.
-Forse…-
Ma mio padre sta per arrivare.
E adesso che faccio?
Il consiglio:
Tenere sempre in casa un dolce artigianale.
(Che non si sa mai).
Toglierlo dalla confezione.
Ammaccarlo un po’.
E servirlo. Con MOLTO ORGOGLIO.
Dicendo che e’ una vecchia e SEGRETA RICETTA scovata in un sussidiario di cucina trentina.
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