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19 Aprile 2013

Senza categoria

Giochi di primavera

L’ormai protratto silenzio della tastiera del mio pc, mi dice chiaramente che è ora di staccare. Le idee languono ed il lavoro che devo portare a termine richiede ben altri impulsi.
Inforco allora i pedali della bici e approfittando del bel tardo pomeriggio, quasi estivo, decido di salire al pianoro del Massiet a giocare con qualche blocco.
L’ambiente oggi è magnifico e per un attimo mi dimentico delle migliaia di volte che ho risalito questo sentiero diretto alle pareti circostanti o alle grandi “montagne” che chiudono la Val di Sea.
Ed è bello dopo il gelido silenzio dell’inverno ritrovare le voci della primavera, con il fragore delle cascate che precipitano dalle terrazze sospese del vallone di Marmorand. La neve accumulatasi negli alti circhi torna alla terra sotto forma di acqua ruscellante, che segna le bastionate rocciose e dialoga in modo un po’ impertinente con il delicato solfeggio del torrente di Sea, appena risvegliato. La neve campeggia dietro la quinta delle Alpi del Massiet ed il ghiaccio, a tratti ancora sospeso negli anfratti delle pareti, mi ricorda che questo caldo fuori stagione non deve ingannare. Quando esco al pianoro del Massiet dove inizia il caotico circuito di massi di “Polvere di stelle”, ritrovo il solito branco di stambecchi, maschi che in questo pascolo si danno appuntamento alla fine di ogni inverno. So bene ormai cosa fare. Mi avvicino allo squadrato masso del “Castelletto” e mi ci siedo lentamente, per non turbare i vicinissimi “adulti” che continuano a brucare peraltro senza particolare preoccupazione. Rimango quindi lì fermo per un quarto d’ora ad osservare quel gruppo di trofei che questo pomeriggio raggiunge la ventina di unità. Ed è così che, in breve, mi trovo completamente circondato. Anche quest’anno sono del branco! Chissà se molti di loro ricordano che questa sorta d’incontro rituale si ripropone ormai da più di 4 anni. Forse sì. Chissà! Sempre lentamente indosso le scarpette e scendo dal “Castelletto” iniziando a giocare tra i massi, mentre gli stambecchi mi osservano solo di rado, forse più con curiosità che con timore. Ma quando finisco a terra al termine di un traverso da cui mi sono sfuggite le mani, un fischio ripetuto di un vicino giovane maschio vibra nell’aria. Non so se in realtà si tratti di un avvertimento dettato dalla sua paura oppure di una specie di risata originata dal mio inesorabile insuccesso. Mi siedo su un sasso vicino e osservo il lento scorrere della vita millenaria di questi luoghi, pensando alle tante avventure vissute su queste montagne. Ogni scalata mi ricorda un amico o un particolare episodio della mia vita, più o meno felice. Momenti irripetibili che non torneranno più, così come non torneranno molte delle persone che li hanno condivisi con me. Ma oggi, ancora una volta, sono qui per i “giochi di primavera”, ed ancora la natura mi regala un senso di appartenenza al luogo veramente unico. E, ne sono certo, sono questi i momenti in cui colgo davvero e appieno l’essenza dei paesaggi dell’anima.