Giornate strane, davvero strane. Qualche giorno fa, di mattina, ho ritagliato tre ore per spiegare ad un amico fraterno i rudimenti dell’arrampicata. Avrei avuto davvero bisogno di ulteriori ore di lavoro da svolgere. Rischio ritardi enormi sulle consegne, che mi obbligano la notte a stare sveglio a stender testi, che mi negano il sonno, perché ho da fare non perché non “sverrei” non appena toccato il cuscino.
C’era qualche cosa di più importante. Fra ottant’anni saremo polvere, cos’avrà avuto più senso? Qualche scadenza di articoli di cui non ricorderemo il titolo od il sorriso di un amico in parete, che magari poi vi andrà con la propria futura moglie?
I pini neri e marittimi ondeggiavano al vento, carichi di pollini e di sogni. È la foresta che fa l’amore e noi starnutiamo per festeggiarla. Le acque del lago rilucevano, sommergendo in parte qualche tronco vispo, ma giovane.
Nel pomeriggio, dopo aver fatto un centinaio di cose in poche ore, invece che spalmarle in due settimane, ho chiamato un altro amico. L’illustre letterato e grande esploratore mi ha raccontato il suo pomeriggio. Stava pedalando mentre io gli chiedevo al telefono, in una salita da capogiro. Al termine avrebbe posteggiato la MTB, partendo per una free solo di quattro tiri del vecchio sesto grado.
Ho sorriso… che cos’altro potevo aspettarmi da lui? Stavo quasi per dirgli di avvisarmi una volta tornato a casa, poi ho pensato che fosse un’idiozia. Cosa può succedergli?
Non cadrà mai.
Ho ripercorso i miei sentimenti considerando che non farei mai una libera integrale. Poi ho nuovamente sorriso, pensando che per raccogliere il timo per il pollo ho scalato tre monotiri a quindici metri dal primo punto in pianura, sul sesto grado, mentre l’amico a cui insegnavo riposava. Ne ho fatto un bel mazzetto, ed ora esso profuma sul mio tavolo di legno in cucina, proprio di fronte al camino, finalmente spento, ma ancora nero.
“Mai” è una parola strana, soltanto un punto di vista nella vita.
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