Quando ti capita di recensire un autore esordiente, ti trovi sempre in bilico su una lama che si erge in un territorio molto delicato. Ogni opera ha lati negativi e positivi, essi stessi solamente valutazioni soggettive.
Ho incontrato virtualmente Donato Di Capua, autore di “Il buio della mente, la luce nell’anima” mediante la rete, generatore di interscambi per chi vuole farsi conoscere. Il suo desiderio di proporre la sua opera, e soprattutto la relativa energia, mi hanno colpito. Senza aver ancora letto il volume l’ho proposto alla mia amica Mariagrazia Talarico, per il suo Graceful Books futuro punto di riferimento per lo scouting.
Come immaginavo in meno di 24 ore ho ricevuto le pagine e così è iniziata la lettura. “Il buio della mente, la luce nell’anima” si presenta bene: copertina con ottima stampa e grammatura, curata nel dettaglio mediante alette e carta avoriata. Anche il peso interno è notevole, benché manchi di lavoro grafico e abbia una rilegatura tipica del self publishing. L’insieme degli elementi, in e out, ne fa comunque un supporto piacevole. Sapere che è stato il libro più venduto nel catalogo della relativa casa editrice per il 2013, certamente invoglia ulteriormente alla scoperta.
Odio gli spoiler quindi non rivelerò molto della storia, ma concentrerò la mia attenzione sugli aspetti più importanti del libro. Si tratta di un romanzo narrato in prima persona che si focalizza, momento dopo momento, sulle vicende di Kali, un uomo molto sensibile che ricerca il proprio passato, ottenebrato dalla coltre di un’amnesia. Il lettore viene calato al centro delle vicende e respira la stessa condizione del protagonista, non conoscendo gli eventi passati e percependo le sue stesse emozioni e la medesima frustrazione, non potendo aver accesso al trascorso. Il fruitore dell’opera non solo non rimembra, ma non sa nemmeno perché non possa ricordare.
Il gioco letterario funziona e mentre Kali con grande forza di volontà cerca di riconquistare la sua vita, brandelli di esistenza vivono nei pezzi del puzzle che man mano viene ricomposto. Grandi porzioni della sensibilità dell’autore si riflettono nel personaggio immaginario in un gioco di specchi che rende ogni cosa più vivida. L’amore per la terra natia di Donato Di Capua, landa di adozione per Kali, s’intreccia con vicende personali, passate e presenti, in un tripudio di colori e frammenti di percezione.
Tutto ciò ha certamente molti evidenti lati positivi, ma è soggetto a problematiche. La potenza dei periodi rischia di presentare un protagonista egocentrico con picchi di narcisismo. Sarebbe semplice uscire da questo pericolo con una narrazione in terza persona, soprattutto in considerazione del fatto che si tratta di un romanzo, una scelta eventuale comunque parzialmente rischiosa. Gli slanci iper-personali del protagonista, sono da interpretare come sviscerazioni estremamente intime di un cuore fervido, ma il pericolo rimane.
Altri elementi che possono minare il volume riguardano la prosa: il testo è molto fluente e piacevole, anche se talvolta presenta piccole discontinuità che non sono da imputare solo all’autore, fin troppo bravo all’esordio, ma piuttosto potrebbero essere migliorate con un lavoro di editing più capillare, fondamentale per i prossimi lavori.
In ultimo è necessario soffermarsi sul percorso introspettivo del personaggio. Kali per affrontare il suo problema ricorre all’analisi; il tentativo di grande profondità e intensa ricerca interiore, stona con le tecniche ipotetiche menzionate nel libro, riferite alla psicoterapia, che sono molto lontane da un approccio reale.
Si potrebbe sintetizzare che la grande personalizzazione del testo e la sua energia sono proprio ciò che lo rende vulnerabile a interpretazioni più varie, positive e negative.
Penso di poter dire che questo volume sia adatto alle molte persone che vogliono cercare di approfondire la psiche di un personaggio generato nella fantasia, che però attinge le sue emozioni direttamente dal bagaglio emozionale dell’autore e che quindi diventa parte della realtà. Sintassi e lessico sono perfettamente intonati per questo target e lo stesso si può dire per la sua lunghezza. Il testo non manca di flash back e meta meccanismi tipici dell’arte cinematografica che perciò coadiuvano la fruizuione del lettore medio, quindi la cosiddetta vasta scala.
A livello personale sono molto curioso di scoprire i futuri volumi dell’autore. Se Donato Di Capua sarà in grado di s-personalizzare le proprie opere, mediante stile, meccanismi, e una certa serenità generale, certamente avremo una buona nuova penna nel panorama italiano. Ai lettori l’ardua sentenza.