Buone nuove sul fronte della produzione di energia da fonti rinnovabili, valida alternativa all’uso dei combustibili fossili. Presto il rifugio “Ai caduti dell’Adamello“ – luogo particolarmente carico di memorie e caro a trentini – potrà produrre idrogeno dal sole e dall’acqua, sfruttando le capacità del suo impianto fotovoltaico. Il tutto a oltre 3.000 metri di altezza, cioè a condizioni ottimali per lo sfruttamento dell’energia solare.
Il progetto, nato nel 2008 e ormai arrivato alle battute finali, è stato presentato al Consiglio di amministrazione della Fondazione “Ai caduti dell’Adamello” – presenti i presidenti delle province di Trento e Brescia Lorenzo Dellai e Daniele Molgora – dal professor Antonio Miotello, che ha coordinato l’apposito gruppo di lavoro costituitosi presso il Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento. I lavori per la realizzazione dell’impianto sono ormai pressoché ultimati: rimangono da eseguire alcuni test sulla sua resa e sulla sua sopportazione delle basse temperature. Dopodiché il rifugio che ospitò Papa Giovanni Paolo II e il presidente della Repubblica Sandro Pertini – restituito a nuova vita qualche anno fa grazie agli sforzi congiunti delle province di Trento e di Brescia (con i comprensori e i comuni interessati, il Cai, l’Ana, il Parco nazionale Adamello-Brenta – potrà fungere da apripista anche per altri rifugi di alta montagna sul piano della produzione di energia pulita.
Energia ancora più pulita al rifugio “Ai caduti dell’Adamello“, dunque; la struttura, affacciata sul ghiacciaio della Lobbia Alta, restituita alla collettività nel 2005, dopo un attento lavoro di recupero, dispone già oggi di un impianto fotovoltaico sul tetto. Il progetto sviluppato dal laboratorio Idea costituito da Miotello – che per la parte impiantistica si è appoggiato alla El.Ma Electronic di Riva – punta a sfruttare appunto l’energia del fotovoltaico, quindi l’energia del sole, per produrre idrogeno che viene immagazzinato, allo stato gassoso e poi opportunamente “restituito” al rifugio a seconda dei suoi bisogni energetici. Finanziato dalla Provincia autonoma di Trento e dall’Agenzia provinciale per l’energia, il progetto è arrivato ormai alle battute finali.
A presentarlo, nel corso della riunione del Cda della Fondazione “Ai caduti dell’Adamello”, lo stesso Miotello, dopo i saluti dell’università di Trento portati, anche a nome del rettore, da Rinaldo Maffei: “Il sole è una fonte straordinaria di energia, basti pensare che l’energia irradiata in un’ora alla terra equivale a quella consumata dal pianeta in un anno. Ma pochi sanno che è tanto più vantaggioso sfruttare la radiazione solare quanto più alta è la quota alla quale viene catturata; a 3.000 metri la sua potenza è infatti superiore del 30% rispetto al livello del mare. Inoltre ad altezze elevate le temperature sono mediamente più basse e il clima più ventilato; questo comporta una maggiore efficienza dei pannelli solari con celle al silicio“.
Insomma, investire alle alte quote, ad esempio in un rifugio, ha più senso che non al mare.
Ma perché l’idrogeno? Per molte ragioni. “Quando produciamo corrente elettrica con i pannelli fotovoltaici – ha spiegato ancora Miotello – essa viene accumulata in batterie al piombo, presenti anche in questo rifugio. Sono pesantissime – oltre 40 quintali – e immagazzinano circa 130 chilowattora. Bisogna portarle su, e poi una volta terminato il loro utilizzo smaltirle. L’idea del progetto invece è: con il surplus di energia dell’impianto produco idrogeno, che è facile da immagazzinare e la cui produzione non è inquinante. Il tutto avviene utilizzando, oltre all’energia solare, l’acqua: con un elettrolizzatore collegato all’impianto fotovoltaico si separa l’idrogeno dall’ossigeno; quindi l’idrogeno viene immagazzinato in bombole; per utilizzarlo usiamo la cella a combustibile, una tecnologia sviluppata al tempo delle missioni Apollo per l’esplorazione dello spazio. L’acqua che utilizziamo, alla fine del ciclo, viene restituita, calda. Con questo sistema, nell’arco di soli sei mesi, possiamo produrre e immagazzinare fino a 2.000 chilowattora di energia; usando il gasolio, dovrei bruciarne 1.000 litri, senza contare quanto inquinerei. Il rifugio, peraltro, consuma dai 40 ai 60 chilowattora al giorno“.
In futuro – un futuro che però è già quasi presente – i sistemi di immagazzinamento dell’idrogeno potranno sostituire le bombole a gas compresso oggi visibili nella piccola costruzione di cemento armato realizzata poco sopra il rifugio, dove ha sede l’impianto. La loro efficienza sarà fino a 20 volte superiore a quella delle attuali batterie al piombo, risolvendo quindi completamente il problema dello smaltimento dei rifiuti tossici. Nel frattempo, il progetto “Idrogeno dal sole e dall’acqua in Adamello” funge un po’ da apripista. E lo fa in uno dei più maestosi paesaggi di alta montagna della catena alpina, dove investire nel settore dell’energia pulita ha, se possibile, ancora maggior senso.
Al gruppo di lavoro del Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento collaborano, oltre al professor Miotello, Nicola Bazzanella, Sandro Pedrotti, Leonardo Ricci, Claudio Salomon.
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