Non erano stati il maltempo, né certo la difficoltà della salita, a fermare Simone Moro nella salita lungo la normale all’Everest a fine maggio; era stato il “traffico”: almeno 160 persone in fila indiana, tutti attaccati alle corde fisse e attrezzati con l’ossigeno… Un evento che aveva fatto discutere, sull’opportunità di esasperare l’alpinismo commerciale a quelle quote, sui rischi connessi ecc. ecc.
Siamo partiti da questo spunto per parlare con Simone – in occasione di Outdoor Show a Friedrichshafen, presso lo stand The North Face – delle “vie” che oggi l’alpinismo – quello di esplorazione, di ricerca, anche estrema – può o deve percorrere per trovare cose nuove e interessanti da esprimere.
Simone ha come sempre le idee chiare: non demonizza l’attività commerciale – che dà da vivere alle popolazioni locali – ma non è nemmeno parco di idee e consigli per chi voglia – e sia capace di – portare qualcosa di nuovo ad un’attività che dalla conquista del Bianco in poi sembra aver scalato tutto ciò che si poteva scalare. Invece non è affatto così: Simone parte naturalmente dalle prime invernali – di cui è uno dei fautori principali – ma cita anche alcune possibili traversate in Himalaya: compresi gli scavalcamenti – pensiamo al K2, che ancora aspetta, il Manaslu, forse il Lothse – e i concatenamenti – primo fra tutti quel GI-GII che Messner non fece tutto sul filo di cresta.
Del resto l’alpinismo invernale è da riscoprire anche sulle Alpi: un ritorno a vie “low cost”, scoprendo che l’avventura può essere anche a portata di mano, è auspicabeile e anche interessante, come ci ha mostrato ultimamente Hervè Barmasse.
Insomma spazio ce n’è, idee anche, e i grandi come Simone Moro non ne fanno mistero: spazio ai giovani, e a chi ha voglia di provarci sul serio.
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